Giovane è il regista Giuseppe Tandoi. Giovani molti degli interpreti, a partire da Barbara Ronchi, Alan Cappelli, Roberta Scardola e Leon Cino, vincitore anni fa di una edizione di Amici. Giovane anche, con qualche rara eccezione, un cast tecnico posizionato in buona parte sotto i 35 anni, a ulteriore dimostrazione delle energie decisamente fresche riservate a questo progetto cinematografico.
Stiamo parlando de La città invisibile, tentativo aurorale di costruire una commedia corale, leggera e dotata di un certo ritmo sulla di per sé drammatica situazione del dopo terremoto in Abruzzo, con una tendopoli a fare da sfondo a storie di amori giovanili e sogni di vario genere. Il film è stato presentato a Roma, per la precisione alla Casa del Cinema, nell'assolata mattina del 28 luglio. Ma non sono mancati sguardi perplessi e accenni di polemica nelle considerazioni di alcuni dei giornalisti presenti, considerando poi che un approccio tanto leggero e disinvolto al tema, specie dopo l'uscita di film come Draquila - L'Italia che trema, era destinato in qualche modo a disseminare dubbi sull'operazione. Sentiamo, ad ogni modo, quali sono stati i punti salienti dell'incontro.
Qui, con La città invisibile, abbiamo cambiato decisamente tono, mettendo in primo piano uno sguardo giovanile e speranzoso, che si facesse carico di sentimenti nuovi; uno spunto di vitalità, insomma, dopo che in diverse opere si era evidenziato l'aspetto politico. Alcuni problemi naturalmente restano, è di pochi giorni fa la notizia che tra i terremotati vi sono quelli hanno dovuto recentemente traslocare dagli alberghi della costa, per motivi turistici, ma ora ci interessava evidenziare il punto di vista dei giovani, lo spirito della ricostruzione.
Per quanto riguarda la distribuzione partiremo subito con alcune copie che gireranno l'Italia, a partire dalla città principali, per tutto il mese di agosto, fino ad arrivare a L'Aquila verso il 27, 28 e 29 agosto, ovvero nei giorni della Festa della Perdonanza, che ha un rilievo importante anche nel film. Ma ora, a proposito di giovani, lascio la parola al regista Giuseppe Tandoi, la cui determinazione ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione del progetto. Giuseppe Tandoi: Ringrazio Christian per la bellissima introduzione, quanto a me posso considerarmi aquilano d'adozione, essendomi trasferito nel capoluogo abruzzese per studiare come filmaker, sfruttando anche il fatto di stare a breve distanza dalla capitale. Prima che il dramma accadesse stavo appunto lavorando al soggetto di quello che avrebbe dovuto essere il mio primo lungometraggio. C'ero anch'io, quindi, quando c'è stato il terremoto, e ricordo benissimo la notte che ho trascorso sveglio coi miei amici di fronte alla Basilica di Collemaggio!
Dal giorno prima, del resto, si erano sentiti quegli avvertimenti della terra, che avevano lasciato intuire che sarebbe potuto succedere qualcosa di grosso. Subito dopo il sisma me ne sono tornato giù in Puglia, la mia terra d'origine, per un mesetto, anche perché in quel momento di caos non era possibile fare niente. Quando poi mi sono ripresentato nuovamente in Abruzzo non volevo filmare niente, almeno all'inizio, in città, ed avvertivo un forte disagio anche solo ad affacciarmi nel centro storico. Ho cercato così un'altra via, attivando laboratori nella tendopoli insieme al vero padre Juan, quello cui avrei fatto successivamente nel film, collaborando perciò col suo coro, con i clown, col Concentus Serafino Aquilano. Da parte mia ero impegnato con un corso di cortometraggi. Il passo successivo è stato immaginare un film nella tendopoli, ma non un film sul dolore, volevo che si parlasse di speranza. E a questo punto mi sento obbligato a ringraziare chi ha sostenuto il progetto sin dall'inizio, partecipando ad esempio alla produzione come ha fatto la Molino Casillo s.p.a., società che del resto in Puglia si è già distinta per il modo in cui sostiene la cultura, lo spettacolo, le attività sportive rivolte ai giovani.
