Al festival di Cannes di quest'anno 2022, un film norvegese dal titolo Sick of myself narrava il lento processo autolesionista che una ragazza bella, brillante e dal grande potenziale, infliggeva a se stessa sfigurandosi nel corpo e nella mente, guidata dal desiderio costante e irrisolto di essere notata, amata, guardata, ammirata. Torna alla mente questo film mentre ci accingiamo a scrivere la recensione di Not Okay, diretto dalla 27enne Quinn Shephard alla sua opera prima, su Disney+ come uno Star Original, dal 29 luglio. Quanto quella stessa disperata e a volte malata voglia di essere riconosciuti come qualcuno meritevole di attenzione e amore può spingerci in basso, alienarci e fare danni nell'era dei social, quando ogni nostra azione se promossa nel modo giusto ha la capacità di propagarsi e diffondersi con forza propulsiva senza limiti o confini? Not Okay prova a rispondere con l'arco involutivo, satirico e dallo humour nero di Denni Sanders (Zoey Deutch), photoeditor, aspirante giornalista, che arriva ad inventarsi di essere stata effettivamente coivolta in un attentato terroristico durante un viaggio a Parigi (città da lei visitata solo attraverso un buon uso di Photoshop) per ottenere finalmente l'attenzione desiderata. La commedia americana indipendente ci ha abituato a questo tipo di film, intelligente, con un linguaggio svelto e risolutivo e Zoey Deutch è la perfetta protagonista per il compito. Tutto sembra portarci verso un divertente e catartico arco narrativo e redentivo per Danni, percorso che non farebbe certo distinguere il film dagli altri del genere, ma è nella sua seconda parte che Not Okay ci sorprende positivamente, accogliendo il dramma sotto forma di personaggi che i traumi li hanno veramente vissuti, tra cui l'adolescente afroamericana attivista Rowan che Danni incontra mentre finge il coinvolgimento negli attentati parigini. Messa davanti alla scelta se far redimere il suo personaggio, farci una lezione di morale oppure mostrarci come invece una vera soluzione alla deriva che stiamo tutti un po' prendendo, Shephard sceglie la seconda opzione, più legata alla realtà, silenziosa, amara. Not Okay abbandona, con lucida intuizione, del tutto la commedia e erige la Danni di Zoey Deutch a semplice, fallibile e anche un po' ottuso essere umano che non è né eroina né antieroina.
Deprecabile Danni
Quinn Shephard usa un disclaimer in bianco su nero, prima ancora dei titoli di testa, per mettere le mani avanti e solleticare l'attenzione dello spettatore sul tipo di storia che sta per raccontare: "Attenzione, nel film ci sono luci lampeggianti, si parla di traumi e di una protagonista deprecabile. Sconsigliato ai minori". A supportare questa dichiarazione di deprecabilità, Not Okay inizia apparentemente dalla fine, dall'ondata di insulti social che Danni sta ricevendo, che la paragonano addirittura ad Hitler. Ma cosa avrà mai fatto Danni per guadagnarsi tanto odio? Shepard, senza giudizio, dà subito voce a come la condotta di tutti noi viene ormai rielaborata dai social network, discussa e valutata da tutti, nessuno escluso, e ci presenta Danni, anzi, lascia che sia lei a presentarsi guardandoci dritto in faccia. "State attenti a cosa cazzo desiderate" ci dice. Questo momentaneo abbattimento di quarta parete, lo capiremo lungo il film, serve ad impostarci sulla protagonista, compatirla per poi oscillare, per tutto il film, tra compassione e stizza, in attesa di redenzione. Quel "deprecabile" con cui Not Okay la addita ci sta già influenzando e il disagio che ci accompagnerà per tutto il film, quando a tratti, e solo a tratti, Danni ci sembrerà solo una persona patetica e disperata ma non cattiva, è la prima e più giusta intuizione della neo-regista.
