Non tutti i film sono obbligati a dirci qualcosa di più della storia che raccontano. Quando, però, un'opera riesce ad andare oltre, ad accompagnarci anche una volta usciti dalla sala con quegli spunti su cui riflettere, non possiamo che esserne felici, grati ed entusiasti.
The Ugly Stepsister, al cinema dal 30 ottobre con I Wonder Pictures, è uno di quei film che riesce a fare questo scatto in avanti, presentandosi come rilettura della storia di Cenerentola, ma capace di usare quei presupposti narrativi per parlare del nostro mondo, della nostra quotidianità e delle sue derive, per diventare specchio di una realtà sempre più problematica, complessa e opprimente sul piano della pressione estetica.
La fiaba per raccontare una generazione
D'altra parte la fiaba nella sua tradizione di racconto popolare, aveva un intento formativo, un messaggio atto alla crescita e all'insegnamento morale, quindi non stupisce che possa essere usata per parlare di quello che ci circonda e che diventa sempre più chiaro col passare del tempo. E lo fa raccontando la storia di Elvira, una giovane donna che sogna la vita perfetta e il classico principe azzurro da sposare. L'occasione è una festa, un ballo, il luogo in cui il principe sceglierà la donna da prendere in sposa, ma l'imprevisto è dietro l'angolo ed Elvira si trova in casa la sorella acquisita Agnes, donna bellissima, tra "le più belle del reame", per citare un'altra celebre fiaba. Spronata dalla madre, si sottopone a ogni sorta di sofferenza fisica per raggiungere quell'ideale di bellezza rappresentato da Agnes e conquistare il principe.
È evidente anche in questa breve e rapidissima sinossi di The Ugly Stepsister il riferimento alla pressione estetica a cui è sottoposta la nostra società e che ricade soprattutto sulla generazione più giovane, bombardata da immagini di perfezione veicolate attraverso i social. Ideali irraggiungibili tra filtri e ritocchi grafici di ogni tipo, che minano inevitabilmente l'autostima e quel rapporto con il proprio corpo che è sempre problematico, ma delicatissimo in giovane età.
Importante anche la figura della madre di Elvira, Rebekka, che emerge come simbolo di questa cultura che cresce ed educa le donne a questo mito che "la bellezza è dolore", enfatizzando la competizione e aprendo le porte a derive di autodistruzione.
The Ugly Stepsister, da fiaba a incubo
L'impianto visivo messo in piedi dalla regista Emilie Blichfeldt si affida al realismo crudo, ad ambientazioni gotiche e illuminazione naturale, sfruttando gli effetti pratici per mantenere il sottile equilibrio tra realtà e fantastico.
Un confine labile in cui la fiaba diventa incubo in modo naturale, spontaneo, affascinando con un paradosso visivo intrigante e assecondando l'evoluzione della storia e il percorso di sofferenza autoinflitta da Elvira, all'inseguimento di un ideale per il quale si è disposti a tutto.
Un'ulteriore riformulazione della storia di Cenerentola da parte della regista norvegese, anche qui nella miglior tradizione di racconto popolare che esiste in tantissime varianti perché tramandato di generazione in generazione. La Blichfeldt attinge alla versione dei fratelli Grimm, ispirata dal dettaglio delle sorellastre che si mutilano i piedi per poter calzare la scarpetta.
La forza del body horror
Un dettaglio che evoca e giustifica la declinazione da body horror (o beauty horror) di The Ugly Stepsister e l'esplorazione di quella che la regista chiama "tirannia della bellezza". Se da una parte il sogno diventa incubo, dall'altra la pressione psicologica sfocia in procedure estetiche estreme, in un'esplosione di effetti visivi sempre più crudi ed espliciti.
Tra vermi e ferite, le trasformazioni corporee diventano metafore di difetti e paure individuali nella miglior tradizione di David Cronenberg, nell'ottica di un messaggio che tradisce la sua agenda politica e che attinge alla forza del genere body horror per colpire, lasciare il segno ed evocare empatia nei confronti della protagonista Elvira (interpretata da un'ottima Lea Maren).
La bellezza e il suo mito irraggiungibile e deforme, quindi, diventa incubo in The Ugly Stepsister. La regista ce ne mostra il riflesso nel suo film, come in uno specchio che ne trasfigura i temi in ottica fantastica, ma ne racconta i concetti con precisa lucidità.