Tutti i bambini crescono, tranne uno.
Forse si tratta de l'incipit più famoso della letteratura, più magico che ha ispirato ogni tipologia di artista e non solo, una frase che dopo quasi 100 anni riesce a far sognare bambini e grandi anche grazie alla prima trasposizione a cura di Walt Disney. La favola di Peter Pan, e del suo autore, è una storia straordinaria che continua a far sognare milioni di lettori e soprattutto a donare fondi all'ospedale pediatrico di Londra. Ma forse non tutti sanno che dietro alla storia del bambino che non vuole crescere, c'è un'opera molto profonda (anche di più di quello che si possa pensare) ed è proprio in concomitanza del nuovo adattamento televisivo a cura della Disney, Peter Pan & Wendy, che è giusto evidenziare le somiglianze e le differenze tra l'opera originale e l'ultima trasposizione.
Peter Pan & Wendy: giusto ancora un remake?
Assolutamente sì, in quanto si tratta di una delle fiabe più versatili dal punto di vista del simbolismo e del significato, si dovrà raccontarla di continuo, in quanto le sfaccettature dei personaggi ne permettono questa possibilità. La fiaba, anzi il racconto di Peter Pan è un testo senza tempo che va condiviso e messo in scena con tutte le maestrie possibili, dall'animazione, al fumetto, dalla serialità fino al teatro quindi ben vengano le riproposizioni. Ovviamente non si può dimenticare il grande capolavoro creato da Disney nel 1953 che ha in qualche modo fissato nell'immaginario collettivo il film più importante che è stato realizzato su questo racconto. Un film così ben rappresentato, dal quale i registi, sceneggiatori, disegnatori e attori che si approcciano all'Isola che Non C'è, devono in qualche modo averci a che fare.
Peter Pan & Wendy, la recensione: fai un live-action felice
L'ultimo live-action, disponibile su Disney + dal 26 aprile, decide per la primissima volta di utilizzare il primo titolo originale dell'opera dando finalmente lo stesso spazio e la stessa importanza sia a Wendy che a Peter Pan. La storia, dopo tantissime edizioni, si riappropria dell'originalità dello script teatrale inserendo la co-protagonista dell'intera vicenda all'interno del titolo. Wendy difatti non è solo la spalla di Peter Pan, ma è letteralmente la protagonista della vita dello stesso Pan, la stessa decide di seguire il fanciullo per darle un po' d'amore, anche se a mò di balia, anche se in questo caso il tema "amore" è un po' cambiato. La storia di Peter Pan, tornando al film d'animazione più famoso di sempre, è sempre stato un cruccio dello stesso Walt, difatti negli anni trenta rimase così colpito dall'opera teatrale, che ne vestì anche i panni durante una recita scolastica e proprio per questo motivo decise di creare il lungometraggio animato dopo il successo di Biancaneve e i Sette Nani. Il problema però furono i diritti dell'opera, che lo scrittore, aveva donato all'ospedale Great Ormond Street Hospital di Londra. L'accordo con l'istituzione sanitaria avvenne dopo molto tempo e la Seconda Guerra Mondiale, insieme ad altri intoppi tecnici e politici, ritardarono ancora di più i tempi di realizzazione del cartone animato che avvenne solo nel 1953, dopo Pinocchio, Bambi e Cenerentola.
Peter Pan & Wendy: le differenze con i testi (molte) e qualche analogia (poche)
Un libro come quello di Barrie sembra terribilmente semplice, ma se dopo lo si va a decostruire iniziando a studiare personaggio per personaggio, caratteristica per caratteristica, ci si rende conto di avere tra le mani un testo molto profondo e non facilissimo da mettere in scena. Iniziamo con la nemesi di Pan: Giacomo Uncino. Hook è una persona colta, e tiene molto alle buone maniere, ed è uno dei motivi dell'astio con Peter, uno scavezzacollo sempre irriverente dei grandi e di tutti coloro gli impediscono di giocare. Da una parte la sua signorilità si contrappone agli scherni di Pan. Ovviamente il capitano odia Peter per la sua impertinenza e vuole vendicare, tra le tante cose, la sua mano destra che il bambino gettò al coccodrillo. Inoltre Uncino ha un problema con il suo essere bambino quando Pan di contrappasso ha un problema con la crescita. Tutte queste sfaccettature sono state affrontate nella nuova pellicola? Purtroppo no...anzi la nuova reinterpretazione ci ha donato un Capitan Uncino straordinario dal punto di vista della prova attoriale di Jude Law, ma con una assurda storyline e background: essere amico di Peter per poi essere cacciato dalla banda dei Bimbi Sperduti è quanto di più azzardato ci si potesse aspettare nella riscrittura di questo temibile pirata.
