Scrivendo la recensione di Playmobil: The Movie, primo film di Lino Di Salvo, è difficile non pensare al franchise cinematografico dei Lego a cura della Warner Animation, poiché anche lì si ha a che fare con un mondo animato che trae ispirazione da un noto brand di giocattoli. Il paragone è ancora più inevitabile, oltre che per motivi legati al film stesso su cui torneremo altrove nell'articolo, per una questione di tempistiche: l'annuncio ufficiale del progetto risale all'autunno del 2014, circa nove mesi dopo l'uscita del primo Lego Movie, ed è altamente probabile che il successo di quest'ultimo abbia influito sulla decisione della casa di produzione francese ON Animation Studios, artefice di un'operazione dal sapore internazionale (al netto dei finanziamenti transalpini, il film è stato girato in inglese) e a suo modo ambizioso.
Ma è un'ambizione di tipo più aziendale che creativo, e il risultato per ora non ha convinto il pubblico (mentre scriviamo queste righe il film ha incassato poco più di 13 milioni di dollari nel mondo, di cui meno di un milione negli USA dove ha esordito con il peggior weekend inaugurale di sempre per un'uscita mainstream).
Giochi fraterni
La trama di Playmobil: The Movie ruota attorno alla giovane Marla (Anya Taylor-Joy), la quale sogna di viaggiare in giro per il mondo, armata del suo passaporto nuovo di zecca. Un piano che però non arriva a compimento a causa della tragica scomparsa dei suoi genitori in un incidente automobilistico, il che la costringe ad occuparsi costantemente del fratello minore Charlie (Gabriel Bateman). Passano gli anni, e i due faticano sempre di più ad andare d'accordo. La soluzione ai loro problemi, come scoprono una notte entrando in un museo di giocattoli, potrebbe trovarsi in un mondo diverso, dove tutto è possibile. Un mondo che loro erano soliti visitare, o addirittura creare, praticamente ogni sera, combinando tutto ciò che volevano e unendo epoche e universi differenti. Un mondo dalle infinite potenzialità, a base di Playmobil, dove vichinghi e antichi romani coesistono al fianco di pirati e alieni, e che i due fratelli dovranno proteggere da un'inattesa minaccia...
Grandi ambizioni, piccole avventure
Il paragone con The Lego Movie si impone sin dall'inizio con la contaminazione tra live-action e animazione, ma ciò che nel 2014 era un colpo di scena (e nel secondo episodio è poi diventato parte integrante della trama, nel bene e nel male) qui fa parte della premessa, con echi di altre avventure come Pagemaster, dove i personaggi reali si ritrovano in un mondo immaginario e dall'estetica più "finta". Ma la differenza non si ferma lì: entrambe le operazioni partono da una radice commerciale (difatti l'annuncio del franchise Lego fu accolto da una sana dose di cinico scetticismo), ma laddove il mondo dei mattoncini targato Warner Animation è riuscito a ritagliarsi uno spazio non privo di un certo prestigio grazie a un connubio di follia, creatività e irriverenza, quello di Playmobil opta per un approccio più classico.
Di per sé non un'idea sbagliata, a patto che ci sia la carne al fuoco per giustificare l'operazione. E il problema principale del film, che pur diverte con non poche intuizioni che faranno piacere anche agli spettatori più maturi, sta proprio lì: è tutto ridotto al minimo indispensabile, saltando da una scena all'altra senza mai osare di più, puntando tutto su un apparato visivo solido e la consueta miscela di azione, gag e canzoni. L'energia c'è ma, paradossalmente, date anche le circostanze narrative che portano a quest'avventura in un altro mondo, viene a mancare l'immaginazione.
Non manca la buona volontà da parte del regista e sceneggiatore Lino DiSalvo, che in più di una scena dimostra di aver imparato dal suo passato disneyano (è stato, tra le altre cose, responsabile dell'animazione per Frozen - Il regno di ghiaccio), in particolare quando tira in ballo un comprimario come Rex Dasher, spia inglese che fa il verso a James Bond (in originale la voce è di Daniel Radcliffe) con un brio che altrove latita.
L'impressione è quella di vedere in rapida successione idee che, per respirare al meglio, avrebbero beneficiato di un formato diverso, forse come raccolta di cortometraggi, o di una maggiore cura nella costruzione di un'avventura di 99 minuti che, con l'approccio giusto, aveva tutte le carte in regola per generare un nuovo universo in grado di contribuire alla diversificazione del mercato dell'animazione (tenendo conto anche della matrice francese del progetto, fattore di non poco conto considerando l'alta qualità media della produzione transalpina in questo ambito). Nella sua forma attuale, invece, è letteralmente un giocattolone, simpatico e innocuo, che mette in scena un mondo incantato senza che questo abbia una vera identità narrativa al di fuori del brand di appartenenza, fatta eccezione per quei pochi momenti in cui, come i protagonisti, ha il coraggio di deviare da un percorso prestabilito.
Conclusioni
Concludendo la nostra recensione di Playmobil: The Movie ci congediamo da un prodotto d'intrattenimento che fa il suo lavoro per 99 minuti, divertendo il pubblico di riferimento, ma difficilmente lascerà il segno una volta che si è usciti dalla sala. Ci sono abbastanza intuizioni degne di nota per far sì che l'operazione valga il prezzo del biglietto, ma la carica irriverente di altri lungometraggi con tematiche simili è un lontano ricordo.
Perché ci piace
- Il mondo di Playmobil è reso con cura.
- La storia procede a un ritmo serrato.
- Le gag sono per lo più efficaci...
Cosa non va
- ... Ma quelle davvero memorabili sono poche.
- La trama non presenta spunti particolarmente originali.