Ossessione, la recensione: l'attrazione fatale in stile Netflix non convince e non emoziona

La recensione di Ossessione: il tentativo di offrire una prospettiva femminile al genere del thriller erotico, alla base della miniserie su Netflix, delude le aspettative e non valorizza il talento di Richard Armitage e Charlie Murphy.

Ossessione, la recensione: l'attrazione fatale in stile Netflix non convince e non emoziona

La miniserie Ossessione porta sugli schermi una storia che intreccia una relazione proibita e storie di drammi personali, provando a offrire il punto di vista della protagonista femminile, ma convincendo solo in parte come spiegheremo nella nostra recensione, del romanzo scritto da Josephine Hart nel 1991.
A firmare il nuovo adattamento del racconto, disponibile su Netflix, sono Morgan Lloyd-Malcolm e Benji Walters che cercano di dare spessore al personaggio dell'enigmatica protagonista Anna, ruolo affidato a Charlie Murphy nei quattro episodi che compongono il progetto.

La trama di Ossessione

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Ossessione: una foto dei protagonisti

La miniserie Ossessione segue il chirurgo di successo William Farrow (Richard Armitage) che sembra avere una vita apparentemente perfetta: l'uomo è sposato con la brillante Ingrid (Indira Varma) ed è padre di due figli, Jay (Rish Shah) e Sally (Sonera Angel).
La sua vita viene però completamente stravolta dall'incontro con Anna Barton (Charlie Murphy), la fidanzata del figlio, con cui intreccia una relazione proibita.
La giovane ha un passato complicato, di cui si scopriranno alcuni segreti tramite le interazioni con la migliore amica Peggy (Pippa Bennett-Warner) e la madre Elizabeth (Marion Bailey). La passione che contraddistingue il legame tra William e Anna ha, come prevedibile, delle conseguenze drammatiche sulla famiglia del chirurgo.

Un progetto che si inserisce sulla scia di Cinquanta sfumature di grigio

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Locandina di Ossessione

Come suggerisce il titolo, la miniserie si concentra su un'ossessione che prende totalmente il controllo, fisico e psicologico, sulla vita dei protagonisti, che scivolano in un tunnel erotico che provano a controllare, senza però riuscire a prevedere il danno che avrà sulla loro vita.
I quattro episodi, a differenza del film tratto dallo stesso romanzo che aveva come star Jeremy Irons e Juliette Binoche, approfondiscono la vita di Anna provando a dare delle giustificazioni ai suoi comportamenti, ma gli sceneggiatori perdono progressivamente le redini della narrazione che crolla nel capitolo conclusivo raggiungendo un livello di follia quasi surreale.
La miniserie non giustifica mai realmente i comportamenti di William, dalla scelta di iniziare la relazione clandestina al suo desiderio tossico di possedere e controllare Anna, e questa decisione rende il terzo atto del racconto davvero poco credibile nella rappresentazione di un padre senza alcuna possibilità di redenzione. Nonostante sia apprezzabile la scelta di allontanarsi dagli stereotipi femminili della femme fatale proposta in passato da progetti simili, come Basic Instinct o Attrazione fatale, il poco equilibrio nella rappresentazione dei due lati della storia rende le basi del progetto estremamente fragili.

Lloyd-Malcom e Walters hanno infatti creato un passato per Anna che dovrebbe giustificarne le motivazioni e il desiderio di avere un potere psicologico sul suo amante, mostrando la giovane mentre divide in modo quasi netto amore e passione fisica, razionalità ed emozioni. Le rivelazioni drammatiche che delineano il quadro psicologico di Anna funzionano, ma solo in parte, e, pur risultando un personaggio intrigante e carismatico, la breve durata del progetto rende la sua relazione con Jay quasi irrilevante e superficiale, e i suoi rapporti umani, come quelli con la sua migliore amica, poco incisivi.
Gli sceneggiatori non approfondiscono inoltre i personaggi di Ingrid, nonostante la bravura di Indira Varma, che appare fin troppo ingenua nel non rendersi conto del lato oscuro di William, e di Sally, la cui presenza nel racconto sembra limitarsi tristemente a un modo per dare spazio alla diversità e a rendere il contesto più attuale.

