Questa notte parlami dell'Africa, la recensione: storia di chi resta e chi scappa

La nostra recensione di Questa notte parlami dell'Africa, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di Alessandra Soresina. Un racconto umano di chi tra quelle terre all'ombra della savana cerca un'ancora di salvezza, e chi una via di fuga dalla propria realtà.

Questa notte parlami dell'Africa, la recensione: storia di chi resta e chi scappa

C'è qualcosa di magico che brucia nel territorio africano. Uno spirito ancestrale che abbraccia anime perdute che tra quegli ambienti vanno alla ricerca di una catartica rinascita, e respinge sguardi stanchi e corpi segnati da violenze e povertà che quelle terre le abitano. È uno scarto ossimoro, eterno, tra attrazione di chi scappa, e liberazione di chi lì rimane.

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Questa notte parlami dell'Africa: una foto del film

Come sottolineeremo in questa recensione di Questa notte parlami dell'Africa, l'opera diretta da Carolina Boco e Luca Lavolpa affonda a piene mani in questa dicotomica personalità, redigendo un saggio personale tra terre maestose abitate da anime in conflitto. Un male d'Africa che affligge chi parte, e un'Africa del male che colpisce nelle viscere abitanti alla ricerca di un barlume di libertà. È un mondo ambiguo, l'Africa; una scenografia naturale di idilliaca bellezza, sporcata dal sangue di innocenti, e dal nero funereo di povertà e contrabbando. Un comparto antropologico solo apparentemente in antitesi, ma accomunato da un medesimo desiderio di recidere quelle catene che tengono tutto e tutti prigionieri di una società opprimente, e una cultura soffocante. Il mondo occidentale di Emma e quello afro-musulmano della giovane sognatrice Nuri si elevano a poli opposti di uno stesso universo, tratteggiato con eleganza visiva da parte dei due registi, ma restituito in maniera alquanto confusionaria dal punto di vista narrativo. Sopraffatti dalla potenza di mille parole, gli autori non riescono a gestire la forza dei racconti che prendono vita all'ombra della savana, lasciando che tutto si perda facendosi sabbia del deserto, accecante e inafferrabile.

Questa notte parlami dell'Africa: la trama

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Questa notte parlami dell'Africa: Maria Grazia Cucinotta in una scena

Emma è un giovane avvocatessa che vive e lavora in Puglia. Sposata con Lorenzo, la donna deve superare le minacce del possibile divorzio. Ad accrescere lo stato di ansia e le difficoltà di Emma c'è anche la morte della madre a seguito di una lunga malattia. Presa dal dolore, la donna decide quindi di raggiungere la sua amica Fè che lavora in Kenya per un'associazione che si occupa della protezione degli animali della savana. Nel corso di questo soggiorno, vissuto da Emma come momento di riflessione, tra passato e futuro, la strada della protagonista si incrocia con quella di Nuri, sognatrice ventiduenne con il desiderio di studiare e la passione per i libri. Tra le due donne si crea quindi un'empatia in un momento di cambiamento per entrambe in cui cercano di capire quale direzione possa prendere la loro vita. 

Giro di vite e tanti racconti

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Questa notte parlami dell'Africa: Marlon Joubert in una scena del film

Sono tante e divergenti le storie che si susseguono nello spazio di Questa notte parlami dell'Africa; ciononostante, a elevarsi a magica protagonista di quest'opera, tratta dall'omonimo romanzo di Alessandra Soresina, è l'Africa stessa. Un continente paradisiaco abitato da mille diavoli incendiari, accecati dalla scaramanzia, e da un retaggio culturale profondamente patriarcale e sanguinario. Uno sfondo di straordinaria beltà, preso e frammentato in tante istantanee di celluloide, pronte a cogliere le diverse sfaccettature di un mondo salvifico e allo stesso tempo sacrificale. Eppure, è proprio alla stregua di queste cartoline di vita vera, di esistenze che scorrono e corpi che si muovono, che il film risente maggiormente di un disordine narrativo che dilata eccessivamente il racconto, depistando costantemente il punto focale degli eventi.

