Già da qualche anno Netflix sta guardando all'Europa e dopo le prime serie da Francia, Italia, Spagna e Danimarca arriva anche la sua prima serie svedese. Quicksand sabbie mobili nella traduzione italiana del bestseller da cui è tratta, racconta un drammatico evento, una sparatoria in ambito scolastico, e la ricostruzione dell'evento dal punto di vista di uno dei protagonisti, la studentessa Maja Norberg interpretata dalla giovane attrice Hanna Ardéhn, attraverso flashback della sua vita e turbolenta relazione con Sebastian Fagerman, ricostruzioni e interrogatori. Ne abbiamo parlato in questa intervista agli autori di Quicksand, lo scorso febbraio a Berlino, dove la nuova serie Netflix è stata presentata in anteprima con il regista Per-Olav Sørensen e la sceneggiatrice Camilla Ahlgren. Insieme a loro abbiamo potuto approfondire il dietro le quinte della realizzazione della serie, il lavoro di adattamento dal romanzo di Malin Persson Giolito e la scelta dei due bravi attori protagonisti.
Come naturale in questi casi, abbiamo soddisfatto la nostra curiosità sul mondo dello streaming e su cosa voglia dire, e come cambia, scrivere per il popolo del binge-watching, ma intanto vi invitiamo a leggere anche la nostra recensione di Quicksand.
Dal libro allo schermo
Ci spiegate il titolo Quicksand?
Camilla Ahlgren: Credo sia il titolo inglese del romanzo, ma fa anche riferimento a qualcosa che viene detto nel libro, al fatto che lei si sente come se fosse nelle sabbie mobili, quindi è parte della storia.
Invece a cosa fa riferimento il titolo svedese Störst av allt?
Per-Olav Sørensen: Una citazione dalla Bibbia, la cosa più grande di tutte, che è l'amore.
È la prima serie svedese di Netflix, avete sentito la pressione di questa responsabilità?
Per-Olav Sørensen: Dal mio punto di vista no, nessuna pressione, il lavoro è lavoro e migliori sono le storie, minori le pressioni. E penso che questa sia un'ottima storia, il ritratto di una giovane donna intrappolata in sabbie mobili sia fisiche che psicologiche, e raccontarla è stato molto interessante.
Camilla Ahlgren: Anche io ho sentito soprattutto l'entusiasmo di lavorare alla prima serie Netflix svedese, di poter accedere a un pubblico globale che può guardare la serie nello stesso momento.
Com'è stato il casting della serie? È stato difficile trovare i perfetti Maja e Sebastian?
Per-Olav Sørensen: Molto! Per il ruolo di Maja abbiamo visionato cinquecento attrici, poi le abbiamo ristretta a cinquanta, poi venti, dieci, cinque... sì, è stato un processo lungo e difficile. Se avete visto la serie, vi sarete accorti che ci sono tutte le possibili sfide più difficili per un attore. C'è tutto! E affrontare tutto ciò a un'età così giovane è semplicemente incredibile.
Felix è un cantante, giusto?
Per-Olav Sorensen: Sì e ha aggiunto una forte dose di fascino al suo personaggio, che è quello che ci serviva. Anche lui ha avuto delle scene molto difficili da gestire.
Camilla Ahlgren: Ma anche se il cast è così giovane, penso che sia una serie che può comunicare con il grande pubblico e non solo con la fascia d'età che è loro coetanea, così come è stato per il libro che è un bestseller.
Mettere in scena Quicksand
Che responsabilità avete sentito nel raccontare una sparatoria scolastica? Come avete deciso cosa fare e cosa mostrare? Qual è stata la principale difficoltà?
Per-Olav Sørensen: Di base la storia è un thriller che porta a interrogarsi su cosa sia successo realmente, ma per me l'aspetto più interessante riguarda la protagonista. Chi è lei realmente? Più che sul tragico evento che dà il via alla serie, ho posto la mia attenzione sull'aspetto psicologico della protagonista.
Camilla Ahlgren: Ed è difficile, perché avevamo sei episodi in cui siamo immersi nella sua psicologia, ma lei è anche il personaggio principale ed era necessario far provare una sorta di empatia nei suoi confronti. Questo equilibrio è stato l'aspetto più difficile da gestire. Il romanzo è più incentrato sui suoi pensieri, ma è anche più ironico nel raccontare le cose mentre accadono. Ne abbiamo parlato molto e abbiamo deciso di mantenerci dal suo punto di vista, perché è la sua storia, ma raccontiamo quel che è successo guardando al passato ed è questa la principale differenza.
Per-Olav Sørensen: Lei è anche più dura nel romanzo, più critica nei confronti di tutti. A noi serviva rendere più umani tutti i personaggi della storia, abbiamo cercato di renderli il più normali possibili, che facciano cose positive o negative, abbiamo cercato di renderli credibili.
Camilla Ahlgren: Nell'adattare un libro in una serie di sei episodi si ha la possibilità di avere lo spazio necessario ad approfondire i personaggi ed è quello che abbiamo cercato di fare.
