Ci si potrà chiedere se ce n'era bisogno o no, di questo Silvio Forever. Il dubbio è legittimo, vista la sovraesposizione mediatica dell'uomo e del politico Silvio Berlusconi (sempre più indistinguibili), la reiterazione dei suoi exploit e l'ingombranza straripante della sua presenza nel panorama politico italiano, di fatto da lui monopolizzato. E' anche vero che il documentario di Roberto Faenza e Filippo Macelloni si pone da un punto di vista un po' diverso dai precedenti prodotti dedicati al personaggio, costruendo un inedito esempio di autobiografia non autorizzata, raccontata dalle parole dello stesso Berlusconi. Di questo tentativo, e delle reazioni inevitabilmente variegate che ha suscitato (già nella stessa proiezione stampa) i due registi hanno parlato con i giornalisti presenti alla presentazione del film, insieme ai due autori Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella e al bravo Neri Marcoré, la cui voce, nel film, si trasforma in quella del premier guidandoci nella narrazione della sua vita.
Non avete paura, con un film del genere, di aiutare ulteriormente il fascino di Berlusconi?
Roberto Faenza: Penso che ognuno interpreterà il film come vuole, a seconda delle proprie opinioni politiche; comunque Berlusconi è una star, e la sua storia andava raccontata. Io mi ricordo di un racconto di Thomas Mann intitolato Il mago Cipolla, dedicato a Mussolini: ecco, per molti quella storia può valere anche per Berlusconi, molti pensano che anche lui sia un mago Cipolla. Io però non la vedo così. Berlusconi è qualcosa di più complesso, qualcosa che rappresenta comunque una parte del paese. Ci si sofferma spesso sulla storia del baciamano a Gheddafi, ma che dire di quelle autorità accademiche che si sono a loro volta genuflesse di fronte al dittatore libico, offrendogli spazio per le sue lezioni di Corano?
Perché avete optato per un'autobiografia che non è solo pubblica, ma anche personale?
Sergio Rizzo: E' stata una scelta voluta. Stiamo parlando di una delle persone più famose del mondo, basta vedere la sua presenza sulle tv straniere. Quello politico non è l'unico aspetto del personaggio.
Gli spettatori di sinistra non troveranno nulla di nuovo nel film, mentre quelli di destra probabilmente ne usciranno rafforzati nella loro convinzione che il premier sia un perseguitato. Che tipo di pubblico immaginate per questo film?
Filippo Macelloni: Semplicemente, speriamo che lo veda più gente possibile. Non abbiamo voluto esprimere tesi politiche nel film, ma al contrario abbiamo puntato a una pellicola che potesse interessare tutti.
Neri Marcoré: Io ho la stessa idea che avevo nel '94. Il paese, da allora, si è oggettivamente impoverito, l'accenno di ripresa che c'era stato anni prima si è fermato e non siamo mai più ripartiti. Mi hanno sempre colpito soprattutto quelli che stanno al suo fianco, quelli che magari erano costretti ad andare "alla sua velocità", sempre con un filo di imbarazzo nel non poter prendere le distanze da lui.
Il montaggio dà quasi un'impressione di vetustà, in un periodo in cui i ritmi sono molto più serrati. L'influenza di trasmissioni come Blob non si avverte per niente, a tratti sembra quasi di vedere un cinegiornale d'epoca. E' una precisa scelta, e se sì dovuta a cosa?
Roberto Faenza: Abbiamo cercato di fare un montaggio aderente all'uomo, a differenza di quanto accadde con un mio vecchio film, Forza Italia!: quello era stato pensato come un film che attaccasse violentemente il potere, cosa che non è lo scopo di questa pellicola. Questo è soprattutto un saggio sul linguaggio, che racconta di come il potere parla: quello di Berlusconi non è il classico linguaggio di un politico, lui usa al massimo 100 vocaboli, con cui però riesce ad arrivare direttamente alla pancia della gente.
Il film sembra quasi una celebrazione di ciò di cui non si riesce a venire a capo. C'è un senso di vaghezza, di incompiutezza...
Gian Antonio Stella: Fare un film cattivo su Berlusconi sarebbe stata la cosa più facile del mondo. Noi abbiamo scelto una strada diversa, abbiamo lasciato che lui raccontasse sé stesso. E' un'autobiografia non autorizzata: le sue letture, poi, possono essere diverse.
