C'è un pregiudizio costante, un pensiero disorientante che continua ad aleggiare nello spazio di una mente umana quasi incapace di accettare la realtà dei fatti, così da negarla nella speranza di annullarla: è quella sicurezza che vuole la malattia come essere estraneo all'universo di bambini e adolescenti solo perché "giovani", "piccoli" e per questo immuni al braccio della morte.
Eppure, come sottolineeremo in questa recensione di Prima di andare via (film disponibile su Prime Video), quello della malattia è un abbraccio che non ha preferenze: prende e sceglie a caso, come una dea della morte bendata, indistintamente per sesso, età o status sociale. E così, anche quel piccolo universo fatto di un futuro pieno di possibilità, inizia a tramutarsi in un conto alla rovescia angosciante; una corsa in punta di piedi tra ospedali e visite, paure e una luce negli occhi pronta ancora a brillare perché si è giovani, si è speranzosi e, se si è fortunati, si è anche tanto amati.
Prima di andare via, la trama
Luca (Riccardo Maria Manera) è un ragazzo come tanti: studente fuori sede, lavora come rider per una pizzeria, convive con un migliore amico, Andrea (Emanuele Turetta), da tenere sotto controllo e una ex, Sofia (Anna Canepa), di cui è ancora innamorato. Insomma, più che prenderla tra le mani, Luca la vita un po' la subisce. Ma poi, quella vita così ordinaria e senza apparente scopo, lo sconvolge in un modo inaspettato: a seguito di un incidente, Luca scopre di avere un male incurabile. La diagnosi non lascia scampo: glioblastoma. Che fare? Come reagire? Può la malattia cambiare davvero la vita di una persona in meglio? Sì, se il destino ti fa incontrare una ragazza come Giulia (Jenny De Nucci), anche lei affetta dallo stesso male. Grazie a lei, Luca capirà che è giunto il momento di prendere in mano quello che resta della propria esistenza e ritornare a vivere, anche se per poco tempo.
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I'm livin' a teenage dream
Quello della malattia nel microcosmo giovanile è un tabù ancora da sfatare: è un argomento che fa paura, mette angoscia, e allora tanto vale tenerlo lontano dalla bocca e dalla mente, così da evitare che si avvicini e si possa insidiare nella propria, ordinaria, quotidianità. Ciononostante, ancor prima di quella finestra diretta su realtà anche anonime, ma coraggiose, come sono i social (vedi TikTok e i video postati da mamme di bambini che lottano tra malattie e invalidità) ci hanno provato la letteratura e il cinema ad aprire un varco su questo mondo di giovani legati a un filo della vita, proprio come legate sono le loro braccia a dei tubi in costante funzione. Tra pagine e inquadrature trovano spazio racconti di vita vissuta, o soltanto immaginata, capaci di squarciare quel filtro di ipocrita fattura per mostrare la speranza e la lotta di adolescenti contro lo spettro della morte. Sono storie racchiuse nel sottogenere del sicklit movie in cui anche il film diretto da Massimo Cappelli rientra di diritto, ritrovando un proprio posto a fianco a titoli come A un metro da te, Colpa delle stelle, Braccialetti rossi e Sul più bello.
Tanto accomuna e avvicina questi titoli nati sotto la stella della rivincita e del coraggio di affrontare la morte, ma ciò che si fa veramente minimo comune denominatore di tali opere è il target a cui esso si rivolge: sono gli adolescenti, doppi reali dei protagonisti sullo schermo, e riflesso umano e tangibile posto al di là della luce di proiezione. Un elemento da non sottovalutare quello del target di riferimento perché capace di trasformare ogni punto debole, in elemento coerente con la tipologia di storia raccontata e destinata sullo schermo.
