Non possiamo che cominciare questa recensione di Penny Dreadful: City Of Angels con un avvertimento: se vi aspettate di trovare in questo spin-off le stesse atmosfere della serie horror in tre stagioni con Eva Green, resterete probabilmente un po' delusi. La chiave per approcciarsi alla visione di questa serie, creata sempre da John Logan, è lasciarsi completamente alle spalle quella che l'ha proceduta. Addio alle buie e fumose strade londinesi della fine dell'Ottocento, benvenuta soleggiata e "chicana" Los Angeles del 1938: non potrebbe essere stata scelta ambientazione più diversa per dare il via a questa City Of Angels (che andrà in onda ogni sabato su Sky Atlantic e NOW TV), in cui le divinità del folklore messicano-americano camminano per le strade di una città dove ideologie diverse si scontrano, dando vita a uno conflitto sanguinoso e violento.
Se Penny Dreadful prendeva i personaggi più conosciuti della letteratura horror (da Victor Frankenstein al Conte Dracula), in questo spin-off si ricomincia da capo con una storia completamente nuova: un tentativo senza dubbio coraggioso, e a cui dobbiamo riconoscere l'originalità di certe scelte narrative e di alcune delle storyline, ma forse a tratti un po' azzardato. A visione ultimata dei primi quattro episodi, quelli che abbiamo potuto vedere in anteprima, l'impressione è che si sia voluta mettere fin troppa carne al fuoco: fin dai primi minuti veniamo catapultati tra divinità (o demoni?) sorelle in guerra, chicanos discriminati dalla polizia, fanatici religiosi, nazisti che espandono segretamente le loro mire al di là dell'Oceano ed ebrei che cercano - sempre di nascosto - di mandare all'aria i loro piani. Come dicevamo, un ensemble intrigante ma esageratamente ricco.
Folklore messicano, nazisti e sette religiose
La storia si apre in un campo dove lavorano dei braccianti di origine messicana. Lontano da loro, la Santa Muerte (Lorenza Izzo) e sua sorella Magda (Natalie Dormer), un diabolico demone mutaforma, discutono il destino dell'umanità. La seconda, ad un certo punto, incendia l'intera zona, uccidendo tra terribili sofferenze tutti i presenti: a salvarsi solo il piccolo Tiago (che si trovava lì con suo padre), protetto proprio dalla divinità della morte. Molti anni dopo, diventato adulto, Tiago (Daniel Zovatto) è entrato nella polizia ed è stato promosso a detective: il primo giorno con il nuovo distintivo, però, non è per lui dei più semplici. Una famiglia viene trovata massacrata - in quello che sembra un cruento rituale - nel fiume di Los Angeles, e lui ed il suo partner Lewis (Nathan Lane), vista l'inquietante scritta in spagnolo al centro della scena del crimine, devono subito vagliare la possibilità che gli abitanti del quartiere latino siano i colpevoli. Nello stesso tempo scopriamo che la città è in fermento: il consigliere comunale Charlton Townsend (Michael Gladis) vuole costruire una strada che passa proprio sull'area di Los Angeles occupata dalla popolazione latina, cosa che accende l'ostilità tra i chicanos e la polizia, che li vorrebbe far sgomberare; nell'ombra, poi, alcuni ufficiali nazisti cercano di espandere il loro potere sugli Stati Uniti partendo proprio da Los Angeles, contro di loro solo un manipolo di ebrei in cerca di giustizia. Infine, molti cittadini stanno deponendo il proprio benessere spirituale nelle mani di Sorella Molly (Kerry Bishé), la leader simbolica di una chiesa evangelica estremamente popolare: il potere è in realtà nelle mani di sua madre, più interessata al guadagno che al bene dei parrocchiani e della figlia. A tirare le fila delle diverse situazioni scopriamo subito essere Madga, che prendendo diverse forme - quella della consulente di Townsend, di una donna tedesca di cui si innamora un dottore, Peter Craft (Rory Kinnear), simpatizzante nazista e, infine, Rio, a capo della gang dei pachuco - si sposta da un luogo all'altro, infuocando gli scontri e perseguendo i suoi mortiferi obiettivi.
