"Guardare fuori dalla finestra, sempre" Con questa massima di Furio Scarpelli, un insegnamento da scolpire nella pietra per chiunque voglia fare lo sceneggiatore, il regista, l'artista in generale, si chiude Notti magiche di Paolo Virzì che è stato il film di chiusura, come evento speciale, della Festa del Cinema di Roma, ed è in uscita nelle nostre sale l'8 novembre. Dal titolo avrete intuito che si svolge durante i Mondiali del 1990, a Roma. Ma dalle parole con cui abbiamo aperto avrete anche capito che l'ultima fatica di Virzì - qui potete leggere la nostra recensione di Notti magiche - è soprattutto un film sul cinema, sull'arte di raccontare, sulla passione per qualcosa che ci fa accettare di tutto pur di realizzare ciò che amiamo. Notti magiche racconta la storia di tre ragazzi, tre giovani sceneggiatori (Mauro Lamantia, Giovanni Toscano e Irene Vetere), che arrivano a Roma nel giugno del 1990, e che vengono trascinati prima in un tourbillon di visite da produttori e cineasti, e poi coinvolti in un omicidio.
Proprio la notte della semifinale Italia-Argentina, infatti, nel Tevere precipita una macchina con dentro il cadavere di un famoso produttore (Giancarlo Giannini). I tre, che avevano passato la serata con lui, sono fra i primi sospettati. Ma anche la trama thriller, come l'ambientazione dei Mondiali, è un pretesto per raccontare qualcos'altro. "Una stagione emozionante che ci era rimasta dentro, a me e a quelli che erano i miei complici nel confezionare il copione, Francesca Archibugi e Francesco Piccolo" spiega Virzì. "Era rimasta nei racconti che continuavano ad alimentare per anni le nostre conversazioni. Francesco Piccolo mi ricordava che avevo detto di voler fare questo film nel momento della cerimonia con cui abbiamo salutato Ettore Scola. Con Francesca e Francesco abbiamo provato a usare questo materiale con spregiudicatezza, per fare un racconto e che riflettesse su cosa vuole dire narrare, fare un film, che cosa sia guardare la vita e trasformarla in un film". Nel cast, ricchissimo, ci sono anche Roberto Herlitzka, Paolo Bonacelli, Ornella Muti, Andrea Roncato e Regina Orioli.
Leggi anche: Da Ella & John a Tutti I Santi Giorni: Le pazze gioie di Paolo Virzì
Notti magiche, Roma e la fine dell'innocenza
È inevitabile, guardando Notti magiche, fare un confronto tra quell'Italia, quegli anni Ottanta e quella Prima Repubblica che stavano per finire, con questa, che sembra distante anni luce. "Quella era una Roma caotica, fuligginosa, tenebrosa, piena di cose pericolose e licenziose che a me eccitavano" rievoca Virzì. "Piazza del Popolo e Piazza Navona erano dei grandi parcheggi, Roma era sporca, corrotta ma per me era bellissima. Mi sembrava la Parigi di Balzac. Sono 33 anni che ho modo di osservare da vicino questa città, ho visto Roma migliorare dal punto di vista urbanistico, ho visto arrivare i soldi del Giubileo, le ztl, momenti in cui si scoraggiava l'uso dell'automobile, si coloravano le facciate dei palazzi, forse un po' troppo... erano tutti color gelato alla crema. Ora c'è moto rancore, immaturità. Forse è cambiata la mia sensibilità. Quel paese lì, quella classe dirigente di trent'anni fa era qualcosa da criticare e superare: il ministro ballerino, il segretario che assegnava puntate televisive, tutto era un po' diverso rispetto allo sgomento di oggi. Oggi c'è un'altra ferocia, è la fine dell'innocenza, di quello sguardo devoto che i ragazzi avevano, in una stagione in cui sembra prevalere più che altro il disprezzo".
Pinocchio e Geppetto
Ci si chiede anche se il film di Paolo Virzì voglia lanciare un messaggio al cinema di oggi. "Non lo so" risponde il regista. "Una volta che giochiamo a raccontare delle storie siamo come dei "Geppetti": i nostri burattini prendono vita e vanno per conto loro. Non abbiamo fatto altro che assecondare le loro pulsioni, vederli seguire il loro destino. Non è per forza una metafora, un messaggio. Scrivere è ascoltare i personaggi, guardare fuori dalla finestra. Non è una lectio sull'Italia, sul cinema. Questi temi ci sono: il cinema, la mitologia del mondo dell'arte visto dagli outsider, il ritratto umoristico di tanti personaggi di quell'era fatto da tanti attori esperti. O ritratti laterali che raccontano questa Italia maschile e questo cinema maschile. Come quello della soubrette di Indietro tutta, con le sue modalità affettive da paese arretrato. Raccontiamo questa civiltà di rapporti maschilisti, e la ribellione verso questo mondo di maschi".
