Piano piano, perché crescere troppo in fretta in una città come Napoli non è mai saggio, come ci insegnano Antonia Truppo e Nicola Prosatore nel primo lungometraggio fictional diretto dal regista napoletano. Prosatore, in realtà, ha una lunga esperienza di regia televisiva e a breve arriverà su Netflix Wanda, la sua docuserie dedicata a Wanna Marchi. Stavolta, però, il regista ha deciso di misurarsi col grande schermo in un racconto di finzione preparato con cura insieme alla compagna di vita Antonia Truppo, co-sceneggiatrice, produttrice e interprete di Piano piano. Il film, presentato in anteprima in Piazza Grande a Locarno 2022, è un coming of age che racconta la città attraverso lo sguardo di Anna (Dominique Donnarumma), tredicenne che vive in periferia insieme alla madre single (Truppo) e osserva i movimenti degli abitanti del quartiere, piccoli boss, mariuoli e pregiudicati.
Piano piano è ambientato nel 1987, anno dello scudetto del Napoli. Data tutt'altro che casuale come spiega Nicola Prosatore: "Volevo fare un film che parlasse di preadolescenza e ho aperto il cassetto della memoria" Quella di Prosatore è una generazione che sembra aver preso il sopravvento continuando a rivisitare il revival degli anni '80, forse per prendere le distanze da un presente che non entusiasma, ma lui e Antonia Truppo garantiscono che il film è stato scritto e pensato otto anni fa, ben prima che Stranger Things arrivasse su Netflix facendo riesplodere la moda degli Eighties, "revival che da una parte ci ha portato fortuna, ma al tempo stesso ci ha complicato la vita. Ci ha inquinato così abbiamo deciso di tagliare via tante scene, come quelle con lo walkman o con il baracchino. E poi anche Paolo Sorrentino ha raccontato gli anni '80 in È stata la mano di Dio. I nostri film si svolgono a tre km di distanza, il suo al Vomero e il nostro a Chiaiano, due luoghi così vicini e così diversi".
Lo stile al servizio del racconto
Coppia sul set e nella vita, Antonia Truppo e Nicola Prosatore hanno trovato l'equilibrio perfetto per collaborare insieme separando privato e professionale. Come ammette lei ridendo: "C'è sempre un boss ed è lui". Prosatore puntualizza: "La genesi è stata diluita nel tempo, ma quando siamo arrivati sul set per la parte di lavoro più rigorosa i nostri ruoli erano ben definiti". Il regista ammette di aver valutato la possibilità di trasformare il protagonista in un ragazzino, ma poi ha deciso di preservare lo sguardo femminile. Ciò che non è mai stato messo in discussione è l'età della protagonista. Come nel caso de La paranza dei bambini e Nevia, Napoli viene raccontata da uno sguardo infantile. "Noi siamo dei viaggiatori e questo ci lega all'idea del ritorno, al voler riscoprire le proprie origini" commenta Antonia Truppo. "Forse per un'opera prima è più naturale attingere al proprio vissuto".
L'infanzia permea a vari livelli Piano piano, dai toni fiabeschi del racconto che stemperano l'atmosfera criminale al look del film, in cui dominano colori acidi e toni non naturalistici. Perfino i font dei titoli rievocano l'epoca in cui il film è ambientato: "Volevo richiamare il televideo in cui all'epoca guadavamo i risultati delle partite di calcio, ma i caratteri ricordano un po' anche Space Invaders o Pacman" spiega Nicola Prosatore. "Io guardo tanti film, ma anche tanta tv e tanti spot. Per i colori mi sono ispirato a The Florida Project, film che ha molto in comune con nostro. Anche in quel caso c'è uno sguardo infantile e c'è Disneyworld, ma non la vedi mentre noi abbiamo Napoli, ma anche in questo caso non la vedi".
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L'alternativa al racconto di Napoli criminale, lo sguardo sull'adolescenza
La madre e la figlia di Piano piano sono unite dal fatto di essere considerate le outsider del loro quartiere. Anna viene chiamata Principessa dai coetanei e anche sua madre cerca di distinguersi dalle altre donne, sognando un futuro migliore per la figlia. "Susi, la madre di Anna, pretende di essere diversa dagli altri" spiega Antonia Truppo. "Mi sono ispirata in parte a mia madre, che aveva questo tipo di atteggiamenti, si voleva distinguere dalla massa e questo aveva prodotto in me uno scollamento. Sempre parlando in termini di fiaba, Susi può essere vista un po' come una matrigna che vuole tenere la principessa chiusa nel castello, ma in realtà lo fa per il suo bene".
Nella ricchezza di temi che caratterizza Piano piano, la camorra e la sua influenza sulle vite degli abitanti del quartiere sono presenti, "ma solo con funzione drammaturgica" come spiega Prosatore. "Se avessi potuto l'avrei escluso, ma mi serviva un personaggio di cattivo che fungerà anche da mentore per Anna e i ragazzi del quartiere. Però non ho voluto calcare la linea della camorra". Anche Antonia Truppo ammette di aver sempre rifiutato ruoli legati alla criminalità e alla violenza: "Pur vivendo fuori, abbiamo un legame molto forte con la nostra città. Abbiamo cercato di fare un film allegro e colorato per distanziarci dal racconto di Napoli criminale, ma è giusto che ognuno si esprima artisticamente come preferisce".
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