Vedi Napoli e poi muori. Di solito si dice così ma forse il detto potrebbe cambiare con l'arrivo di Parthenope il nuovo film di Paolo Sorrentino presentato in anteprima a Cannes e che, dopo alcune clip in esclusiva mostrate al Giffoni Film Festival, arriverà in sala il 24 ottobre come primo titolo della neonata Piper Film, dopo alcune speciali anteprime del 19 settembre. In attesa dell'uscita, abbiamo incontrato i giovani protagonisti della pellicola, e con loro abbiamo parlato proprio del significato e dei simboli di quest'opera con la quale il regista partenopeo prova a raccontare la complessità della sua città d'origine.
Parthenope, la video intervista esclusiva a Celeste Dalla Porta, Dario Aita e Daniele Rienzo
È simbolico che Giffoni porti i protagonisti più giovani rispetto ai grandi nomi al proprio Festival e Parthenope non fa eccezione. Proprio per il loro essere nuovi talenti da scoprire, lavorare con un Maestro del cinema italiano come Paolo Sorrentino dev'essere stata una bella sfida. Una sfida che forse ha lasciato solo non tanto e non solo un ricordo, ma proprio delle massime tipiche a cui il cineasta ci ha abituato (basta vedere l'episodio di Call My Agent - Italia a lui dedicato per capire di cosa stiamo parlando). Ce lo racconta Celeste Dalla Porta: "Paolo è un grande visionario e un grande poeta, quindi nasce sicuramente un confronto attraverso una poesia che noi possiamo conoscere solo attraverso un'esperienza con lui, perché è proprio 'sua'. Ciò che mi ha lasciato è la possibilità di poter realizzare qualcosa, di credere all'essere umano, e questo è un sentimento bellissimo, la fiducia che ha dato a me, a noi, a questo progetto. Di rimanere fedeli a noi stessi, anche se la vita ti porta in luoghi oscuri, di rimanere fedeli al proprio sentire".
D'accordo anche Dario Aita uno dei due giovani che gravitano intorno alla protagonista: "Lavorare con Paolo è un'esperienza intensa da tutti i punti di vista perché ti misuri con un genio e un'artista grandissimo. Da attore giri tanti film e tante serie, ma non tutti sono indimenticabili, invece mentre giri con Paolo hai la sensazione che stai facendo un film indimenticabile. E questa è una sensazione che da un certo punto di vista ti mette pressione ma allo stesso tempo ti dà un respiro che difficilmente hai facendo questo lavoro. Una massima ce l'ha lasciata proprio poco fa, dicendo che 'Gli attori veri saranno otto o dieci in tutto il mondo e che per essere quel tipo di attore devi dimenticarti di te stesso'".
Una massima la ha anche Daniele Rienzo l'altro "uomo" della vita della protagonista: "Io sono estremamente grato per quest'esperienza e questa possibilità. Paolo è un po' un canalizzatore di gratitudine, riesce ad unire l'ambiente che c'è sul set come se fosse un unico organismo da lui gestito per creare quella piccola magia che poi va sullo schermo. Mi sono segnato una cosa mentre giravamo che lui mi ha insegnato, e forse non gliel'ho nemmeno detto, ovvero il coraggio di essere generosi. Le persone possono avere lati positivi o negativi, gli artisti devono passare attraverso entrambi, ma la generosità richiede tanto coraggio e Paolo penso che sia una persona poeticamente generosa e lo ringrazio per questo".
Parthenope come Napoli
La pellicola è un'allegoria di Napoli e del rapporto di Sorrentino con Napoli (qui la nostra recensione). Ma che cosa rappresentano per i tre interpreti le loro città natali e come hanno trasferito queste sensazioni nel raccontare non solo una storia ma la complessità di una metropoli così sfaccettata. Inizia il napoletano dei tre, Daniele Rienzo: "Credo che nemmeno Paolo potrebbe rispondere ad una domanda del genere (ride). Napoli è una città così mirabolante, 'Come un'anguilla, come l'acchiappi quella schizza'. Lo dicono anche i 99 Posse che sono di Napoli. Sicuramente abbiamo avuto la fortuna, perché il cinema fa anche questo, di fermare un momento che già adesso mentre ne stiamo parlando, è diventato qualcosa di differente".
Tocca alla milanese Celeste Dalla Porta: "Io invece vengo dall'altra parte dell'Italia (ride). Sono sempre dell'idea che non sono diventata il simbolo di Napoli con questo film ma lo è diventato il mio personaggio e che in realtà è stato costruito da tutto questo grande organismo di cui parlava Daniele. Quindi è stato un lavoro di squadra anche solo sulla costruzione della protagonista, rappresentata da tutto ciò che la circonda quindi la città, i due ragazzi, i personaggi che incontra nel suo viaggio. Napoli è stato un viaggio ed è una città che ancora non conosco abbastanza. Ho la sensazione che non si possa mai conoscerla fino in fondo, mi è rimasto questo nei ricordi di quei mesi in cui abbiamo girato: qualcosa di unico e magico".
Invece, Dario Aita: "Io vengo da un po' più a Sud di Napoli e vi riconosco qualcosa di familiare. Ha un'eccezionalità veramente misteriosissima per me, malgrado il mio essere del Sud. Ha a che fare con la sensazione, almeno da non autoctono, come se tutto fosse possibile in qualche modo. Ha un potenziale immenso e non sai mai veramente cosa aspettarti. Durante le settimane di riprese sono stati giorni meravigliosi fatti di piccoli incontri, di scenari, di paesaggi condivisi soprattutto con Celeste e Daniele, quindi la città si arricchiva di queste presenze, di questa comunione che si creata tra di noi e l'ha resa ancora più bella e magica. Vederla sullo schermo raccontata da Paolo l'ha resa esponenzialmente ancora più magica e misteriosa, e anche pericolosa in qualche modo".
Parthenope: Celeste Dalla Porta è il miracolo di San Gennaro per il nuovo cinema italiano
Un film (anche) per i giovani
Non può essere un caso ovviamente che la distribuzione del film abbia scelto Giffoni come presentazione dopo Cannes e prima dell'uscita al cinema. Ma cosa può dire Parthenope alle nuove generazioni? Celeste cita ancora una volta Sorrentino: "Prima Paolo parlava proprio di una scena che è stata proiettata al Festival, una sequenza che parla di un presente, di ricordarsi di vivere nel momento presente, lasciar andare futuro e passato e qualsiasi forma di pensiero e vivere quello che poi ne rimarrà come memoria a tutti noi. Il ricordo viene sempre sbiadito o arricchito da una malinconia per il fatto che non si può rivivere qualcosa, il fatto che la vita è ineluttabile, e quindi penso possa comunicare questo".