Tornato recentemente alla ribalta per via di un riferimento nell'epilogo di Prey (2022), il secondo episodio della saga di Predator ha sicuramente diviso i fan, anche se negli ultimi anni è stato rivalutato e si è guadagnato anch'esso uno status, meritato o meno, di cult. Chiariamolo subito, rispondere alla domanda che compare nel titolo di questo articolo non sarà per nulla semplice, giacché non sono pochi i titoli che nella relativa mitologia hanno più o meno deluso i fan, dai cross-over fino ai reboot più o meno improbabili, ma senza dubbio possiamo dire come Predator 2 sia sicuramente il più atipico, quello sì.
Sembra infatti di trovarsi di fronte ad una sorta di poliziesco di fine anni Ottanta, con tutte le ingenuità e forzature del caso, con alcune atmosfere che sembrano uscire direttamente dai prototipi a tema, fin da quel prologo dove assistiamo a una serrata resa dei conti tra le forze dell'ordine e la banda criminale. Un radicale cambio di approccio, potenzialmente in grado di far storcere il naso a chi aveva apprezzato le atmosfere da selvaggio survival movie dell'illustre predecessore, con la giungla dell'America Centrale qui sostituita da un grigio e decadente ambiente urbano.
Terreno di battaglia
Ne consegue che anche le atmosfere prendano diametralmente una piega opposta, giacché qui non vi è una natura incontaminata dove il pericolo può nascondersi dietro ogni angolo ma palazzoni dove la resa dei conti è più "esagerata", tra muri divelti come fossero di cartapesta e vicoli oscuri e putridi dove lanciare agguati improvvisi. Ecco perciò che Predator 2 fa affidamento su un'anima da sano b-movie figlio dei tempi, con tutte le logiche del poliziesco a prova di grande pubblico, declinate al contesto horror fantascientifico d'ordinanza, ulteriormente sottolineate dalla scelta per il ruolo del protagonista di Danny Glover, già volto familiare e amato nella saga ben più scanzonata a leggera di Arma Letale. Qui detective senza mezze misure, pronto a tutto pur di dare la caccia a quel nemico misterioso che sta seminando il panico in città, nonché coinvolto personalmente dopo la tragica scomparsa di un suo amico e collega.
Prey e le similitudini con Predator, dal ruolo della natura ai protagonisti
Un mondo allo sfascio
La storia parte già da una premessa distopica, in quanto ha inizio nella Los Angeles del 1997 - il film ricordiamolo è uscito nelle sale sette anni prima - e vede la metropoli devastate dalle lotte tra le gang di narcotrafficanti, con la polizia che cerca di fare quello che può ma deve fare i conti con budget ridotto e scarsità di personale. In seguito a un conflitto a fuoco contro degli spacciatori colombiani, il detective Harrigan scopre come questi siano stati massacrati "non si sa da chi" e viene redarguito per non aver eseguito gli ordini. Allo stesso tempo dovrà anche vedersela con le ingerenze di Peter Keys, agente governativo che sembra sapere qualcosa di più. Nel frattempo anche la gang dei giamaicani, principale indiziata della carneficina, resta a sua volta vittima di una vera propria mattanza da quello che ormai lo spettatore ha capito essere una sua vecchia conoscenza, ovvero un esemplare della razza aliena degli Yautja, giunto sulla Terra per iniziare la sua "battuta di caccia". Toccherà ad Harrigan e ai suoi uomini cercare di risolvere il mistero prima che sia troppo tardi, ma un nemico di tal calibro si rivelerà ben al di là della loro portata...
Anima di genere
Traspare un'essenza grezza, uno stile senza fronzoli messo in campo dal regista Stephen Hopkins, uno che in carriera con il cinema di genere si è sempre giostrato decentemente - suoi tra gli altri Spiriti nelle tenebre (1996) e Lost in Space - Perduti nello spazio (1998) - e che anche qui mette al servizio della sceneggiatura un solido, piacevolmente rozzo, mestiere. L'azione la fa da padrona soprattutto nella mezzora finale, con la lunga resa dei conti tra il protagonista e la nemesi extraterrestre, ma a non mancare nel corso dei cento minuti di visione è anche una guizzante ironia. Dalla scena sulla metropolitana nella quale tutti i passeggeri, anche arzille vecchiette, si portano dietro una pistola - critica sagace alla diffusione delle armi da fuoco negli Stati Uniti - al ragazzino che offre al Predator una caramella, sorta di aggiornamento della bambina che stringeva amicizia con il mostro nel Frankestein (1931) originale, i momenti più leggeri rispondono presente.
Riferimenti
Ci troviamo davanti, con tutti i pro e i contro del caso, a un tassello comunque importante anche per l'universo del ben noto universo condiviso con la saga di Alien, in quanto nell'epilogo avente luogo nell'astronave si intravedono vari trofei di guerra, incluso per l'appunto il teschio di uno xenomorfo: fa anche pensare che il successivo ritorno del Predator al cinema coincidi proprio con il primo episodio di Alien vs. Predator (2004), a ben quattordici anni di distanza. Un dittico crossover che ancor oggi è considerato generalmente tra i punti più bassi dei rispettivi franchise. E anche lo stesso collegamento citato in apertura con il fresco e sottovalutato Prey, per quanto merito postumo e indiretto, non fa che confermarne l'acutezza in uno sguardo ad ampio raggio.
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Modelli impossibili da replicare
Se dal punto di vista dei personaggi Predator 2 non può contare su eccessive sfumature, con caratterizzazioni spesso caricaturali, e se l'insieme può apparire parzialmente dozzinale nella sua atipica commistione di generi, il film va contestualizzato non soltanto al periodo in cui è uscito ma anche alle difficoltà di dar vita a qualcosa di nuovo partendo da un prototipo già entrato nel mito. Manca, e non poteva essere altrimenti, quel senso di sorpresa e l'elemento mystery che aleggiava intorno a questo nemico apparentemente invisibile non poteva essere nuovamente sfruttato in tal modo. Al massimo si potevano gestire meglio le ambientazioni, con dinamiche e interazioni tra i due impari contendenti che non convincono appieno.
Indovina chi
Per concludere, una piccola curiosità che forse non tutti sanno, ovvero come Danny Glover non fosse in realtà la prima scelta per il ruolo. Inizialmente si era infatti pensato a Patrick Swayze, in cerca ai tempi di un ruolo d'azione dopo il successo in sala da ballo di Dirty Dancing (1987), e poi addirittura a... Steven Seagal. Ebbene sì, la controversa star di tanti b-movie, conosciuta per il suo carattere non facile, era stata al centro di trattative, ma la sua ferma volontà era quella di vestire non i panni di un canonico poliziotto ma bensì di uno psichiatra della CIA esperto di arti marziali, così da poterle dare di santa ragione anche anche a omini di altri mondi. E chissà di che film ci saremmo trovati a parlare se fosse andata davvero così...