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L'innesco del trauma
Anche sui toni che assume, il film ci trae positivamente in inganno dal suo inizio e per una bella fetta della sua prima parte perché è con demenzialità e patetismo che assistiamo ai disperati tentativi di Danni per farsi notare, essere all'altezza della generazione social e intraprendente a cui appartiene, la Gen-Z o gli Zoomer, come lei stessa si definisce. Il suo mondo è piccolissimo, fatto di influencer altrettanto deprecabili, da cui vorrebbe attenzioni, primo fra tutti il sempre fumato Colin (Dylan O'Brien), da colleghi che la evitano come la peste e un uso smodato dello smartphone, apparentemente unica possibilità di affacciarsi là fuori. Quasi la compatiamo Danni quando decide di non dire la verità sul suo finto viaggio a Parigi e di portare la menzogna oltre il delirio confermando di essere scampata, per un pelo, alle bombe sulla capitale francese.
È con l'innesco però del trauma vero, quello di chi ancora combatte per superare la paura e il terrore dopo sparatorie, bombe, incidenti, rappresentate qui dall'adolescente afroamericana attivista e seguitissima sui social Rowan (Mia Isaac), incontrata da Danni durante la terapia di gruppo, che il film cambia registro. Dismette la commedia demenziale, la satira e diventa dramma. Le sparatorie a scuola come quelle a cui è scampata Rowan negli USA sono 250 l'anno, una cifra che viene urlata su un palco e fa rabbrividire. C'è veramente chi ormai non riesce più a rimanere impassibile e tranquillo dinanzi al rumore di un semplice petardo. Quinn Shephard non scherza più e neanche il suo film e anche Danni, che in Rowan paradossalmente ha trovato un'amica, se ne rende conto. Troppo tardi.
Sbagliando si impara?
Not Okay è diviso in capitoli, a definire il percorso di involuzione, come lo abbiamo definito a inizio recensione, della nostra protagonista. Se ne rende conto anche Danni, nei capitoli finali, che la sua storia, probabilmente, non servirà di lezione a lei e nemmeno a chi guarda. La riflessione infatti più lucida a cui ci porta l'opera prima di Quinn Shephard è che "Sbagliando si impara" non è una cosa certa. Nella vita reale non va come nelle commedie romantiche dove il protagonista fa pubblica ammenda e viene perdonato.
Certi errori sono troppo grandi o semplicemente non tutti possono essere, per citare il film, il personaggio principale nella realtà di chi gli sta intorno. Not Okay non si sottrae neanche ad una critica, speriamo costruttiva, dei social e della tendenza di tutti ormai, a chiedere scusa delle proprie miserabili azioni o frasi infime, in maniera virtuale e non vis a vis. Questo è il segno della perdita di contatto con se stessi e con gli altri. Shepard lo sottolinea e sceglie di negare alla sua Danni un'evoluzione. C'è chi va avanti, sbaglia, si vergogna, cade e si rialza e chi è destinato a non imparare mai dai propri errori e vivere una vita superficiale e bramosa di attenzioni, per sempre. È questa la lezione nella non lezione di Not Okay. Prendiamo e portiamo a casa.
Conclusioni
A fine recensione di Not Okay, opera prima di Quinn Shephard, Star Original su Disney+ con Zoey Deutch, sottolineiamo che è una lucida riflessione sull’effetto che possono avere i social network su chi ha una voglia patologica di essere amato, notato, compatito. Zoey Deutch si trasforma in bugiarda senza possibilità di redenzione e permette al film, attraverso di lei, di passare dalla commedia e satira al dramma e toccare riflessioni molto serie e amare sull’epoca che stiamo vivendo.
Perché ci piace
- Zoey Deutch è detestabile ma non troppo, perfetta per farsi anche un po’ amare.
- Il film parte dalla commedia e finisce nel dramma in maniera coerente e fluida.
- Imparte una lezione senza volerlo veramente fare e induce una riflessione sul modo in cui interagiamo tra noi.
Cosa non va
- Nella sua prima parte, tratta con superficialità la generazione che rappresenta.
- Butta l’amo per varie riflessioni e critiche ma non riesce a dare a tutte la giusta attenzione.