Per-Olav Sørensen: Quicksand inizia con un evento drammatico e sappiamo che lei è coinvolta in qualche modo, ma era necessario che il pubblico entrasse in sintonia con lei, che fosse disposto a seguirla e avesse voglia di guardare l'episodio successivo. Tanto che più di una volta ci siamo chiesto "non sarà troppo simpatica adesso?" (scherza)
Camilla Ahlgren: Ma allo stesso tempo non puoi conoscerla veramente, perché se fosse così sin dall'inizio, sapresti anche cosa è accaduto realmente. Questo elemento è in comune con il libro.
Qual è stata la sfida più grande?
Per-Olav Sørensen: Mi ha colpito la tranquillità con cui ha affrontato tutto. Arrivava sul set sorridendo e le dicevi "oggi faremo una scena d'amore" e lei ti diceva OK senza batter ciglio, e così per ogni cosa che ha dovuto affrontare di giorno in giorno. Richiede grande bravura, grande intelligenza e dedizione. Solo a un paio di settimane dalla fine mi sono reso conto che era un po' stanca.
E ti sei sentito responsabile?
Per-Olav Sørensen: Sì, penso che sia importante potersi rilassare sul set, per poter avere tutta l'energia necessaria nei momenti importanti.
Camilla Ahlgren: Il cast è fondamentale per la riuscita di una serie, senza buoni interpreti il risultato non può essere allo stesso livello. E Hanna e Felix sono assolutamente fantastici!
Scrivere per il popolo del binge-watching
È cambiato il modo di scrivere oggi, rispetto a quando gli episodi andavano in onda uno a settimana?
Per-Olav Sørensen: Non credo sia cambiato molto, abbiamo ancora i cliffhanger, forse anche di più perché la competizione è altissima e bisogna tenere l'attenzione dello spettatore. Ma mi piace lavorare così, in molti casi abbiamo anche la libertà di intervenire in fase di montaggio per rimodulare la struttura di un episodio. Probabilmente la differenza principale è il ritmo, negli ultimi sei o sette anni si è velocizzato.
È divertente scrivere i cliffhanger?
Camilla Ahlgren: Sì, molto e ci sono abituata. Ma ci possono essere tanti tipi di cliffhanger, a volte è necessario uno più psicologico che può funzionare con la stessa efficacia di una grande esplosione. Non è necessario che sia qualcosa di grande impatto per poterlo definire un cliffhanger, basta un dettaglio che invogli a guardare l'episodio successivo. Non sto dicendo che sia facile, è tanto lavoro, ma mi piace farlo.
Viene in mentre Tredici, che tratta il tema del suicidio ed è stata di grande importanza per Netflix. L'avevate in mente mentre lavoravate a Quicksand?
Camilla Ahlgren: Non credo che ci sia un forte legame, Netflix voleva una serie Young Adult per il pubblico del nord Europa e questo romanzo è stato molto popolare dalle nostre parti. Anche se la storia inizia con un evento drammatico, lo sviluppo è più da dramma psicologico incentrato su Maja. L'aspetto più interessante, per me, è il perché è successo, in cui si vede anche un riflesso della nostra società, ma è anche una storia d'amore.
Per-Olav Sørensen: Mi piace rappresentare come i personaggi pensano in relazione a intensi traumi, quali dinamiche ci sono dietro scelte importanti, che mentalità porta a determinate situazioni.
Camilla Ahlgren: Abbiamo cercato di mettere in scena tutto nel modo più corretto possibile, ci siamo affidati a veri poliziotti, ricercatori e personale medico, avevamo uno psicologo sul set. Insomma non ci siamo tirati indietro, ma abbiamo cercato di affrontare un tema così delicato in modo autentico e preciso, senza renderlo scandalistico. Penso che sia il modo migliore per trattare un tema del genere, per analizzare il coinvolgimento di Maja in una situazione simile. È interessante analizzare le responsabilità della società contemporanea o dei genitori, offrendo tanti spunti di discussione.
Per-Olav Sørensen: Abbiamo anche l'ambizione di rendere la gente un po' più saggia a volte. Quanto al realismo, pensiamo ai primi minuti della serie, in cui si vede il lavoro sulla scena del crimine: quel che raccontiamo è quello che accade realmente in una situazione del genere e quelli che vedete sono veri medici e poliziotti, la gente reale non attori. Lo stesso vale per gli interrogatori e le altre situazioni che raccontiamo. Ma non ci siamo concentrati su tutti questi dettagli solo a scopo d'intrattenimento, ma perché pensiamo che questo livello di realismo sia importante per rendere credibile la storia.
Come ti sei sentita una volta terminata la sceneggiatura?
Camilla Ahlgren: È stato incredibile perché è stato tutto molto veloce da quando Netflix ci ha chiesto di lavorarci all'uscita. Tutto è filato liscio perché abbiamo avuto un gruppo di lavoro straordinario.
Ma non ci sarà una seconda stagione?
Camilla Ahlgren: Per ora concentriamoci sulla prima!