Dopo aver distribuito due gioielli come Lasciami entrare e L'ospite inatteso, la Bolero Film va a pescare stavolta in Spagna una gustosa commedia che parla di omosessualità e famiglia in un paese che sul riconoscimento dei diritti dei gay è avanti secoli rispetto al nostro, ma dove non mancano i contrasti. Il regista Nacho G. Velilla li racconta in Fuori menù, attraverso la figura di uno chef omosessuale la cui vita sta per essere sconvolta dall'improvvisa comparsa nella sua quotidianità di due figli dimenticati, dei quali è chiamato ad occuparsi dopo la morte della loro madre, e dall'arrivo nel suo stesso condominio di un aitante ex calciatore argentino che gli si tufferà tra le braccia. Protagonista del film, in sala da questo venerdì in 99 copie, è Javier Cámara, conosciuto al grande pubblico soprattutto per il suo ruolo in Parla con lei di Pedro Almodóvar e vincitore del Premio Miglior Attore al Festival di Malaga del 2008 proprio grazie a Fuori menù. Tra gli argomenti toccati durante la conferenza stampa romana di presentazione del film la situazione in Spagna in tema di diritti e l'influenza di Almodovar sul cinema iberico attuale.
Nacho Velilla, nel suo film l'omosessualità si confronta da un lato con il capitalismo, dall'altra con la famiglia. Qual è la situazione oggi in Spagna in merito all'argomento?
Nacho G. Velilla: In Fuori menù racconto sostanzialmente quello che è successo in Spagna negli ultimi anni, cioè il passaggio dalla repressione alla libertà. E' stato un passaggio così rapido che ha generato confusione, la stessa che avvertono i personaggi del film: i genitori di Maxi, il protagonista, che non hanno digerito l'omosessualità del figlio, rappresentano una parte della Spagna che sul tema si mantengono ancora chiusi, ma dall'altra parte c'è una Spagna che ha ormai accettato l'omosessualità. Abbiamo cercato di riflettere gli estremi nei momenti di confronto e di lite del film.Eppure la Spagna ai nostri occhi rappresenta un vero e proprio paradiso.
Javier Cámara: Noi spagnoli abbiamo solo 30 anni di democrazia alle spalle, mentre in Italia sono 60, in Francia 200, nel Regno Unito ancora di più. Per noi è perciò ancora più importante la lotta per ottenere qualcosa in tempi ridotti. Coi governi liberali degli ultimi anni, con Zapatero, con la sinistra, ci sono stati cambiamenti sociali che all'estero sono stati accolti con grande entusiasmo. Ci sono leggi sui gay, sugli aiuti domiciliari ai malati, ecc, ma d'altra parte c'è ancora una Spagna conservatrice, maschilista, che ostacola questi cambiamenti. Per fortuna però c'è anche una nuova generazione che pensa in modo diverso. Solo che le leggi sono una cosa, metterle in pratica un'altra. La cucina sembra essere proprio l'unico settore capace di mettere tutti gli spagnoli d'accordo, e sarebbe bello che lo stesso accadesse col cinema.
Nacho G. Velilla: Ciò che è successo in Spagna è quello che succede ai bambini quando gli si nega qualcosa. per tanti anni ci hanno tolto la libertà e non vedevamo l'ora di riprendercela.
Come ha fatto un paese fortemente cattolico come la Spagna a ottenere conquiste che dalle nostre parti sembrano ancora lontanissime?
Javier Cámara: Perché il Papa vive qui in Italia! Ultimamente però Zapatero ha ricevuto il Nunzio apostolico e ha organizzato un pranzo dove il Nunzio sedeva accanto al Re. Ma cosa hanno in comune queste persone? La nostra costituzione è laica, lo stato spagnolo è aconfessionale, ma nonostante questo Zapatero si è calato le braghe quando è venuto il Nunzio apostolico e ha messo da parte la legge sull'aborto dicendo che non era ancora il momento di parlarne. Una buona parte della Spagna è cattolica, ma le cose si possono cambiare poco a poco. C'è da dire anche che non si può parlare con le gerarchie cattoliche, sono terribili: d'altra parte per quarant'anni dittatura e religione sono andate a braccetto in Spagna. Dato questo retaggio storico molti spagnoli si sono abituati alla convinzione che tutti noi nasciamo col peccato originale. Negli Stati Uniti oggi va di moda il creazionismo, si legge la Bibbia come fosse un testo scientifico. Ma dico, siamo diventati pazzi?Il film tocca anche un tema tabù come l'omosessualità tra i calciatori.
