Perché Alex Garland è la scelta giusta per il film di Elden Ring

Dall'uscita di Shadow of the Erdtree si è parlato di un adattamento ispirato al mondo legato al videogioco. Ora, a ridosso di Nightreign la conferma: si farà e sarà diretto dal regista di Civil War. Ecco perché è una scelta che ci convince.

Un'immagine di Elden Ring

Guardare e vivere una storia sono due cose diverse. È uno dei problemi principali dell'annosa questione dell'adattamento dei videogiochi, in qualche modo presenti anche quando ci si trova davanti a grandi e riuscite produzioni come The Last of Us, che si avvia alla conclusione del suo secondo ciclo di episodi. Incertezze che si presentano in modo ancor più consistente quando il titolo da adattare ha un impianto narrativo peculiare, come è il caso di Elden Ring, tanto che sin dalle prime voci avevamo iniziato a buttar giù un articolo che aveva il titolo di lavorazione di "Un film di Elden Ring ha senso? I problemi di una missione impossibile".

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Un'immagine di Elden Ring

Una missione impossibile che ora ha trovato il suo Ethan Hunt nella persona di Alex Garland, appena annunciato alla guida del progetto prodotto da A24 insieme a Bandai Namco Entertainment Inc. Una notizia trapelata, e poi subito cancellata, qualche settimana fa, ma che ora è ufficiale con tanto di post dedicato sui social della stessa Bandai. Una scelta per noi giusta, che ci ha spinti a virare il contenuto del suddetto articolo in scrittura verso questo soddisfatto che state leggendo in cui spiegare i motivi che ci spingono a essere fiduciosi.

Un film di Elden Ring ha senso?

Ma partiamo da quella che era la premessa da cui volevamo iniziare il discorso, con qualche cenno generale a cosa sia Elden Ring per chi ancora dovesse esserne a digiuno. Pubblicato a febbraio 2022, arrivato al traguardo delle 30 milioni di copie vendute con una espansione uscita lo scorso giugno e uno spin-off in arrivo a fine mese, Nightreign, è il più recente esponente dei soulsborne di casa From Software, un genere a sé nato e definito dal director di punta dello studio giapponese, Hidetaka Miyazaki. Si tratta di videogiochi piuttosto punitivi in termini di difficoltà di gameplay, in cui la morte del personaggio è spesso propedeutica a imparare dai propri errori e capire come superare le difficoltà, e gli avversari, che ci si parano di fronte.

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Una delle splendide e cupe ambientazioni del gioco From

Se questa è, in estrema sintesi, l'impostazione di gioco, sul piano narrativo Elden Ring ci porta in un Interregno che Miyazaki ha definito insieme all'autore de Il trono di spade, George R.R. Martin, un mondo immenso per estensione e aree da scoprire, dalla mitologia articolata, complessa e densa di dettagli e sfumature che però nel gioco viene veicolata in modo non cinematografico, attraverso l'approfondimento di tutto ciò che il giocatore trova in giro e le relative descrizioni testuali. Una serie infinita di location, ma anche un complesso intreccio di relazioni, legami, collegamenti che emergono da quella che viene definita narrativa ambientale, non le classiche cutscene dei giochi dall'impianto più cinematografico come il già citato The Last of Us. È il mondo stesso a raccontarsi mentre lo esploriamo.

Elden Ring, tra stupore e angoscia: c'è bisogno di una trama per raccontare? Elden Ring, tra stupore e angoscia: c'è bisogno di una trama per raccontare?

Le difficoltà di un adattamento

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Un'immagine del gioco di Hidetaka Miyazaki

Per questo è difficile immaginare un adattamento lineare di quel mondo e della storia del suo protagonista, il Senzaluce interpretato dal giocatore, perché la storia vera e propria si riduce alla necessità di raggiungere l'Albero Madre che vediamo sin dall'inizio del gioco e assurgere al titolo di Elden Lord, spazzando via tutti i nemici, mid-boss e boss che troviamo sul nostro cammino. La difficoltà non è rendere questo cammino di sangue, ma far sì che arrivi su schermo con tutta la ricchezza immaginifica della sua controparte videoludica, che traspaia la ricchezza vibrante e inquietante di un mondo piuttosto che una mera sequenza di combattimenti da titolo action ordinario. È necessario che emerga la tragedia di Radhan oltre alla sua pericolosità in combattimento; che si percepisca il timore vissuto a ogni passo quando ci muoviamo per Caelid; che si affronti Malenia consapevoli della portata iconografica di quello scontro.

Serviva un autore per al timone

Per questo serviva una mano forte, solida, autoriale alla guida del progetto. E Alex Garland risponde a queste caratteristiche. Non è un regista estremamente prolifico, ma è un regista che ha sempre reso personali i titoli a cui ha lavorato, dal magnifico Ex Machina a Men o Civil War dello scorso anno fino a, siamo sicuri, Warfare che vedremo ad agosto, co-diretto con l'ex militare Ray Mendoza. Qualcuno, insomma, con la sensibilità giusta per comprendere il progetto, assimilarne le caratteristiche e farle proprie, veicolarle in una forma che potrà anche prendere una strada propria rispetto al videogioco, ma rispettosa e fedele nello spirito.

Ex Machina: Alicia Vikander in una scena del film fantascientifico
Ex Machina: Alicia Vikander in una scena del film fantascientifico

È quello che chiediamo a ogni buon adattamento, che sia di un libro, un fumetto, un gioco o anche l'attrazione di un parco tematico come fu il caso di Pirati dei Caraibi da parte di Gore Verbinski. È quello che una figura come Alex Garland può dare a Elden Ring rispetto a un qualunque artigiano della regia messo lì per eseguire invece che lasciare il proprio segno. Al netto di un risultato che andrà poi giudicato una volta pronto.

L'ulteriore speranza

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Elden Ring, una scena dal videogame

Se il regista scelto ci garantisce almeno una mente pensate al servizio della storia, c'è un altro punto che ci lascia ben sperare: il coinvolgimento di Bandai Namco e, si spera, lo stesso Hidetaka Miyazaki. È quello che ha fatto la differenza in un altro riuscito adattamento recente, quello di Super Mario a cui ha partecipato la stessa Nintendo, o di The Last of Us con Neil Druckmann coinvolto in prima persona o ancora l'egida di Sony in quello discreto e recente di Until Dawn - Fino all'alba e di Riot Games nel guidare lo studio Fortiche per Arcane. Non più proprietà intellettuali acquistate e sfruttate senza capirle prerogative e necessità, ma cura del progettoda parte delle realtà che gli hanno dato vita. Un momento di svolta non indifferente che abbiamo vissuto negli ultimi pochi anni e che rendono i videogiochi una interessante fonte per nuovi adattamenti che il pubblico sta dimostrando di accogliere positivamente.