Basta questa breve e sommaria - ve lo possiamo assicurare! - introduzione alla trama per capire quanto questa serie sia fin troppo piena di spunti e storyline: le diverse sottotrame, se prese singolarmente, sono anche interessanti, ma lo show sembra un pò schiacciato dal peso di una narrazione estremamente piena, ritrovandosi a tratti indeciso su che direzione intraprendere. Prendiamo l'omicidio rituale che apre il primo episodio, ad esempio, che la grande rivelazione sul colpevole venga destinata al finale lo immaginavamo, ma ci viene svelato così poco nei primi episodi che finiamo per perdere di interesse per quella che inizialmente sembrava la storyline più intrigante. Il problema dello show è quindi, a nostro parere, il fatto che - vista la trama fin troppo articolata - non riesca mai a trovare una sua identità ben definita: City Of Angels non è quasi mai spaventoso o inquietante (come invece era in abbondanza il suo predecessore) e nemmeno particolarmente misterioso. Se la serie di Logan, nelle sue prime stagioni, sapeva fin da subito che direzione prendere, in questo caso ci troviamo a vagare - seppur in un contesto molto affascinante e promettente - un pò a vuoto.
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Natalie Dormer in quattro ruoli
A rendere comunque piacevole la visione della serie contribuisce senza dubbio il suo ottimo cast, guidato da una Natalie Dormer affascinante e magnetica, evidentemente a suo agio in tutti e quattro i personaggi che interpreta. Pur risultando a tratti un po' caricaturale (sopratutto nel caso della tedesca Elsa), l'ex Margaery Tyrell riesce sempre a rubare la scena agli altri personaggi, in particolare ai comprimari maschili, che sembrano non essere in grado di tenere il suo passo. Anche le altre interpreti femminili ci hanno colpito molto, in particolare Kerry Bishé e Amy Madigan, che interpreta sua madre Adelaide, l'una angelica ed innocente e l'altra dura e calcolatrice, ma anche Adriana Barraza, nel ruolo della matriarca Maria Vega, capace con la sua forza di tenere unita la famiglia di Tiago dopo la morte del marito. Detto questo, però, le diverse interpretazioni vengono un po' danneggiate dal doppiaggio italiano: nella versione nostrana, infatti, si perdono gli accenti che caratterizzano i personaggi di origine messicana e tedesca (limitandosi all'inserimento di qualche parola qua e là della loro lingua madre), appiattendoli e rendendoli senza dubbio meno affascinanti.
Quel Penny Dreadful superfluo
Se nel caso del Penny Dreadful originale ci si trovava in un contesto volutamente fantastico - basando gran parte della narrazione sui classici della letteratura gotica -, in City of Angels si cerca di ancorare la trama al reale, prendendo come unico elemento sovrannaturale (per quanto ci è dato sapere fino al quarto episodio) il folklore messicano. Il complesso di credenze a cui si attinge, però, non viene mai particolarmente approfondito e tutto resta fin troppo in superficie: la presenza in scena di teschi e candele non è sufficiente per "raccontare" quella che era e continua ad essere una religione a tutti gli effetti, per renderla viva sullo schermo serviva decisamente qualcosa di più. Giocare con le storie e la mitologia può funzionare quando i personaggi sono Dracula, Frankestein e il dottor Jekyll, se però si vuole partire da qualcosa che affonda le sue radici nel reale è necessario uno sforzo in più, dare tangibilità e spessore a quel folklore che altrimenti diventa solo uno sfondo non particolarmente giustificato. Ci chiediamo, quindi, se la serie avrebbe funzionato meglio dando più spazio agli elementi della spiritualità chicana, mettendo da parte alcune di quelle storyline che sembrano in qualche modo accessorie.
Una cosa è certa, però, a risultare davvero superfluo è quel Penny Dreadful nel titolo, perché il legame con le prime tre stagioni finora è davvero difficile da trovare: come spettatori, se la serie fosse stata solo City of Angels, ci saremmo sicuramente approcciati alla visione con la mente sgombra di aspettative, apprezzando il tutto molto di più.
Conclusioni
Concludendo questa recensione di Penny Dreadful: City Of Angels non possiamo che sottolineare quanto labile sia il legame con la serie originale, in particolare le atmosfere risultano molto diverse. Al centro di questa nuova storia le credenze del folklore messicano, che forniscono spunti molto interessanti ma che però si sarebbero dovute approfondire molto di più. Magnetica e affascinante Natalie Dormer, particolarmente a suo agio in quattro ruoli diversi.
Perché ci piace
- Gli spunti da cui prende il via la storia sono molti interessanti.
- Natalie Dormer molto a suo agio in quattro ruoli diversi.
- I personaggi femminili che riescono sempre a brillare…
Cosa non va
- …mettendo in ombra quelli maschili.
- La storia, troppo ricca di storyline che a volte sembrano un po’ accessorie.
- Il folkrore messicano andava approfondito di più.