NapoliFilmFestival: incontro con Matt Dillon

L'attore, a Napoli per la serata conclusiva dell'edizione 2009 del festival, si è raccontato alla stampa partenopea.

Sarà Matt Dillon il protagonista della serata conclusiva dell'edizione 2009 del NapoliFilmFestival, ospite della serata d'onore che lo vedrà al cospetto del pubblico partenopeo alle 21 nell'auditorium del Castel Sant'Elmo per una conversazione sulla sua carriera dagli esordi con Francis Ford Coppola ne I ragazzi della 56esima strada alla nomination all'Oscar come miglior attore non protagonista nel 2005 per Crash - Contatto fisico. Con Dillon, sul palco di Castel Sant'Elmo, Antonio Monda, giornalista e docente di cinema alla New York University che ripercorrerà le tappe della sua vita artistica attraverso alcune clip.
Un incontro che sarà seguito dalla proiezione del suo esordio come autore completo: City of Ghosts, film che l'ha visto nella molteplice veste di protagonista, sceneggiatore e regista nel 2002.
In attesa di presentarsi al cospetto del pubblico di Napoli, l'attore newyorkese ha incontrato la stampa locale nell'elegante cornice dell'hotel Excelsior.

Signor Dillon, sta preparando un altro film da regista?

Matt Dillon: E' singolare questa domanda, perchè anche se presento City of Ghosts qui a Napoli, si tratta di un film vecchio ed è il mio unico da regista, un film che spesso non sanno nemmeno che ho diretto e mi fa piacere che lo conosciate. Al momento sto lavorando a diversi progetti, ma è un lavoro lungo, difficile, anche perchè sono un perfezionista e non è facile decidere in che modo raccontare una storia. Di uno di questi progetti, per esempio, ho scritto già diverse bozze e non so scegliere quale sia la formula giusta, così l'ho accantonato per un periodo per capire a mente lucida.

Intanto ho il lavoro da attore ed è una benedizione, perchè mi consente di mantenermi attivo e guadagnare, così posso permettermi di realizzare da regista qualcosa che mi soddisfi completamente, senza la fretta di dover realizzare il film a tutti i costi. In fondo non è diverso da tanti altri registi che dopo l'opera prima hanno aspettato l'occasione giusta per realizzare un secondo film.
Intanto però ho realizzato un corto sul Sudan del Sud, che sta vivendo una situazione complessa che è stata in parte oscurata da quello che accade nel Darfur. Lavorare a questo corto mi ha fatto aumentare la voglia di tornare dietro la macchina da presa.

Quanto alla sua carriera da attore, cosa c'è in cantiere?

Matt Dillon: Ho un nuovo film in uscita in USA a settembre, Armored. E' un film che ho girato un anno fa con Laurence Fishburne e Jean Reno, diretto da Nimród Antal, un regista ungherese il cui nome vi dirà poco, ma di cui sono sicuro che sentiremo parlare molto. Ha fatto alcuni anni fa nel suo paese un bel film intitolato Kontroll.
Armored si può dire che sia un territorio nuovo per me, perchè è un film d'azione, diverso da quelli a cui ho lavorato in passato. Ha un buon cast e dei bei personaggi, anche se si tratta di un action movie; possiamo considerarlo un film corale, un po' vecchio stile, e mi piace molto il mio personaggio, molto complesso e con molte sfumature che però vengono rivelate dalla trama, quindi non posso anticiparle. E' stata una bella esperienza perchè amo il lavoro di squadra; è chiaro che in questi casi ci sono ruoli più o meno importanti, ma in un lavoro corale tutti diventano significativi, anche con una parte meno estesa.
Oltre a questo, ho lavorato ad Old Dogs, una commedia con John Travolta e Robin Williams in cui ho solo un piccolo ruolo, quasi un cameo. Ma è stata un'esperienza molto piacevole e divertente.

Lei ha avuto successo con dei film diretti da Francis Ford Coppola, in che modo questo autore ha influenzato il suo stile da regista? Ci sono altri autori a cui si ispira?

