Pistole, carote e heavy metal
Dopo tante versioni su celluloide di videogiochi e supereroi dei fumetti ecco da Hollywood il film che non ti aspetti, uno dei più divertenti degli ultimi anni, destinato non so lo a diventare un cult per le generazioni a venire ma a anche a dare il via al processo inverso di cui sopra, quello che di solito caratterizza le trasposizioni di grandi successi su carta o su console.
Si intitola Shoot 'em Up (frase inglese usata per individuare il genere di videogames 'sparatutto') ed è uno dei film più incoerenti, esasperati, fracassoni, estremi e super(auto)ironici del cinema contemporaneo. Protagonisti di questa implausibile killer-story un Clive Owen (massiccio e incazzato come non mai) nei panni di un disadattato di nome Mr. Smith, uno che se ne va in giro armato fino ai denti tentando di farsi gli affari suoi ma che puntualmente finisce in mezzo ai guai. E' un vagabondo senza scrupoli dal passato tormentato, uno che non ha amici né famiglia, uno che odia tutto e tutti tranne i cani, le carote, i neonati e una prostituta di origine italiane di nome DQ (Monica Bellucci) con la quale in passato ha avuto un paio di 'incontri ravvicinati'. Sarà a lei che Smith chiederà aiuto per badare al piccolo Oliver, un trovatello appena partorito dalla donna che il nostro eroe ha tentato (senza riuscirci) di salvare dalle grinfie di una banda di sicari, capitanati da un Paul Giamatti che più cattivo non si può, assoldati per eliminare ogni traccia di lei e del suo pancione. I due (col bambino tre) intraprenderanno un viaggio tra quintalate di pallottole nei meandri di una non ben indentificata città, in cerca di risposte e di un posto sicuro in cui (ri)cominciare a vivere.
Non vi affannate nel tentativo di seguire la trama, non vi preccupate di stare attenti a questo o a quel particolare, liberate la mente e aspettatevi un fumettone fuori da ogni schema e da ogni regola narrativa, un'avventura con venature di grottesco piena di sanguinolente sparatorie, dozzine di morti ammazzati e roboanti inseguimenti. Assolutamente geniali le sequenze d'azione e dei combattimenti, a metà tra il futurismo di Matrix e le acrobazie del miglior John Woo, per un film che proprio dall'estro del regista hongkongese (l'idea del neonato è tratta dal suo Hard Boiled, 1992) ebbe origine ben sette anni fa nella mente del regista Michael Davis. Dopo una lunga gestazione e numerose modifiche il cineasta inglese riesce a mettere insieme il cast giusto e a dar vita ad un film che fa un po' il verso ai grandi fumetti di Frank Miller (e conseguentemente al Sin City di Rodriguez, che al confronto sembra un noioso drammone) qualcosa di totalmente inverosimile, visivamente sporco, dal ruvido sottofondo heavy-metal e dai dialoghi tanto assurdi da risultare maledettamente (e volontariamente) divertente. Clive Owen è pressoché perfetto nei panni del rifiuto della società col suo mascellone sgranocchia carote, i suoi impenetrabili occhi di ghiaccio e la sua monoespressione a metà tra l'imperturbabile e lo strafottente, tiene in piedi il film comparendo in ogni singola inquadratura insieme ad un irresistibile Paul Giamatti, per la prima volta nei panni 'blindatissimi' di un criminale senza scrupoli e moglie-dipendente, che con una mano spara mentre con l'altra risponde al telefono. I due danno vita ad un duello avvincente inseguendosi, punzecchiandosi e dandosele di santa ragione a suon pistolettate, il tutto mentre la procace dark lady di origine italiana (un'eccentrica e sensualissima Monica Bellucci) non fa che spogliarsi e insultare tutto e tutti cucendosi addosso, nei momenti più concitati, un'incommentabile dialetto napoletano. Tutto nei personaggi è estremamente caricaturale ma è l'alone di mistero, di sensualità e di perdizione che li avvolge dona loro un carisma davvero incredibile.
C'è tanto, troppo, ma tutto è al posto giusto, posizionato e concepito per restare nella memoria, a partire dalla pazzesca regia di Davis, a dir poco ridondante e squilibrata (verrebbe da dire da squilibrati...) ma che riesce ad offrire 90 minuti di adrenalina pura, grazie anche agli effettoni da videogioco che hanno aiutato (sia lui che noi) a non prendere mai niente sul serio. Come prendere per buona, ad esempio, la scena memorabile dell'amplesso/sparatoria in cui Clive Owen, sotto una pioggia di proiettili, riesce ad ammazzare decine di uomini con la Bellucci avvinghiata addosso? O quella in cui con uno sparo riesce a tagliare il cordone ombelicale al bambino? Missione impossibile.
La critica all'America di oggi in Shoot 'Em Up - Spara o muori! c'è ed è tangibile, la condanna dell'uso improprio e sconsiderato che si fa delle armi anche, ma il primo intento di questo strepitoso B(ullet)-movie è quello di offrire un'ora e mezza di puro e disincantato divertimento. Un anti-depressivo cine-omeopatico.
Movieplayer.it
3.0/5