Leggi anche: Virzì su Ella & John: "I grandi amori che durano una vita sono fatti di ombre e sfide"
Francesca Archibugi e Francesco Piccolo, sceneggiatori che raccontano gli sceneggiatori
Notti magiche viaggia dentro un lavoro spesso sottovalutato, ma solo da chi non conosce il cinema, quello dello sceneggiatore. È naturale chiedere allora agli sceneggiatori Francesco Piccolo e Francesca Archibugi, quanto sia difficile, in fase di scrittura, domare qualcosa di così vicino alla propria esperienza. "Ci siamo divertiti molto, forse abbiamo fatto questo lavoro in maniera irresponsabile" risponde Francesco Piccolo. "Abbiamo provato a raccontare qualcosa che conoscevamo per esperienza diretta o perché quei ragazzi un po' ci ricordavano noi quando abbiamo cominciato. Abbiamo scritto con divertimento, e con il tentativo non rendere sacro quello che ci affascinava. Ogni storia va affrontata stesso modo. Quello che c'era di diverso è che questa era piena di racconti, di aneddoti che ci facevano tra noi". "Rivedendo il film con questi toni narrativi di Paolo, che racconta la realtà in scala uno a uno e mezzo, cioè più grande di quello che è, ho capito che la cosa bella è che abbiamo raccontato questa storia a chi non c'era. Il film potrebbe anche risultare indigesto a chi ha vissuto quegli anni; ma per tutti quelli che non li hanno vissuti abbiamo rievocato queste cose proprio per farne un racconto".
Quelle volte da Dino Risi e da Sergio Leone
Quello che ne viene fuori è un mondo non proprio idilliaco, ma un po' cialtrone, un po' corrotto. "Dal momento in cui siamo sempre riverenti verso a storia del nostro grande cinema, qui ci siamo presi una libertà impertinente, anche quella di canzonare" spiega Virzì. "Abbiamo scoperto la natura umana, la stanchezza, il disincanto, la disperazione, la volgarità di questi personaggi. Queste cose a me piacevano tantissimo. Dei racconti di quei giorni ne abbiamo risparmiati tanti. Come quello di Dino Risi che si divertiva a massacrare tutto quello che io amavo, quando andavo da lui. O le storie di quando andavo a scrivere da Sergio Leone: una volta mi inseguirono anche dei cani e mi morsero, e poi arrivava il Maestro, scendeva le scale con un caftano, e con dei vassoi di frutta secca che voleva tutti per sé, io una volta presi una cosa da quei vassoi e lui mi diede una botta sulla mano... questo film è la natura delle cose, il mito del cinema italiano, raccontato da chi lo ama e lo prende in giro. Che poi è quello che ci hanno insegnato loro".
Leggi anche: Paolo Virzì racconta il suo film made in USA: "Ho cercato l'Aurelia sulla Route 66"
Irene Vetere, Mauro Lamantia e Giovanni Toscano protagonisti di 'un film in costume'
E chi quegli anni non li ha vissuti cosa ne pensa? I giovani attori che si calano in quel mondo nel 1990 erano appena nati o non lo erano neppure. "Il 1990 è l'anno della mia nascita e questo film è una sorta di viaggio nel tempo" racconta Mauro Lamantia. "La prima cosa che sono andato a vedermi è stata la cerimonia di apertura dei Mondiali, mi chiedevo come potessero tutti vestirsi così. Conoscere questo cinema tramite un progetto raccontato in questo modo, in cui ci sono i miti di chi ama il cinema, è stato esaltante". "È stata usata la parola cattivo, che non è esatta per raccontare il mondo che abbiamo mostrato nel film" interviene Irene Vetere. "È più una disperazione. Abbiamo visto un mondo disperato, che non è quello che viviamo noi da attori nel 2018. Il mondo che abbiamo trovato noi è un mondo accogliente e protettivo, non ci è stato fatto nessun torto". "Non ho vissuto quegli anni, sono nato nel 1996: per noi era questo era quasi un film in costume" racconta Giovanni Toscano. "Sentendo i racconti di Paolo mi dispiace non aver vissuto quegli anni, non aver avuto accanto uno Scarpelli, queste figure di riferimento ci mancano. Devi essere bravo, appena vedi qualcosa che luccica, a prendergli un po' tutto il possibile. Mi piacerebbe avere un maestro che mi accompagni. Magari sarà Paolo". "Nel 1990 io c'ero, quando sono arrivata a Roma ho trovato tanti punti in comune con questa storia" racconta Marina Rocco, che nel film è l'amante di Saponaro. "In tanti di questi sentimenti, relazioni, frustrazioni io riconosco qualcosa di mio, ho sentito che mi è stato raccontato qualcosa che mi apparteneva. Ho lavorato con Virzì. È stato come aver accumulato dei punti e aver ricevuto un regalo a casa".
Lo stato del cinema italiano oggi
È inevitabile che arrivi anche la domanda sullo stato del cinema italiano. I dati, da agosto a oggi, ci dicono che la quota di mercato italiana, tra gli incassi totali, è del 6%. La risposta di Paolo Virzì è molto intelligente, e ci riporta proprio a quel 1985 quando arrivò a Roma. "Già nel 1985 si diceva che il cinema italiano era morto, che era finito" spiega Virzì. "Non era ancora emersa la nuova generazione di autori. Le sale chiudevano. C'erano le tv commerciali, in sala c'erano solo prodotti stranieri. È interessante sentire questa cosa 33 anni dopo come una novità. La morte e la resurrezione del cinema italiano hanno accompagnato la nostra vita. Allora cominciare il mestiere del cinema voleva dire entrare nelle grazie di un maestro che ti faceva accedere al set. Mi sembra che la situazione oggi sia più dinamica: vedo tanti giovani, come i Fratelli d'Innocenzo, ogni anno ci sono quattro-cinque film di esordienti. Una volta i film dei giovani non c'erano. Questo tema si ripropone ciclicamente e mi piace provare a ribaltarlo. Nel 1985 non c'era modo di vedere un film se non in sala. Il cinema oggi lo vediamo ovunque, anche sul telefonino. E questa cosa va vista in modo positivo, come una moltiplicazione. E forse questa stagione, tra qualche anno, la commenteremo in modo diverso".