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E scoprirà... l'amore disperato
È un film con protagonisti dei giovani, Prima di andare via, ed è a un pubblico di giovani che esso è destinato. Distaccandosi da una certa labile, ma comunque presente, serietà che vige tra gli inframezzi delle opere cinematografiche statunitensi a esso analoghe (si pensi solo a La custode di mia sorella, o L'amore che resta), _ Prima di andare via_ rientra perfettamente in quello stilema cinematografico di stampo italiano dove la malattia e la morte vengono affrontate con ironia, speranza e un briciolo di fanciullesco entusiasmo. Quello che agli occhi di noi grandi può sembrare superficialità nei confronti di un argomento così delicato, è in realtà un tentativo di adattamento stilistico e linguistico attraverso cui comunicare in maniera più diretta ed esclusiva con il proprio pubblico adolescenziale. Ecco dunque spiegate le luci accese, la fotografia brillante, i colori sgargianti e le performance fin troppo riflettenti il modo di essere, parlare e atteggiarsi dei giovani contemporanei, che vivono nel film di Cappelli.
Quelle di Riccardo Maria Manera, Jenny De Nucci ed Emanuele Turetta sono interpretazioni colorate da modi di dire e intercalari tipicamente giovanili (si pensi all'uso spropositato di "bro") sfumate da quella freschezza mista a sfrontatezza tipicamente giovanile. Le loro sono parole masticate e lasciate vagare nello spazio di inquadrature di ampio respiro forgiate dal mondo giovanile di origine; sono colpi di martello che spaccano il muro della distanza avvicinando il proprio pubblico di riferimento alla storia narrata. Tutto in Prima di andare via deve risultare pertanto semplice, facilmente comprensibile e di forte impatto emotivo. Nulla deve distrarre dall'evoluzione personale di Luca, o dal suo processo di accettazione del dolore, che sia un movimento di macchina, una regia virtuosistica, o una lente deformante. Tutto deve risultare semplice, come semplice è l'amore che nasce, germoglia tra lui e Giulia, come un fiore splendente nel campo più arido.
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Loving you is a losing game
Ciononostante, per quanto si possa e debba ricordare che quello di Cappelli è un film per giovani, vi sono comunque elementi che impattano sulla resa finale dell'opera: la portata ottimistica del film è direttamente proporzionale all'universo intimo dei ragazzi che racconta, eppure tutto pare troppo edulcorato, tanto da rischiare di cadere nel baratro della retorica. Ecco perché lo scarto generazionale tra Giulia e il personaggio interpretato da Tiziana Foschi colpisce così profondamente: esso si fa portavoce di due modi di pensare, affrontare il dolore che dovevano essere maggiormente indagati e mostrati. Messi da parte gli adulti, questi diventano delle macchiette, delle comparse che al posto di enfatizzare la forza dei giovani protagonisti, la depotenziano fino allo stato di melenso patetismo.
È una giostra in cui vita e morte si rincorrono, Prima di andare via. Una corsa lanciata al suono di sentimenti puri e capaci di sollevare, come una cura palliativa, il cuore di chi sente le lancette dell'orologio pesare sempre più. Eppure, è quel sapore amaro di fondo che fa davvero apprezzare il gusto del dolce, del fresco. È il contrasto tra sapori opposti, a far impazzire il palato: ed è questo che manca nel mondo immortalato da Cappelli: una dicotomia di mondi contrastanti che rendano adrenalinico anche un viaggio in pianura. E quello di Prima di andare via è un itinerario ben tracciato, organizzato ad hoc per i suoi partecipanti, ma privo di quello scossone che risvegli dal proprio torpore anche i passeggeri più adulti seduti nei posti dietro.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Prima di andare via sottolineando come il film di Massimo Cappelli - rientrante perfettamente nel filone dei sicklit movie - riesca a tramutare ogni punto debole in elemento di forza grazie al proprio target di riferimento. Quella che pare semplice superficialità è in realtà un linguaggio adattato al mondo giovanile da cui l'opera nasce e si rivolge. Ciononostante è innegabile vi siano dei punti oggettivamente poco sviluppati che vanno a intaccare il senso totale dell'opera; ciononostante il film è coerente con la storia narrata e all'universo indagato.
Perché ci piace
- La performance fresca e naturale degli interpreti.
- La fotografia accesa e brillante, proprio come l'universo che è chiamata a illuminare.
- Il desiderio di offrire all'Italia un proprio sicklit movie.
Cosa non va
- La mancanza di un'indagine più approfondita sul divergente modo di affrontare il dolore tra adulti e giovani.
- La mancanza di un vero climax, dovuto a una certa prevedibilità di racconto.