Roberto Faenza: In questo film non c'è niente di nuovo. Tutto il materiale contenuto qui è materiale già visto: la cosa interessante è stato metterlo insieme. Abbiamo voluto raccontare il caso, unico nel mondo, di un leader politico che è anche un uomo di spettacolo: crediamo che questa dimensione di intrattenitore del personaggio venga fuori chiaramente.
La figura che ne emerge è quella di un Berlusconi quasi simpatico. Per voi il film è una biografia di o su Berlusconi? Siete voi a raccontare il personaggio, o è lui che racconta sé stesso?
Sergio Rizzo: Innanzitutto bisogna dire che il paese, da 17 anni, è diviso in due: si sta da una parte o dall'altra e si viene etichettati di conseguenza. Noi abbiamo deciso di uscire da questo schema, facendo anche un lavoro giornalistico. Quelle che sentiamo nel film sono tutte dichiarazioni fatte da lui: non abbiamo aggiunto niente, e pensiamo che così venga fuori anche il lato umano, per certi versi simpatico del personaggio. Noi speriamo aiuti le persone a vedere le cose in modo più obiettivo.
Gian Antonio Stella: Volevamo evitare di "massaggiare" le opinioni già esistenti. Quello che riteniamo di aver dato è un ritratto ironico, che può aiutare a mantenere, ma anche a modificare le proprie idee.
Roberto Faenza: Sarebbe bello indirizzare una petizione a Berlusconi perché veda il film con noi, per poi magari commentarlo insieme. Non credo lo farebbe mai, ma sarebbe interessante.
Neri Marcoré: E' un oscuramento purtroppo in linea con quanto sta accadendo negli ultimi anni nel paese.
Gian Antonio Stella: E' la prova che il film non è poi così equivocabile, o peggio compiacente verso la figura di Berlusconi. Altrimenti, perché la Rai avrebbe fatto quello che ha fatto?
C'è una sensazione di profonda tristezza nel fatto che 17 anni di storia possano essere raccontati con l'autobiografia di una singola persona.
Sergio Rizzo: Il film è la parabola di una persona che resta quella che è. Più che di tristezza, parlerei di incattivimento, specie nell'opinione pubblica: questo è un paese che si è fermato, incartato in un dibattito sull'essere pro o contro questo personaggio.
Gian Antonio Stella: L'ironia c'è, ma è sempre una cosa scivolosa. Noi puntiamo innanzitutto sull'intelligenza di chi vedrà il film e si farà, autonomamente, un'opinione.
Non vi sembra che dal film sia assente il paese, che è stato teatro dell'agire di Berlusconi?
Roberto Faenza: Sinceramente no. Abbiamo inserito molte immagini della folla, soprattutto di quelle folle favorevoli al premier: quella è una parte del paese, una parte che non si può certo cancellare.
Perché avete scelto proprio questo periodo, per l'uscita del film?
Gian Antonio Stella: Dopo La casta, l'idea era fare un film sulla classe politica nel suo complesso, ma dopo 3 anni di ricerche ci siamo resi conto che la politica non stava mai ferma, tutto era fluido, continuava a muoversi. Mancava un baricentro: alla fine abbiamo capito che l'unico baricentro, negli ultimi 20 anni, è stata proprio la figura di Berlusconi. Potevamo uscire a Natale, ma poi ci avrebbero detto che era un'uscita ad orologeria perché c'era il voto sulla sfiducia. Ora ci sono i processi e la guerra con la Libia. E' quasi impossibile stabilire una data di uscita senza che qualcuno ci veda possibili retroscena.
Andrea Occhipinti: Il film è totalmente autofinanziato: noi siamo i distributori, abbiamo pensato potesse essere appetibile per il pubblico. E' difficile muoversi, tra un mercato congelato e le tv bloccate da un singolo editore: noi, però, puntiamo a mantenere una nostra autonomia.
Roberto Faenza: E' un brutto paese, quello in cui ci sono solo due o tre distributori in grado di distribuire un film come questo. E dire che non abbiamo ricevuto nessuna sovvenzione, quando è stato finanziato persino l'ultimo cinepanettone...