Mettete insieme quattro amici in viaggio attraverso la Spagna a bordo di un malconcio pullmino Wolkswagen, romanisti e superstiziosi, in trasferta per seguire la propria squadra del cuore.
Se aggiungete al tutto una bella ragazza che spariglia le carte in tavola, una rocambolesca corsa per arrivare in tempo al fischio iniziale, un addio al celibato e una risata malinconica che guiderà lo spettatore verso un finale epifanico, ne otterrete un classico road movie debitore tanto della tradizione comica italiana che va da Amici miei al filone più giovanilistico, quanto del coming of age d'oltreoceano.
ll risultato è Ovunque tu sarai, che a volersi fermare al titolo, riporta a galla frammenti di mocciana memoria, salvo rivelare nel corso della narrazione il tentativo di appellarsi ad altri modelli, seppur abusati, della comicità contemporanea.
Per firmare il suo esordio alla regia Roberto Capucci si affida infatti al terreno fertile della commedia confermando una tendenza che il cinema nostrano oggi alimenta in maniera quasi bulimica: riproporre precisi schemi comici rimanendo ancorato al già visto e sentito.
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Calcio, amicizia e quella sottile 'linea d'ombra'
Il film è infarcito di citazioni e riferimenti a partire dalla sua genesi: "L'ispirazione viene da Febbre a 90°, adattamento del libro di Nick Hornby che parlava dell'Arsenal - ammette lo stesso regista - anche noi abbiamo voluto raccontare cosa vuol dire essere tifosi, ma Ovunque tu sarai non si rivolge solo agli appassionati di calcio: l'amore per questo sport qui è solo una cornice per mettere in scena una storia di amicizia universale e per unire due generazioni". A metà strada tra le scapestrate avventure di Una notte da leoni e alcuni siparietti comici di Smetto quando voglio, il film è il frutto dell'incontro avvenuto tre anni fa tra Capucci e Francesco Apolloni, interprete e autore della sceneggiatura insieme al regista: dentro ci sono finiti i ricordi del primo (la Roma degli anni '80) e l'idea del viaggio del secondo. Una trasferta che diventerà, come anticipa la voce fuori campo di Primo Reggiani nell'incipit del film, "la nostra linea d'ombra", lo spartiacque che costringerà la scalmanata combriccola a fare i conti una volta per tutte con la vita adulta.
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La partita Roma-Real Madrid degli ottavi di finale di Champions League disputata nel 2008 al Santiago Bernabeu e finita con la vittoria dei giallorossi, è il pretesto narrativo che avvia l'intera vicenda: durante il cammino che dalla capitale porterà l'insolito quartetto di amici a Madrid e che è anche l'occasione per festeggiare l'addio al celibato di uno di loro, succederà di tutto, dagli imprevisti alla rivelazione di segreti inconfessati come vuole la migliore tradizione del genere.
Tra i cliché della comicità
Anche i personaggi rispolverano cliché e luoghi comuni dell'italianità: Francesco (Primo Reggiani) è il trentenne irrisolto con un matrimonio alle porte (di cui non è convinto fino in fondo ) e un sogno di gioventù infranto ("Mi chiamo Francesco, ho 32 anni, sognavo di fare la rock star, poi sono cresciuto"); Giordano (Francesco Montanari), figlio di genitori laziali, è imbranato, sensibile, timoroso, ossessionato da una serie ben precisa e rigorosa di rituali scaramantici che lo accompagnano durante le partite della Roma ("E' permaloso come un concorrente del Gf"); Loco (Francesco Apolloni) fa il medico, incarna il prototipo del maschio italiano all'estero, latin lover e cascamorto, il giusto mix tra l'"eccentricità di George Best con la mancanza di controllo di Cassano"; e poi c'è Carlo (Ricky Memphis) giocatore d'azzardo incallito, un avvocato "specializzato nel risolvere problemi tranne uno", custode di un segreto da nascondere persino ai suoi compagni di viaggio. A lui Capucci affida il registro più dolce amaro del film, generando una sotto trama che purtroppo non si combina organicamente con il resto della storia mentre gli altri personaggi sono alla mercé di un'eccentricità che li rende a volte poco credibili. Nel complesso Ovunque tu sarai è un esordio che però lascia ben sperare, a patto che in futuro Capucci si affranchi da formule già sperimentate e osi quel poco che basta per trovare una propria cifra stilistica.
Movieplayer.it
2.5/5