Un evento traumatico che condiziona inesorabilmente la vita di un bambino. Nel 1976 Valerio ha 10 anni e assiste impotente ad un attentato ai danni di suo padre Alfonso da parte di un gruppo di terroristi. L'uomo fortunatamente si salva, ma da quel momento si porterà addosso cicatrici che cambieranno non solo il suo futuro ma anche quello della sua famiglia. Padrenostro, presentato tra i film in Concorso a questa Venezia 77, racconta come degli anni difficili come quelli degli attentati venissero vissuti dai bambini, una generazione che si trova a vivere in maniera indiretta quello che sta accadendo ai loro genitori. A rendere questo film ancora più speciale è il fatto che si basi su una vicenda realmente accaduta nel passato del suo regista, Claudio Noce, il cui padre è stato vittima di un attentato quando lui e i suoi fratelli erano bambini.
Un capitolo molto doloroso da rivivere e riaprire per il regista, che realizzando il film ha dovuto rivivere un periodo estremamente doloroso della sua infanzia: durante la conferenza stampa di presentazione di Padrenostro abbiamo parlato con lui, ma anche con i protagonisti - Pierfrancesco Favino, Barbara Ronchi, Mattia Garaci, Francesco Ghenghi - di che cosa abbia significato portare sullo schermo un un momento così personale e delicato della vita di qualcuno. "È stato un percorso lungo e difficile, che mi ha portato a riscoprire quanto è accaduto a mio padre, un fatto di cui, per moltissimi anni, nella mia famiglia non si è fatta parola" spiega Claudio Noce, "la mia priorità è stata raccontare la vicenda dal punto di vista di un bambino. Solo mio fratello maggiore ha assistito all'attentato, io e mia sorella, invece, non eravamo presenti. Per molti anni siamo stati costretti ad immaginarla a modo nostro. Il mio obiettivo, con Padrenostro, era raccontare questa storia in modo universale, non privato, affinché chiunque possa ritrovarvisi."
Raccontare la paura
L'incontro con Pierfrancesco Favino è stato - parola dello stesso regista - fondamentale per portare a termine la realizzazione del film. L'attore, che in Padrenostro interpreta il papà del piccolo Valerio - colui che subisce, a pochi minuti dall'inizio della pellicola, l'attacco di un gruppo di terroristi -, ci racconta come anche per lui prendere parte a questa storia abbia risvegliato molti ricordi della sua infanzia. "Quando Claudio mi ha raccontato per la prima volta questa storia, mi sono reso conto che ci vedevo me, mio padre, il mio rapporto con lui e la mia infanzia. La generazione a cui appartengo ha vissuto questi eventi in maniera passiva, indiretta, e raramente è stato posto l'accento su come i bambini percepissero ciò che stava accadendo ai loro genitori." sottolinea Favino, "Si dava per scontato che non sapessero, che non sentissero. Però erano bambini che sapevano ed assorbivano tutto. L'esperienza personale che Claudio ha vissuto ci ha dato la possibilità di raccontare il mistero del rapporto padre e figlio. Questo film racconta una storia personale che però ne sostiene una universale."
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L'attore specifica poi che dietro a Padrenostro non c'è la volontà di raccontare gli anni di piombo, ma l'infanzia per come veniva vissuta durante quel periodo. "Il mondo dei bambini del film è fatto di emozioni, non ha bisogno di essere razionalizzato." Claudio Noce, poi, spiega quanto il tema della paura sia centrale nel film: "Parlare di paura in maniera così profonda è una delle ragioni per cui ho fatto questo film, per poterla io stesso superare. Nella mia famiglia quanto avevamo vissuto non era mai stato affrontato direttamente, noi bambini, soprattutto, siamo stati costretti a subire l'attentato a mio padre e le sue conseguenze. Il tema della paura nel film viaggia attraverso la drammaturgia. La cosa cosa straordinaria, però, è che Valerio, proprio durante un periodo di paura come quello che sta vivendo, inizia il suo percorso di crescita."
La mamma del piccolo Valerio, interpretata da Barbara Ronchi, è l'unica della famiglia che cerca di fare in modo che questa paura venga affrontata: "Lei con la paura ci vuole fare i conti, e nel farlo vuole coinvolgere il marito, vuole che entrambi ammettano di avere paura, pur continuando a proteggere i figli. Nel farlo, nell'ammettere questo sentimento, sa che poi anche i figli non si sentirebbero in colpa ad ammettere di essere spaventati."
Prepararsi al ruolo
Pierfrancesco Favino è un attore conosciuto per le incredibili trasformazioni subite nell'interpretare determinati ruoli, nel caso di Padrenostro, però, il processo di preparazione per il ruolo di Alfonso è stato diverso da quello affrontato in alcune delle sue pellicole più recenti. "Ho dovuto intraprendere un viaggio a ritroso nella mia infanzia, ricercare quei momenti con mio padre e quella tenerezza che la sua generazione non sembrava in grado di dare. Ho rivissuto quei dettagli della vita quotidiana che per lui diventavano quasi sostitutivi degli abbracci", spiega l'attore, "il mio personaggio nel film è ingombrante nella sua assenza, era un uomo che, pur non essendoci mai, per suo figlio era sempre presente. Alfonso è un uomo che non vuol mostrare la sua sofferenza, è convinto che per educare un figlio si debba costantemente dimostrare la propria forza, ma che nel film intraprende un percorso, subisce un cambiamento, sopratutto nel finale. Il nostro film è una lettera d'amore da un figlio a un padre."
Per il regista la scena più difficile da realizzare è stata senza dubbio quella dell'attentato, che ha ricostruito minuziosamente: "Ho dovuto immergermi in quello che è accaduto, sono stato costretto a ricostruire ciò che per me sono sempre state solo sensazioni, paure. Credo che mettere in scena l'attentato mi abbia aiutato molto a far pace con quello che è successo."
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I giovani protagonisti
Il cuore del film è rappresentato dai suoi giovanissimi interpreti, Mattia Garaci, nel ruolo di Valerio, e Francesco Gheghi in quello di Christian, un ragazzino che stringerà con il figlio di Alfonso un'amicizia molto particolare. Mattia ci racconta che cosa ha apprezzato di più di questo film: "Mi è piaciuto molto il cambiamento di Valerio nel corso della storia, che è particolarmente evidente nel finale. Inizialmente lui è molto timido, senza amici, si sente solo, la sua vita cambia completamente dopo il giorno dell'attentato, con l'incontro con Christian il bambino riesce a dimenticarsi del trauma, giocando con lui." "Mi è piaciuto vivere l'epoca in cui di mio padre, che è del Settanta, era bambino," spiega poi Francesco "ho dato al mio personaggio un carattere molto simile al mio."