Nella nostra recensione di Pompei. Eros e mito più che concentrarci sul contenuto vero e proprio del documentario, diretto da Pappi Corsicato e uscito al cinema grazie a Nexo Digital, ovvero le storie che la voce narrante di Isabella Rossellini racconta per noi, troviamo più consono alzare lo sguardo e riflettere sulla forma di questo film che intende far conoscere al proprio pubblico la realtà sociale di Pompei. Saranno le rovine, gli scavi, gli affreschi e tutto ciò che è sopravvissuto della celebre città distrutta dall'eruzione del vulcano a dare vita a una narrazione che testimonia un'antica società greca, prima ancora che romana, quasi appartenente a una dimensione mitica, a cavallo tra il tangibile e il mito, tra il fisico e il divino, tra la violenza e il sesso.
La realtà oltre il mito
Le prime immagini del documentario sono dedicate alla lava. E non potrebbe essere altrimenti. Il mito di Pompei, la sua bellezza e la sua straordinarietà sono conseguenze di una tragedia dove il passaggio della lava del vulcano ha cambiato per sempre non solo la storia, ma anche l'identità stessa della città. L'ingresso in scena di Isabella Rossellini, voce narrante principale del documentario ci inizia alla serie di racconti che, a partire da ciò che è sopravvissuto e riportato alla luce grazie agli scavi, mostrano una società particolare, molto legata alla dimensione mitica. Sono le storie di Leda, la giovane donna che viene violentata da Zeus, di Clitemnestra o di Arianna, che col suo aiuto riuscì a salvare Teseo dal feroce Minotauro. Come si può facilmente immaginare, il ritratto che ne consegue è una società patriarcale dove la donna assume un ruolo marginale. Non dovrebbe sorprenderci questa descrizione schietta e a tratti pure sconvolgente (viene raccontato che una donna violentata a morte da un toro all'interno delle arene è un grande divertimento per i romani), ma lascia uno strano strato appiccicoso ascoltare queste storie come se fossero dotate di un fascino incredibile e particolare. C'è sin troppo entusiasmo all'interno di quest'aneddotica per lasciare gli spettatori indifferenti.
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L'eros e il sesso
È un problema principalmente di forma, perché il documentario procede lungo tutti gli ottanta minuti (una durata sin troppo generosa) con un incedere solenne, quasi a voler raffigurare una città sacra, aurea, invidiabile. Funziona un po' meglio il film quando cerca di rappresentare la società di Pompei attraverso l'erotismo e il ruolo del sesso. Accettato, senza filtri (tanto da avere stanze che fino a poco tempo fa non erano aperte ai visitatori a causa degli affreschi considerati troppo espliciti), il sesso era parte integrante della loro cultura. Peni scolpiti lungo le strade, falli che esprimevano la bontà del padrone di casa, si ha la sensazione che la mentalità dei pompeiani fosse molto più aperta di quella contemporanea e accettasse serenamente certe convenzioni che oggi sono ancora considerate tabù.
Il mito da ricreare
I racconti e le immagini della città vengono intervallati da alcune ricostruzioni di fiction che intendono narrare per immagini i miti di cui si parla, come quello dell'unione, non consensuale, tra Zeus e Leda. Attraverso l'uso di alcuni attori, queste sequenze mute dovrebbero in qualche modo acchiappare l'attenzione degli spettatori, ma finiscono per diventare sequenze in cui si predilige la bella immagine, da spot pubblicitario, che una vera e proprio urgenza narrativa. Il risultato non si può ritenere ottimale, tanto che in qualche occasione si ha l'impressione di assistere a una finzione che mal si sposa con l'intento generale del documentario. Come definire allora Pompei. Eros e mito che scivola spesso e volentieri tra due modi di concepire questo tipo di cinema, a cavallo tra l'interesse didattico del passato e dialogo ai limiti del kitsch attraverso sequenze che urlano una poesia mancante, come spesso succede alla retorica della voce narrante? Nel tentativo di ricreare una dimensione mitica, il film si dimentica di creare una propria identità vera, alternando l'alto e il basso, lasciando al pubblico una visione confusa e non particolarmente avvincente.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione di Pompei. Eros e mito possiamo dire che il documentario sia interessante solo in parte, complice un’alternanza di stili che non riescono mai davvero a dialogare tra loro. La società di Pompei viene raccontata attraverso il mito e il sesso, senza però sottolinearne le contraddizioni a causa di un tono solenne troppo simile in tutte le sue parti. Le sequenze di fiction appaiono sin troppo fuori contesto.
Perché ci piace
- La bellezza delle immagini di Pompei.
- La scoperta di alcune curiosità sulla società e la cultura della città.
Cosa non va
- Il tono solenne che accompagna tutta la durata del film non riesce a differenziare i contenuti narrati.
- Le sequenze di fiction stonano all’interno del documentario.
- Troppa retorica nei testi, anche quando si descrivono eventi moralmente inaccettabili.