Matt Dillon: Nel mio stile da regista, ed in City of Ghosts in particolare, confluiscono tutte le mie esperienze precedenti, quindi tutti i registi con cui ho lavorato nel corso dei miei quaranta film, dai più celebri come lo stesso Coppola o Gus Van Sant, ma anche tutti gli autori meno esperti. Tutti quelli con cui ho lavorato, quindi, hanno influito sul mio modo di fare cinema e non sarebbe corretto fare un riferimento diretto con un solo autore, anche perchè molto ha aiutato anche la mia carriera d'attore, che mi ha dato anche l'esperienza di sapere cosa funziona e cosa no ed il saper impostare il rapporto con i miei attori. Da questo punto di vista avevo sicuramente dei vantaggi rispetto ad altri registi al loro primo film che non aveva la mia esperienza sul campo.

City of Ghosts si può considerare un viaggio nell'inferno della Cambogia?

Matt Dillon: Sì, direi di sì, capisco questo punto di vista. Il film è stato una parte importante della mia vita, considerando anche il tempo dedicatogli tra scrittura e riprese, ma molti non sanno neanche che ne ho diretto uno. Rispecchia la Cambogia di quando è stato scritto, quindi quella degli anni '90, un paese molto diverso da quello attuale, che continua a cambiare, che addirittura cambiava anche sotto i nostri occhi durante le riprese. C'era un clima di illegalità diffusa e nella storia è il luogo scelto da due uomini che si rifugiano lì. Credo di aver catturato un determinato momento della storia del paese.
E pensate che mentre lo scrivevo in pochi erano a conoscenza della situazione del paese e molti mi chiedevano "perchè vuoi fare un film sulla Cambogia?". E quelle stesse persone ora mi dicono "ci sei mai stato in Cambogia? Ci sono stato in vacanza, è un posto bellissimo!" Ha visto qualcosa di cinema italiano recentemente?

Matt Dillon: Vorrei vedere Gomorra, ma non ho ancora potuto; se ne sente parlare benissimo da tutti ed è ancora nelle sale a New York. Purtroppo non ho visto molto recentemente, ma non solo di cinema italiano, perchè sono stato impegnato nella scrittura e poi sono stato in Africa per il corto che ho citato prima. Ci sono stato anche perchè faccio parte del comitato di Refugees International e dovevo valutare la situazione dopo il trattato di pace in Susan, così ho girato del materiale in un paio di giorni e l'ho montato in un mese.
Per questo sono colpevole di aver visto ben poco ultimamente, ma è indubbio che tanti autori italiani del passato siano dei maestri anche per me, De Sica, Antonioni, Fellini: degli eroi. Se penso al cinema italiano, non posso non pensare a loro. Sono sicuro che ce ne siano di bravi anche oggi, ma non li conosco; d'altra parte per me è sempre così: anche se in USA mi chiedono dei miei film preferiti guardo al passato, a John Houston, Samuel Fuller... Allo stesso modo se mi chiedete di film italiani, la mia mente va a Ladri di biciclette, Rocco e i suoi fratelli e Fellini, un autore che ha influenzato anche me oltre che tutta la generazione successiva alla sua. Ha aperto delle porte, ha mostrato che i film possono essere come sogni, lanciando un nuovo concetto di cinema visonario, che ha influenzato anche gente come Coppola, Spielberg e Lynch.

Lei è stato definito un'icona del lato oscuro. Ci si riconosce?

Matt Dillon: Capisco che si possa vedere un lato oscuro nei miei personaggi. In passato, da giovane attore, credevo di poter essere completamente responsabile dei miei lavori, ma col tempo e soprattutto dopo aver fatto il regista, mi sono reso conto che è lui il vero ed unico autore e responsabile del film. Quindi anche la mia immagine non dipendeva esclusivamente da me.
Anche per questo ho voluto dirigere, per fare qualcosa per me, per mettermi in gioco, spinto appunto dal mio lato oscuro. Avevo molte idee, molto domande, e ogni domanda è una motivazione per raccontare una storia, mentre il film completo è la risposta a quella domanda.
City of Ghost nasceva dal desiderio di prendere una posizione e girarlo è stata una bellissima avventura. Ha la forma di un giallo/thriller, ma è la storia di un uomo che cambia, che rappresenta me in quel momento della mia vita.