Courmayeur 2013: Regina Orioli e la sua Nuit Americhen

L'attrice scoperta da Virzì racconta la sua paura per gli horror e il rimpianto per la crisi del cinema italiano

A tenere a battesimo l'esordio cinematografico di Regina Orioli è stato Paolo Virzì, scegliendola per il giovane cast di Ovosodo. Da quel momento sono arrivate proposte da parte di Carlo Verdone (Gallo Cedrone), Alex Infascelli con Almost Blue e Gabriele Muccino per L'ultimo bacio. Ma le condizioni del cinema italiano cambiano velocemente riducendo possibilità produttive e le occasioni per partecipare a progetti d'interesse artistico. Per questo motivo, ospite del Courmayeur Noir in Festival per presentare il cortometraggio horror Nuit Americhen di Federico Greco, Regina parla dell'involuzione dell'ambiente, della povertà di occasioni ma anche di una passione che continua a vivere cercando nuove proposte e ambiti dove svilupparsi.

Con il corto horror Nuit Americhen sei diventata una scream queen. Come ti sei sentita in questo ruolo? Regina Orioli: Mi è piaciuto ironizzare su un certo modo di fare cinema, quello delle esagerazioni e degli eccessi. È buffo il fatto che io abbia un gran paura degli horror. Anzi, ho dei seri problemi. Considerate che mi hanno mandato il link del corto, l'ho visto di giorno, nella situazione tranquilla del mio salotto e alla fine mi sono dovuta fare una doccia per quanto avevo sudato.

GianMarco Tognazzi interpreta il ruolo di un regista pretenzioso ma che non ha molti contenuti. Vi siete ispirati a qualcuno in particolare? Regina Orioli: Guarda, Gianmarco ha fatto un nome preciso che, naturalmente, ho dimenticato perché dimentico sempre tutto. Però ci siamo ispirati anche ad altri. Non ce ne sono pochi di questo genere.

Come sei stata coinvolta nel progetto? Regina Orioli: Federico Greco, il regista, aveva pensato questo progetto per una attrice specifica che ad un certo punto ha avuto un problema e ha abbandonato. Il mio coinvolgimento ha fatto sì che anche l'intenzione della storia e della protagonista cambiasse. Avere un'attrice giovane avrebbe reso diverso il livello di saturazione nei confronti del regista, ad esempio. Sicuramente era più interessante raccontare il percorso di un'attrice che si è rotta le scatole di fronte alla situazione cialtrona di un certo cinema. Inoltre abbiamo avuto il tempo di fare una ricerca sui movimenti scenici di combattimento, che mi mettevano un po' di ansia. Credo di aver fatto una figura dignitosa e non quella della gallina impazzita.

Durante la tua carriera ti sei mai trovata a dover affrontare un'esperienza con registi particolari come quello interpretato da Tognazzi? Regina Orioli: A volte mi è sembrato di vivere situazioni incredibilmente simili a quelle della serie Boris. Come, ad esempio, avere un attrezzista dietro che ti fa una battuta a doppio senso mentre dovresti interpretare la vedova martoriata. Quello che mii stupisce, comunque, è l'assenza di una coscienza da parte di tante persone che fanno questo lavoro come se non ci fosse un prima e un dopo.

In questi anni hai riscontrato un cambiamento del livello artistico della cinema italiano? Regina Orioli: Assolutamente sì. Ho cominciato a lavorare a diciotto anni e per dieci ho fatto un film all'anno confrontandomi con registi come Virzì e Verdone. Benzina, però, è stato uno spartiacque importante. Si trattava di un'opera prima diretta da una donna e con tematica gay. La storia mi ha coinvolto molto e sono rimasta stupita da quanta opposizione ha ricevuto all'uscita in sala. Da quel momento ho cominciato a confrontarmi con gente che ha voglia di fare cose molto diverse ma il numero dei cialtroni è proporzionale. Come riuscire a identificare i mitomani dell'ambiente? Ancora non lo so e per questo forse mi sono trovata in condizioni allucinanti.

Hai mai pensato di andare fuori e esplorare altre realtà artistiche? Regina Orioli: Ho provato a vivere a New York ma il fatto di andare tanto lontano dalla mia famiglia mi ha lasciato dubbiosa. Mi piace l'idea di frequentare la mia famiglia e crescere insieme a loro. Inoltre credo che ormai ci sia anche una certa mitologia intorno all'andare via. In realtà apprezzo di più l'idea di rimanere e provare a cambiare le cose da dentro. Adesso, ad esempio, sto facendo teatro. Si tratta di una realtà underground ma è anche qualcosa che mi fa star bene la sera alla fine della giornata.

In questo momento con quale autore vorresti lavorare? Regina Orioli: Mi piacerebbe lavorare con Bernardo Bertolucci, senza nessun dubbio. Nel suo sguardo ritrovo l'amore per i personaggi. Andando al di sopra di qualsiasi giudizio li rende belli raccontando la loro umanità.

Guardando indietro al passato come li giudichi il percorso fatto fino a questo punto? Regina Orioli: Ora il mio sguardo è diventato più accogliente. Da ragazzina tendevo a criticare di più. Quando facevamo Ovosodo sembravamo veramente l'armata Brancaleone e non ci rendevamo conto di quello che stavamo realizzando. Lo abbiamo fatto con quella stupidità da adolescenti in cui ti sembra di poter essere meglio degli altri. Io ho conosciuto un ambiente che non ora non esiste più e ce ne dobbiamo fare una ragione. Tornare indietro è impossibile a questo punto, mentre il futuro il futuro si dirige verso una fruizione diversa che potrebbe farci superare le difficoltà.