Messa in pausa

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Questa notte parlami dell'Africa: una scena del film

Eliminate le pause narrative e tutti gli inserti immortalanti il paesaggio, la fauna ambientale, e la vita quotidiana di una società umile, ma ricca nell'anima, il film si ridurrebbe infatti a breve cortometraggio. Per quanto ammalianti dal punto di vista visivo, tali passaggi narrativi funzionerebbero in maniera impattante nel contesto di un'opera documentaristica, ma quando inserita all'interno di un lungometraggio di finzione, ne ostacolano e frenano il giusto fluire. A frapporsi tra uno sviluppo armonico dell'opera, e una sua lettura semplice e comprensibile da parte dello spettatore, si intromettono inoltre tante sottotrame, quanti sono i personaggi in campo, mai veramente tratteggiate o approfondite. Lasciate vagare nello spazio di sospensione, queste finiscono per confondere il proprio pubblico, districando una matassa narrativa già di per se complicata e ambigua, proprio come la terra da cui prendono vita.

Scosse elettriche per cuori in arresto

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Questa notte parlami dell'Africa: Roberta Mastromichele in un'immagine

È nella potenza degli scenari attraversati, e nella ricercata profondità di interpretazioni attoriali restituite in maniera alquanto convincente, che Questa notte parlami dell'Africa affida la concretezza di fondamenta narrative altrimenti traballanti. In un universo cinematografico restituito con estrema piattezza, dove anche la fotografia non osa mai sfidare il contenuto immortalato con tonalità contrastanti di luci e ombre, gli elementi attoriali e ambientali si fanno scosse elettriche pronte a rianimare un arresto cardiaco ormai in azione. È un corpo segnato da un elettroencefalogramma piatto, il film di Boco e Lavolpa; un tentativo raggiunto a metà di tradurre in linguaggio cinematografico le pagine di un romanzo in cui l'amicizia si fa legame inossidabile e principio super-partes estraneo a ogni tipo di pregiudizio e violenza. Alimentato da un flusso sanguigno pregno di idee e materiale narrativo, lo scorrere dell'opera trova continui ostacoli che ne impedisce lo sviluppo, lasciandolo a uno stato embrionale ed elementare. Un'opera soffocata dalla volontà di raccontare, bruciando le proprie ali al sole dell'Africa.

Ali bruciate dal deserto africano

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Questa notte parlami dell'Africa: Grace Neema Enock in una foto

È un viaggio senza meta, o destinazione, Questa notte parlami dell'Africa. Quelli che si aprono dinnanzi alla portata del percorso, sono occhi incapaci di brillare di magia per vagare alla ricerca di un appiglio che li aiuti a orientarsi in questa selva oscura e fitta. Il comparto narrativo finisce per vivere di continui interrogativi rimasti senza risposte. Un interrogatorio senza spiegazioni, una corsa lanciata a mille, ma senza linea di traguardo. Per quanto gli attori tentino di donare un afflato psicologico ai propri personaggi, questi si stagliano dinnanzi alla cinepresa come pedine di un gioco compiuto senza istruzioni o regolamento. Testimone curioso, ma poco soddisfatto, lo spettatore segue i loro spostamenti, cogliendone superficialmente intenzioni e motivazioni. Manca in questi personaggi quella fiamma bruciante di una volontà di agire che li porti a un punto di svolta reale nelle proprie vite. Tutto viene risolto in maniera alquanto corriva; un tratteggio veloce di un canovaccio mai veramente colmato con la forza dell'esistenza, lasciando una falla profonda in quel rapporto diretto tra azione e conseguenza. Scappando via al suono di uno sparo, anche l'intreccio si perde tra i campi immensi dell'ambiente africano, lasciando allo spettatore di orientarsi autonomamente lungo una via ormai perdutasi tra le immense terre dell'Africa.

Conclusioni

Concludiamo questa recensione di Questa notte parlami dell'Africa sottolineando come quello compiuto dai registi Carolina Boco e Luca Lavolpa sia un tentativo raggiunto a metà di raccontare, tra gli inframezzi delle bellezze africane, una lotta tra un mondo occidentale alla ricerca di se stesso e uno autoctono che chiede salvezza. Uno scarto culturale umano interessante, restituito con fare confusionario dal punto di vista narrativo.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • Le bellezza dell'Africa.
  • Il tentativo degli interpreti di dar vita a personaggi verosimili e convincenti.

Cosa non va

  • La fotografia piatta.
  • Il disordine di una narrazione indecisa.
  • L'arco evolutivo dei personaggi mai concluso.