La sceneggiatura, che era piaciuta subito ai fratelli Casillo, a livello produttivo è stata sostenuta con generosità anche dalla mia famiglia, per cui ho potuto poi sottoporla ad altri partner che non si sono affatto spaventati all'idea un po' folle di raccontare il dopo terremoto in forma di commedia! E così siamo riusciti ad ottenere pure l'appoggio della Protezione Civile, che ci è stato molto utile al momento di girare nelle tendopoli, insieme a quello del Ministero della Cultura, che ha mostrato grande interesse con un sostegno sempre più concreto. Straordinario è stato anche lo spirito della gente che ci ha accolto negli accampamenti, dimostrando simpatia per quanto ci accingevamo a realizzare, nonostante i piccoli fastidi che la presenza della nostra troupe poteva creare. Ecco, dopo un dramma simile e con lo scalpore suscitato da opere come Draquila - L'Italia che trema di Sabina Guzzanti, non vi sembra di aver affrontato il tema in modo un po' troppo leggero, per non dire assolutorio nei confronti di certe responsabilità governative?
Giuseppe Tandoi: Non potevo essere né favorevole né contrario alle tesi di Draquila - L'Italia che trema, perché mentre giravamo non si sapeva ancora bene di cosa avrebbe parlato il documentario della Guzzanti. In seguito l'ho visto e mi è anche piaciuto. Ma nel suo film non vi nemmeno una nota di speranza, specie alla fine, mentre io volevo raccontare la speranza, la ricostruzione, l'impegno di personaggi come Padre Juan, senza dimenticare magari la più che legittima impazienza degli aquilani, che sono diventati anche il "popolo delle carriole": quelle con cui loro sono andati a recuperare cose, in barba ai divieti, nelle aree dove i restauri non procedono; ed a questo ho fatto anche allusione in un paio di situazioni, o battute, ad esempio quando padre Juan paragona i miracoli di Cristo a quelli annunciati dal governo, ma non concretizzati, con le nuove case che non sono ancora arrivate o non sono come dovrebbero essere.
Ma ripeto che non volevo fare un film politico, del resto non credo più alle differenze tra gli schieramenti di destra e di sinistra, mi piaceva rappresentare le speranze della gente e soprattutto dei giovani.
Roberta Scardola: Io che nel film interpreto Valeria ero già a L'Aquila per un altro progetto cui tenevo molto, e che mi ha fatto vivere fianco a fianco con i terremotati, quando poi sono stata convocata per questo provino ho temuto per un attimo che potesse essere qualcosa di triste, drammatico, di cui secondo me la gente non sentiva il bisogno. Ho 24 anni e posso parlare dei giovani, quelli che conosco lì hanno tanta voglia di fare, quando si è sparsa la voce di come sarebbe stato il film, gioioso, positivo, ci hanno sostenuto tantissimo!
A Nicola Nocella vorremmo chiedere, invece, se il suo personaggio rappresenta un dichiarato omaggio a John Belushi e ai The Blues Brothers.Nicola Nocella: Vi siete forse accorti di quando Remo, il mio personaggio, dice: Siamo in missione per conto di Dio"?
Scherzi a parte, l'omaggio c'è, eccome, per preparare questo ruolo ho lavorato anche su un look diverso da quello che esibisco oggi, con tanto di barbone. C'è da dire, tra l'altro, che con Giuseppe Tandoi avevo già un bel rapporto, per cui quando mi ha proposto un ruolo che a suo dire era stato scritto proprio per me, pur avendo io esitato per via di incastri lavorativi difficili, non ho potuto proprio dirgli di no! E avevo appena finito un film con Pupi Avati... ma questo personaggio mi piaceva troppo, conoscere poi il vero Remo, ovvero il tipo fortissimo che lo ha ispirato e che suona realmente nella rock band emergente, i dLane, rappresentata nel film, è stato ulteriormente di stimolo.
Per quanto riguarda Draquila - L'Italia che trema anche io l'ho apprezzato, enormemente, perché sa canalizzare bene tutta la nostra rabbia per le ingiustizie commesse sul territorio, ma noi abbiamo fatto semplicemente un lavoro diverso.