Nacho G. Velilla: Fuori Menù ha come suo protagonista Maxi, un uomo con un passato difficile alle spalle, uno che ha dovuto per tanti anni nascondere la propria omosessualità e che ha imparato nel tempo ad essere orgoglioso di sé stesso. C'era la necessità di un secondo personaggio importante al quale dare un background di vita significativo. Le possibilità erano due: fare di Horacio un torero o un calciatore. Alla fine abbiamo optato per la seconda, perché il calcio rappresentava qualcosa di più universale, e ha funzionato, ma personalmente non conosco nesuno nel mondo del calcio che abbia dichiarato apertamente la propria omosessualità.
Javier Cámara: Io sono convinto che ci siano gay sia tra i toreri che tra i calciatori. Comunque sia, ieri sono stato in un ristorante italiano e nel tavolo accanto al mio c'era Fabio Cannavaro. Ho pensato "Se c'è qui il bel Fabio significherà che si mangia bene!". Parlava del suo contratto con la Juve, e personalmente mi dispiace che lasci il Real Madrid per tornare in Italia.Sul versante cucina, invece, nel finale del film c'è un passaggio dalla cucina creativa alle polpette.
Nacho G. Velilla: Non è nostra intenzione assumere una posizione netta sull'argomento, anche perché in Spagna siamo tutti orgogliosi dei nostri chef. Io penso che ci sia posto per tutti, dai ristoranti raffinati alle osterie, perché credo ci sia spazio per la libertà. Ognuno deve posizionarsi dove meglio crede, dalla cucina agli affetti.
Nel girare il film è stato ispirato più da Almodovar o più dalla sua produzione televisiva, essendo lei il regista della versione spagnola di Un medico in famiglia?
Nacho G. Velilla: Paragonatemi a chi volete, essere accomunato ad Almodovar ovviamente mi onora, ma trovo che ogni regista abbia il suo linguaggio. Ho una grande esperienza in tv, ho girato per cinque anni Un medico in famiglia che rifletteva una Spagna ideale, con una famiglia conservatrice, mentre il mio film riflette la spagna vera di oggi.Non crede che Almodovar stia diventando un po' troppo ingombrante per i cineasti spagnoli a discapito di altri stili, come il surrealismo di Luis Buñuel che in fondo sembra appartenere maggiormente alla cultura spagnola?
Nacho G. Velilla: Buñuel è il mio Dio, io sono aragonese e per me lui è un filosofo, uno scrittore, al quale è impossibile avvicinarsi. Di geni ce ne sono davvero pochi nella vita, lui è uno di questi. Non credo però che Almodovar rappresenti una presenza così ingombrante e influente per noi registi spagnoli, è una percezione dell'estero. Il nostro cinema è molto più ricco e variegato, ci sono registri del calibro di Alejandro Amenábar e Juan Antonio Bayona che sono davvero bravi. Il problema è che spesso non attraversano le frontiere come il cinema di Almodovar.
Javier Cámara: Io penso che i figli vengano sempre paragonati ai propri genitori e per voi Almodovar è il nostro padre. Il suo cinema è universale, ma soprattutto lui ha un universo proprio che è impossibile da imitare. Per un regista nuovo invece è più complicato cercare una propria dimensione. Ci sono però altri grossi nomi nel panorama del cinema spagnolo. Oltre a quelli che ha citato Velilla, ci sono Isabel Coixet e Julio Medem che hanno un linguaggio molto personale, e tutti loro possono forse essere considerati i figli più piccoli di Almodovar.