La tradizione horror italiana continua a essere alimentata da nuove leve che si affacciano nel panorama con produzioni innovative low budget. Stavolta tocca all'aretino Riccardo Paoletti, autore di Neverlake. Il Courmayeur Noir in Festival, da sempre attento a questo tipo di prodotti, concede a Paoletti e alla sua fiaba nera l'onore della Mezzanotte con un evento speciale da brivido. Per il suo Neverlake, ideato e prodotto con l'aiuto di Manuela Cacciamani e dello sceneggiatore Carlo Longo, Paoletti ha scelto un luogo pieno d'incanto e mistero che ben conosce, il Lago degli Idoli, location toscana nota per i numerosi rinvenimenti di reperti etruschi. Neverlake, prodotto per la serie dei Web Movies, lanciata da Rai Cinema nel 2012, è il racconto di un ritorno, quello di una sedicenne che riabbraccia il padre per scoprire a poco a poco che l'uomo nasconde misteriosi segreti riguardanti proprio il Lago. A svelarci i segreti de film sono proprio il regista Riccardo Paoletti e la produttrice Manuela Cacciamani.
Parlare di horror all'italiana nel caso di Neverlake è una definizione che sta un po' stretta. Come è nato il progetto?
Riccardo Paoletti: L'idea nasce dalla volontà di sfruttare una realtà storica. Abbiamo deciso di partire dalla leggenda etrusca in cui si parla del potere curativo del lago innestandovi una storia moderna, quella di un padre che vuole salvare la figlia. Più che un horror è una dark tale di tipo retroattivo. L'intenzione è quella non di spaventare sul momento, ma quella di far riflettere e di creare inquietudine nel lkungo termine.
Riccardo Paoletti: Siamo stati parchi, ma mirati. Tutto quello che vedete è realizzato in digitale. Se diamo l'impressione di non aver usato molti effetti vuol dire che abbiamo centrato il nostro obiettivo.
La Toscana che vediamo nel film è quasi irriconoscibile. Come hai scelto la location?
Riccardo Paoletti: Io sono di Arezzo, ma non è per questo che ho girato vicino a casa mia, nei pressi del Monte Falterona. Abbiamo cercato di dare un'idea di Toscana diversa dal solito. Il film deve esser fruibile all'estero, ma non volevamo creare il solito cliché da cartolina. Vedendoi boschi del film sul grande schermo, più che la Toscana sembrebbe il Canada.
Gli attori come sono stati selezionati?
Riccardo Paoletti: E' stato un processo lungo e interessante. I casting sono stati fatti in parte a Roma e in parte a Londra via Skype. Sembra un classico aneddoto da casting, ma la nostra protagonista, Daisy Keeping, era amica di una dei provinati. L'abbiamo trovata perfetta per il ruolo e le abbiamo proposto il lavoro. Un'altra delle interpreti era una mia compagna di classe con cui avevo studiato alla scuola superiore in America. L'ho vista per caso in un film horror. L'ho riconosciuta, l'ho contattata e lei ha accettato di venire in Italia. David Brandon è l'ultima persona che ho provinato a dieci giorni dall'inizio delle riprese. Dovevamo avere un nome più famoso, ma il nostro budget non ce lo permetteva, ma David è stato davvero straordinario e ci ha aiutato nella gestione degli attori.
Manuela Cacciamani: Sono ancora traumatizzata da questo casting avventuroso. Quando i budget cominciano a essere elevati arrivare all'ultimo minuto senza interpreti è pericoloso. Abbiamo avuto fortuna.
Manuela Cacciamani: Io avevo già prodotto un horror intitolato FairyTale, costato 170.000 euro. Rai Cinema mi ha chiesto di ripetere l'esperienza con un altro esordiente e io ho chiamato Riccardo, con cui avevo un'amicizia personale da tempo. Dopo due anni di collaborazione intensa, l'ho coinvolto in Neverlake. La scelta della Toscana è stata fatta a tavolino perché volevamo costruire un prodotto appetibile per il mercato estero. I primi a comprarlo sono stati gli americani e i tedeschi, che in quelle zone ci passano le vacanze. Io ho una mia compagnia che produce effetti digitali e si chiama Direct to Brain. Abbiamo realizzato tutto noi perché in molti casi ci conveniva più che realizzare gli effetti in maniera fisica.
Le scene subacquee sono molto suggestive.
Manuela Cacciamani: Sono state girate con gli stessi crismi con cui è stato girato Harry Potter. Abbiamo girato parte delle scene in acqua in una piscina per partorienti ad Arezzo, l'unica struttura abbastanza profonda. Gli attori sono stati straordinari. David Brandon è stato in apnea così tanto tempo perché Riccardo non gli dava lo stop. Era affascinato dalla sua recitazione. Anche Daisy si è tuffata in un lago vero con tre gradi fuori e ha sopportato tutti i disagi. Prima di girare ha confessato di soffrire di claustrofobia. Le abbiamo dovuto fare un training insieme a un sub.
Riccardo Paoletti: Le scene di superficie sono state realizzate in piscina. Per trasformarla in lago abbiamo usato il green screen. Credo che ormai gli effetti digitali debbano entrare nella grammatica di un regista moderno. Non devono più essere vissuti come la ciliegina sulla torta, ma essere messi al servizio di ogni opera là dove necessario.
E invece la citazione di Shelley che apre il film come è stata scelta?
Manuela Cacciamani: Abbiamo voluto usare Shelley perché era un inglese che aveva vissuto in Toscana, un altro aggancio con un elemento internazionale. Abbiamo ottenuto anche il patrocinio della società internazionale di Shelley. I temi della poesia usata ci aiutavano a raccontare la parte narrativa, perché nel poemetto in questione si parla di una pianta che marcisce, un po' come il padre del nostro film.