Nowhere di Albert Pintò dimostra l'ottimo stato di salute del cinema spagnolo di genere. C'è una visione, c'è una costruzione, ci sono degli intenti notevoli, funzionali alle storie narrate e quanto mai vicine ai gusti del pubblico (quello streaming, in particolare). Poi, potremmo certo discutere di un'eccessiva carica, di alcune discutibili trovate, di un generale effetto cliché, tuttavia nevralgico se lo schema in questione è quello classico dei survival movies, che pretende regole chiare e statiche, visto il contesto bloccato e fermo.
A proposito: se l'approccio al survival movie è di quelli tipici, è proprio il contesto che cambia totalmente volto, diventando materiale cinematografico che il bravo Pintò rivede senza esclusione di colpi, e puntando sul principio puro dell'empatia. Soprattutto, senza escludere l'effetto drammatico, preponderante ed esplosivo. Già perché Nowhere, disponibile su Netflix, è sì un survival thriller, ma è anche una storia profondamente drammatica, che non rinuncia ad una certa crudezza, in particolar modo nell'incipit, folgorante e spiazzante per la brutalità con cui viene immaginato.
Nowhere, la trama: una sopravvivenza disperata
Dicevamo, l'empatia: per uno strano cortocircuito, vorremmo quasi "skippare" in avanti la visione, trepidanti e preoccupati per la sorte della protagonista. Vorremmo anticipare il finale, scoprire che sorte avrà, se riuscirà a sopravvivere. Come scritto all'inizio della recensione, Nowhere inizia praticamente in medias res: in un futuro distopico ci troviamo in un imprecisato angolo del mondo, represso da una dittatura violenta. Molti tentano di scappare, in pochi ci riescono. Tra essi Mia (Anna Castillo), incinta all'ottavo mese, e Nico (Tamar Novas), suo compagno. La regia di Albert Pintò ci porta dentro l'azione, optando per la macchina a mano, per le inquadrature strette. Il clima è subito asfissiante, e Nowhere parte come meglio non potrebbe.
Mia e Nico, però, vengono separati in due camion diversi, che li portano al porto, dove verranno caricati e stipati nei container. Divisi, e in contatto tramite un telefono dalla batteria quasi scarica, Mia si ritrova in un container con altre donne. Prima di partire, il carico viene fermato per un'ispezione dai soldati del regime. Le clandestine vengono eliminate (scena shock), ma Mia riesce a salvarsi. Il film inizia qui: salpata, la nave cargo in balia di una tempesta perde il container nel quale si trova la protagonista. Galleggiando in mezzo al nulla, la donna dovrà lottare per sopravvivere. In più, c'è la bambina che scalcia nella pancia...
Quando piove, diluvia
La forza di Nowhere è, dunque, mischiare i toni: seguendo senza abbandonare il tracciato drammatico (i primi quindici minuti lasciano il segno), la sceneggiatura firmata da Indiana Lista, Ernest Riera, Seanne Winslow e Teresa de Rosendo (si, in parecchi) miscela il distopico, il thriller e il survival, facendoci prendere parte agli incubi vividi di un'ottima protagonista, che si ritrova letteralmente dalla padella alla brace (Nowhere segue tra l'altro la più famosa Legge di Murphy: quando piove, diluvia). Per Mia sentiamo un attaccamento, proviamo a spronarla, tifiamo per lei.
Vorremmo balzare direttamente al finale, andando veloci all'epilogo - anche perché alcune svolte e alcune chiavi visive, nella parte centrale, sfiorano il ridicolo dello scult -, ritrovandola magari sana e salva. Ciononostante, la tensione generale non si sfilaccia, portandoci ad una visione attiva e mai passiva, anche se consumata nel comfort di un divano. Vero è, avremmo voluto sapere di più sul contesto distopico, ma il film di Albert Pintò sembra costruito tanto per intrattenere quanto per impressionare, sottolineando prima la fragilità e poi la fermezza di Mia - sorretta da una brava Anna Castillo - disposta a tutto pur di sopravvivere. Chiaro, niente di memorabile, ma sorprendente nella sua messa in scena e nel suo linguaggio coraggiosamente maturo.
Conclusioni
Come scritto nella recensione, Nowhere è un survival movie che funziona. Funziona perché l'aspetto drammatico, preponderante, nasconde i cliché del genere, nonostante alcune trovate sbrigative e nonostante alcune scelte visive al limite dello scult. Buon ritmo e un ottimo incipit, estremamente crudo, rendono il film spagnolo una sorpresa.
Perché ci piace
- Una buona messa in scena.
- Ottimo ritmo.
- L'incipit.
- L'aspetto drammatico.
Cosa non va
- Alcune scelte superficiali.
- Alcune risoluzioni sbrigative.