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Un'ossessione talmente irrazionale che diventa surreale

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Ossessione: Richard Armitage in una foto della serie

Richard Armitage, nonostante la sua esperienza, non riesce a rendere William un personaggio per cui provare un minimo di empatia. La sua interpretazione, quasi totalmente priva di sfumature, è totalmente focalizzata sull'ossessione e l'assenza di scene che possano offrire dei dettagli che ne motivino l'attrazione per Anna lo rendono una figura piatta animata solo dal proprio istinto, contrasto fin troppo netto con la razionalità richiesta dalla sua professione.
La tensione che dovrebbe caratterizzare la sua relazione clandestina, con il continuo rischio di essere scoperto in famiglia e al lavoro, si traduce in sguardi che risultano, a lungo andare, quasi ridicoli. Ossessione lo pone poi in situazioni alquanto surreali, come l'intero episodio in cui segue all'estero il figlio e Anna, rendendo William un uomo bidimensionale e senza possibilità di redenzione. Armitage fa emergere il suo talento drammatico in più di un momento, ma la sua interpretazione è sminuita da una sceneggiatura che rende anche il momento più tragico della storia involontariamente comico.
Al suo fianco Charlie Murphy prova a rendere la protagonista una figura carismatica in grado, almeno, di mantenere alta l'attenzione degli spettatori. Il suo compito è però particolarmente complicato a causa del modo in cui gli sceneggiatori hanno provato a costruire il mistero che circonda la vita di Anna.

Dall'introduzione del personaggio con una scena in cui la giovane, senza motivo apparente, decide di sedurre il padre del suo fidanzato, a una professione che ne dovrebbe dimostrare l'intelligenza, fino all'abitudine di condividere le sue riflessioni esistenziali a un diario e all'incapacità di ascoltare i consigli della sua migliore amica, rapporto mai sviluppato dagli sceneggiatori, ogni elemento che contraddistingue la protagonista risulta, tristemente, sopra le righe e incapace di creare quel contatto emotivo con gli spettatori che si sperava di raggiungere.
I due attori non riescono nemmeno a rendere credibile la bruciante passione che dovrebbe contraddistingue la loro relazione clandestina, con scene esplicite fisicamente che appaiono esteticamente costruite con attenzione ed emotivamente fredde, pur potendo contare sul sostegno della fotografia e delle scelte compiute dagli scenografi che hanno costruito degli spazi che rappresentano esteriormente i contrasti che contraddistinguono le due realtà in cui si muovono i protagonisti.

Conclusioni

Il problema principale di Ossessione, come sottolineato anche nella nostra recensione, è l'incapacità di rendere i due protagonisti e la loro relazione credibili. La tensione del rapporto clandestino è inoltre gestita senza alcun brivido reale, nemmeno di fronte al rischio di essere scoperti rappresentato da alcuni messaggi misteriosi, e nessuno dei personaggi secondari, nonostante la loro importanza nella narrazione, ha uno spazio adeguato.
Passando da un incontro erotico a un tentativo non riuscito di approfondimento psicologico, gli elementi potenzialmente interessanti del racconto vengono messi in ombra da una follia mai giustificata e poco coinvolgente.
L'idea alla base, dall'ottimo potenziale narrativo, viene così totalmente sprecata portando a un epilogo più surreale che drammatico.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • La prospettiva femminile a una storia già vista più volte sul piccolo e grande schermo aveva un ottimo potenziale narrativo.
  • Indira Varma dimostra il suo talento anche con un ruolo secondario e gestito male.
  • La breve durata della miniserie evita comunque la noia.

Cosa non va

  • La gestione dei protagonisti è poco attenta e superficiale.
  • Il feeling tra Richard Armitage e Charlie Murphy, anche nelle scene più esplicite, è poco credibile.
  • La storia scivola progressivamente nell'irrazionalità più totale senza nemmeno essere giustificata dall'ossessione che dà il titolo al progetto.