Pourtant que la montagne est belle
"Lasciano uno ad uno il paese per andare a guadagnarsi da vivere, lontano dalla terra dove sono nati...", così recita un verso della canzone tradizionale La montagne di Jean Ferrat, che parla di pastori e contadini costretti ad abbandonare i loro paesi per andare a lavorare nelle metropoli. Fin qui tutto normale, se non fosse che a interpretare il testo è la piccola Manon, bambina meticcia nata dall'unione del nero di origini antillane Jean-Gabriel e dalla bianca francese Suzy. È la scena chiave de La première étoile, commedia che ha saputo conquistare il pubblico d'Oltralpe per la levità e la semplicità con cui affronta temi in realtà molto complessi e problematici, come il métissage culturale e la difficoltosa elaborazione di una propria identità da parte dei migranti di diverse generazioni. Manon ha imparato il testo de La montagne a scuola, da un'anziana maestra che ripropone i canti della tradizione francofona a uno svogliato uditorio di scolari. Manon esegue quella canzone in una gara canora che si tiene in un ritrovo sciistico sulle Alpi, dove con estrema fatica (viste le difficoltà economiche) il padre Jean-Gabriel è riuscito a portarla. Durante la sua esibizione succede qualcosa di incredibile: all'inizio accolta con toni fastidiosamente razzisti dal presentatore ("Che bel cioccolatino, ti mangerei!"), Manon interpreta il brano in maniera perfetta, molto meglio di qualunque altra concorrente francese purosangue, conquistandosi una sonora ovazione da parte di tutto il pubblico locale. Paradossalmente proprio lei, per metà creola, diventa in quel magico momento la vera depositaria della cultura francese. Ma al tempo stesso quel canto di nostalgia per le bellezze ormai lontane della propria terra d'origine, attraverso la sua interpretazione, assume un significato completamente nuovo, calato nel contesto di un'altra cultura, di altre migrazioni. Realtà geografiche e sociali del tutto differenti, esperienze generazionali lontanissime si fondono per un attimo, nella semplicità delle strofe di una canzone.
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Non si vedono in giro molti film che hanno per protagonisti migranti di prima o di seconda generazione, soprattutto se rivolti a un pubblico mainstream. Quei pochi che vengono realizzati sono girati e scritti per la maggior parte da bianchi che affrontano il fenomeno dell'integrazione dal loro punto di vista. La première étoile andrebbe sostenuto in primo luogo perché rappresenta il tentativo - seppure incanalato attraverso il genere più docile e tranquillizzante della commedia - da parte di questa categoria di cittadini, sempre più preponderante nelle moderne società multietniche, di rappresentarsi attraverso il cinema e di costruirsi una propria immagine personale.