Le avventure di Peter Pan vs Peter Pan & Wendy: analogie e differenze
E Peter Pan? Anche sul protagonista le cose non sono andate bene, anzi malissimo. Peter è un nichilista, è l'emblema di un'infanzia perduta: è un bambino a cui è stato negato il futuro poiché è morto prima ancora di diventare del tutto reale. Questo punto focale dell'animo di Peter Pan purtroppo viene totalmente ribaltato, in questo film lo vediamo insicuro in alcuni frangenti (una situazione utopistica per James Barrie), poco carismatico, fino addirittura alla perdita del volo, altro elemento fondante sul personaggio di Peter: lui non ha nemmeno più bisogno della polvere di fata in quanto vivendo nell'Isola che non c'è il suo pensiero felice è costante, cosa che qua decade miseramente. Peter Pan è un bambino senza età, un'entità intrappolata nelle drammatiche conseguenze delle sue stesse decisioni, che reagisce con la passività aggressiva che lo trasforma per sempre nell'archetipo dell'infantilismo e dell'irresponsabilità. Più volte all'interno del testo dimenticherà con noncuranza il nome dei suoi amici e sarà presente nel corso delle avventure più per un torna conto personale che per un reale interesse. Peter vive immerso in una realtà dionisiaca che appartiene solo a lui e che contempla solo ed unicamente i suoi interessi. Nella pellicola di Lowery ci viene presentato e abbozzato un personaggio che sì ama giocare, ma non nel modo che viene descritto da Barrie, è un personaggio in balia delle situazioni che si fa sopraffare da quello che gli accade intorno e che addirittura prende in considerazione il fatto di rimanere con Wendy a Londra: purtroppo la reinterpretazione di Pan è la parte più negativa dell'intera pellicola in quanto va troppo a modificare il cuore di questo personaggio.
Il cruccio è forse la mancanza di coraggio (ma non solo in questa pellicola, forse in tutte quelle viste fin ora) nel mostrare al pubblico il "vero" Peter Pan, un eroe cangiante, ai limiti della psicosi, in quanto all'inizio lo seguiresti in ogni battaglia per poi renderti conto che sei soltanto una pedina del suo gioco, con pochissima importanza. E la fidata fatina Trilli, amica di mille avventure? Anche qua ci troviamo di fronte ad un'interpretazione che ha voluto ribaltare le carte in tavola con la coalizione con Wendy: questo fa decadere le idee dello stesso Barrie nei confronti di Campanellino. Non si sfugge dal sentimento di possesso che la fata ha per il suo Peter. Lei è gelosa di Wendy non ci si deve girare tanto intorno, alla prima occasione addirittura prova anche a farla eliminare, tuttavia la sua devozione per Peter è così alta che decide di sacrificare la sua vita per lui. Questo è un sentimento forte anzi potentissimo, infatti solo dopo aver compreso che Wendy non potrà essere un pericolo la fata decide di diventarci amica. Aver ribaltato totalmente questa situazione è stato un altro punto a sfavore per la pellicola perché è molto interessante l'evoluzione della stessa Campanellino nei confronti degli "estranei" e averla rinchiusa solo nella piccola aiutante di Wendy ne ha mortificato il senso. Il ruolo di Wendy non è scritturato male, la stessa caratterizzazione data da Ever Anderson è molto fresca e decisa e si avvicina moltissimo a quella descritta dallo stesso Barrie. Il timore di una bambina che sta entrando nell'età più difficile, quella della crescita, è ben rappresentato dall'attrice figlia di Milla Jovovich, anche se qua viene raffigurato dall'entrata in collegio e non dalla classica uscita dalla cameretta dei fratelli. Un'altra protagonista che è perfettamente messa in scena invece è proprio l'Isola che Non C'è. L'Isola, da sempre disegnata come un paradiso tropicale, qua si avvicina ad un paesaggio britannico (molto più coerente all'idea di Barrie) con una lotta cromatica di tonalità fredde e calde che fanno da sfondo ad un mondo desaturato dai colori vivi della Neverland del 1953.
La grande differenza con il film d'animazione è sotto gli occhi di tutti fin dal trailer, tuttavia le mani di Lowery e del direttore della fotografia Bojan Bazelli, riescono a donare allo spettatore la Neverland più vicina all'immaginario di Barrie che si potesse chiedere. Scogliere a picco, verdi prati tipici delle coste inglesi, un sottobosco selvaggio e cupo rendono l'Isola che Non C'è finalmente quel luogo magico e misterioso che l'autore inglese scrisse agli inizi del novecento. In questa Neverland oltre ai pirati ci sono anche gli indiani e le sirene: altra nota dolente. Giglio Tigrato e la sua tribu di Pellerossa (sì utilizziamo i termini scritti da Barrie) praticamente non pervenuti, come le sirene, e relegati a delle comparse senza particolari caratterizzazioni; una Giglio Tigrato praticamente trasformata in un cavaliere errante che trasporta persone da un punto A ad un punto B. E infine, non per ultimo d'importanza, il tema principale del gioco è fin troppo sostituito dal tema dell'avventura (una sostanziale differenza). All'interno di Neverland tutti gli abitanti creano un vortice circolare e continuo proprio a voler significare che i giochi sull'isola sono di durata infinita, ci si deve divertire sempre, e ci si può fermare solo in mancanza di Peter. Questo tema si accenna su alcuni dialoghi, su alcuni sguardi, ma forse si è voluto fin troppo esplorare l'avventura dimenticando appunto il gioco: il vero cuore pulsante dell'Isola che non c'è. Tuttavia nonostante questi punti a sfavore, la pellicola rappresenterà un nuovo modo di approcciarsi (in questo caso fin troppo distante) all'opera di Barrie mantenendo comunque il focus generico:
L'importanza del conservare una piccola parte infantile di sé, seppur nell'ineluttabilità della crescita"