Come risvegliare la platea del Kodak Theatre e quella televisiva mondiale dal sonno certo, in una cerimonia di consegna degli Oscar che - fino a quel momento - aveva rispettato alla lettera i pronostici emersi dalla stagione dei premi? Con un colpo di teatro finale naturalmente, rappresentato dalla vittoria di Crash - contatto fisico come miglior film. Un verdetto inaspettato, se consideriamo che I segreti di Brokeback Mountain aveva vinto praticamente tutto, dal Leone d'oro a Venezia al Golden Globe, dal PGA al DGA. Ma già lo Screen Actors Guild Award assegnato al cast del film diretto da Paul Haggis poteva far intendere che l'aria stava cambiando.
La 78esima edizione degli Oscar verrà ricordata come quella della "parità scientifica": 3 statuette per il film di Ang Lee, che si è aggiudicato l'oscar per la regia, per la sceneggiatura non originale e per la musica di Gustavo Santaolalla (quasi una fotocopia delle vittorie ottenute da Il pianista di Roman Polanski nell'anno della vittoria di Chicago, con split film-regia a favore dell'autore di Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York); 3 statuette a Crash, che oltre a portarsi a casa il premio per la migliore sceneggiatura originale ha trionfato nella categoria più importante e nel montaggio (premio scandalosamente rubato a Michael Kahn di Munich). Ancora 3 Oscar tecnici per il potente King Kong di Peter Jackson (migliori effetti speciali visivi, effetti sonori e sonoro) e tre riconoscimenti al sopravvalutato Memorie di una geisha di Rob Marshall, che ha conquistato il massimo riconoscimento nei costumi, nelle scenografie e nella fotografia (altro premio sconsiderato, se pensiamo al lavoro di The New World o alla fotografia di Brokeback Mountain). Rimangono a quota 1, i film esaltati dalle performance attoriali: come previsto hanno trionfato Reese Witherspoon per Quando l'amore brucia l'anima - Walk The Line, Philip Seymour Hoffman per il suo ritratto spietato e doloroso di Truman Capote nell'omonimo film di Bennett Miller; Rachel Weisz per The Constant Gardener e George Clooney per il suo ruolo di non protagonista nel thriller politico Syriana.
E proprio l'attore-cineasta, da uomo intelligente qual è, ha capito l'antifona della serata, comprendendo immediatamente come la sua vittoria rappresentasse in fondo una sorta di contentino per la mancata considerazione del suo secondo film da regista, lo scomodo Good Night, and Good Luck, che di fatti non ha ricevuto menzioni sulle sei candidature che aveva a disposizione. Le pellicole di impegno e di denuncia sono state bellamente ignorate dall'Academy: quasi insultante la decisione di snobbare totalmente un film spiazzante come Munich di Steven Spielberg, anche perché - per chi vi scrive - era l'unico che poteva strappare i premi di miglior film e regia ad Ang Lee e al suo film. Se per molti commentatori l'exploit di Crash identifica un segnale di coraggio da parte dell'Academy, sempre chi vi scrive ritiene che invece nel complesso le scelte siano state ancora una volta improntate al conservatorismo. Lo dimostrano anche i filmati presentati nel corso dell'evento, che hanno reso omaggio alla storia e al linguaggio del cinema hollywoodiano, al genere noir (introdotto da Lauren Bacall) e al biopic (il biographical picture tornato in voga negli ultimi anni), così come al gigantismo dello schermo cinematografico, che ha fatto la fortuna dei grandi classici e dei grandi blockbuster made in Usa.
La serata condotta da Jon Stewart si è rivelata decisamente migliore di quella dell'anno scorso, presentata da Chris Rock. Il comico televisivo ha condotto con humour e ironia, non lesinando frecciate taglienti all'amministrazione Bush (Stuart ha proposto di abbattere l'imponente striscione con l'Oscar per riportare la democrazia al Kodak Theatre!) e riferimenti alla tematica gay de I segreti di Brokeback Mountain, evidenziata da un rvm rivelatore, che ha svelato allusioni omosessuali nei classici western del passato.
E se l'Italia è rimasta a bocca asciutta - La bestia nel cuore ha dovuto infatti inchinarsi al sudafricano Il suo nome è Tsotsi- Robert Altman ha finalmente ricevuto il suo oscar alla carriera, a coronamento di uno splendido percorso professionale, costellato di capolavori quali Nashville, MASH, America oggi, I protagonisti. Emozionato ed emozionante nel suo discorso di ringraziamento, Altman ha così commentato il suo lavoro di cineasta: "Fare un film è come costruire un castello di sabbia sulla spiaggia, invitare gli amici a costruirlo insieme e vederlo portare via dalle onde dell'oceano. Ho costruito almeno 40 castelli nella mia vita e non mi sono ancora stancato. Sono fortunato", ha aggiunto Altman, "nella mia carriera non ho mai dovuto dirigere un film che non abbia scelto o sviluppato io. Io amo il cinema, mi ha dato accesso al mondo e alla condizione dell'umanità. Per questo gliene sarò sempre grato".
Commovente il momento in cui, ricordando la famiglia e in particolare la moglie, il grande regista americano ha raccontato di aver subito un trapianto di cuore dieci anni fa da una donna che non doveva raggiungere i quarant'anni di età. Forse è questo il segreto della sua passione e tenacia. Ed è per questo che Robert Altman si augura, avendo un cuore ancora così giovane, di avere davanti almeno altri quarant'anni di vita e di attività. Noi siamo i primi ad augurarglielo.