Paul Laverty e Luis Tosar a Berlino con Even the Rain

Lo sceneggiatore storico di Ken Loach presenta di fronte a una sala gremita il bellissimo Even the Rain, complesso dramma ambientato sullo sfondo della guerra dell'acqua di Cochabamba. Ospite a Berlino insieme a lui il co-protagonista Luis Tosar.

Il Festival di Berlino ospita nella sezione Panorama la proiezione del bellissimo Even the Rain, pellicola spagnola diretta da Iciar Bollain scelta per rappresentare la Spagna nella corsa all'Oscar per il miglior film straniero che purtroppo non è entrata a far parte della cinquina finale. Il dramma metacinematografico ambientato in Bolivia nei giorni della sanguinosa Guerra dell'Acqua di Cochabamba, solo due giorni fa si è aggiudicato tre premi Goya, ma il successo più grande per il suo sceneggiatore, l'impegnato Paul Laverty, è quello di aver finalmente portato all'attenzione del grande pubblico la drammatica questione della guerra dell'acqua boliviana che ha visto gli indios di Bogotà contrapposti al governo costretto, alla fine del conflitto, a revocare la legislazione sulla privatizzazione dell'acqua e il contratto con la multinazionale Bechtel. Ad accompagnare Even the Rain a Berlino assieme a Laverty è presente l'attore spagnolo Luis Tosar che interpreta il produttore della pellicola storica oggetto del film di Bollain. Non c'è platea migliore di quella tedesca per permettere a Paul Laverty, sceneggiatore storico di Ken Loach, di lanciare, tra una domanda e l'altra sul suo film, l'appello che gli sta più a cuore, quello dedicato al caso Panahi. "Vorrei esprimere la mia solidarietà nei confronti di Jafar Panahi e degli altri cineasti condannati insieme a lui. Una condanna a sei anni di prigione è crudele, ma impedire a una persona di lavorare per vent'anni è assurdo. Si può mettere in prigione una persona, ma non si possono incarcerare l'immaginazione e la creatività" dichiara lo scrittore militante non senza una punta di commozione.

Paul, come è nata la sceneggiatura di Even the Rain?

Paul Laverty: Lo script di Even the Rain è piuttosto complesso perchè contiene tre storie diverse, tre livelli che si intrecciano. C'è la storia della troupe che deve girare il film sulla conversione forzata degli indios, c'è la guerra dell'acqua che coinvolge i nativi boliviani e infine c'è il film vero e proprio di cui vediamo diverse scene. Scrivere una sceneggiatura come questa è stato piuttosto complicato e devo ringraziare Alejandro González Iñárritu per il prezioso aiuto e le consulenze. Questo è un progetto a cui tengo molto visto che sono anni che desideravo realizzarlo. La questione della guerra dell'acqua in Bolivia è da tempo una mia ossessione così ho scelto di incastrare tre storie diverse per affrontare il problema da più punti di vista. La guerra dell'acqua è uno dei problemi più complessi della nostra società che spesso viene sottovalutato. Sui giornali si parla del petrolio o delle armi, ma la guerra dell'acqua è legata a un elemento vitale, senza il quale non possiamo vivere. Se sono riuscito a fare il film devo ringraziare i produttori che si sono accollati la responsabilità di realizzare un prodotto per certi versi poco commerciale.

In Even the Rain avete fatto recitare fianco a fianco attori professionisti e non protagonisti. Cosa è cambiato nel metodo di lavoro?

Luis Tosar: Lavorare con attori non professionisti è una fortuna perché sono incredibili, hanno un istinto naturale, aumentano il senso di realismo del film. La loro libertà, la loro onestà e la loro energia contagiano i professionisti come me portando un profondo senso di verità nel film.

Nonostante la durezza di certe scene, alla fine Even the Rain si chiude in un modo che può essere ritenuto positivo. Avete scelto un finale 'hollywoodiano' per puntare a incassi maggiori?

Paul Laverty: In realtà inizialmente avevo previsto più finali diversi. E' vero, capisco che questa possa essere una critica da rivolgere al film, ma il problema che affronto - la guerra dell'acqua - è reale. E' un fatto di cronaca. Alla fine della guerra solo una persona è morta, ma molte sono state ferite e quello che ho cercato di fare col mio lavoro è focalizzare l'attenzione proprio sulla questione.

Luis, come hai affrontato il personaggio di Costa?

Luis Tosar: Costa è un tributo per i produttori. Nel corso degli anni il ruolo del produttore è cambiato molto. Costa incarna il produttore moderno, non quello che se ne sta dietro a una scrivania a fumare. E' un uomo pratico, si sporca le mani, risolve i problemi. Il produttore ha una responsabilità enorme nei confronti del cast e della crew che non può delegare ad altri e deve fare in modo di realizzare il miglior film possibile. A un certo punto Costa si confronta con la guerra dell'acqua e capisce che deve intervenire personalmente perché in quel momento viene chiamato in causa il suo lato umano, la responsabilità nei confronti non solo della troupe, ma anche di altre persone in difficoltà.