Guy Ritchie, ora che (ri)scoperto la serialità con The Gentlemen - di cui tra l'altro è appena entrata in produzione la seconda stagione per Netflix - non la vuole più lasciar andare. Oltre alla prossima Young Sherlock su Prime Video, dal 30 maggio su Paramount+ arriva MobLand, che si inserisce perfettamente nelle tipiche storie crime del sottobosco british e, per fortuna, non perde il piglio dell'azione come successo al suo recente film Fountain of Truth.
MobLand: una famiglia come tutte le altre... o quasi

Al centro della serie Paramount+ ci sono gli Harrigan, un potente nucleo criminale che tiene banco nella Londra contemporanea. I capifamiglia sono Conrad (Pierce Brosnan) e Maeve (Helen Mirren), spietati e affiatati con due figli: Brendan (Daniel Betts) e Kevin (Paddy Considine), che a propria a volta è sposato con Bella (Lara Pulver) e ha un figlio ribelle, Eddie (Anson Boon). Conrad ha anche una figlia illegittima, Seraphina (Mandeep Dhillon), la sua preferita e che la moglie non può vedere.
Il loro impero vacilla quando si forma un possibile vuoto di potere a causa della sparizione di Tommy (Felix Edwards), figlio di un'altra famiglia criminale del Sud di Londra, gli Stevenson, l'irascibile Richie (Geoff Bell) e Vron (Annie Cooper). La sconvolgente verità dietro questo fattaccio darà il via ad una serie di rappresaglie e ad una possibile rivoluzione criminale. Agli Harrigan non resta che chiamare il loro problem solver, ovvero Harry De Souza (Tom Hardy), che a propria volta deve risolvere la crisi matrimoniale con la moglie Jan (Joanne Froggatt) e la figlia adolescente Gina (Teddie Allen).
Caos ordinato, à là Guy Ritchie

Se vi sentite un po' disorientati dai tanti personaggi - e gradi di parentela - che vi abbiamo presentato, non disperate. È tutto normale dai primi episodi che abbiamo potuto vedere in anteprima e che entrano dritti nel cuore dell'azione, sbobinando via via la complicata matassa. Il cast è stellare è il valore aggiunto di una storia che rientra tanto nei canoni del genere mafia story quanto in quelli dello stile di Guy Ritchie oramai rodato, una perfetta ed equilibrata commistione di crime e comedy. Con protagonisti sempre caratteristici, quasi fossero degli antieroi fortemente enfatizzati. La sceneggiatura tagliente di Ronan Bennett - proprio l'uomo dietro la riscrittura della recente The Day of the Jackal - accompagna furbamente la regia sopra le righe di Ritchie, con qualche guizzo creativo ancora presente.

A spiccare invece davanti la macchina da presa è il cast stellare che sembra non avere fine - molti altri volti britannici noti e di pregio sono attesi negli altri episodi. Un ensemble perfettamente guidato da patriarca e matriarca, senza scrupolo alcuno e che questo hanno tramandato a figli e nipoti. Pierce Brosnan e Helen Mirren giganteggiano accanto a Tom Hardy e Joanne Froggatt e agli altri interpreti, in cui si fanno notare anche volti giovani come Anson Boon. È proprio questo sovraffollamento a fare tanto bene quanto male all'economia del racconto e della presenza scenica.
Sangue del proprio sangue nella serie Paramount+
La famiglia è sempre il comune denominatore nelle storie di mafia, sin da classici come Il Padrino dai quali inevitabilmente MobLand pesca qui e là, ma senza risultarne eccessivamente una copia sbiadita. Quindi sono i rapporti tra i personaggi, all'interno dei due nuclei ed esternamente tra di loro, a farla da padroni: infatti le scene più riuscite ed avvincenti, anche a livello registico, sono quelle che coinvolgono tutti gli interpreti (o quasi). A tenere banco sono appunto le dinamiche familiari profondamente disfunzionali che di generazione in generazione non riescono ovviamente ad uscire da quel circolo vizioso che è la criminalità organizzata, provando parallelamente nell'intimità familiare a "vivere una vita normale".
Conclusioni
MobLand è una serie che, per fortuna, si allontana dalla stanchezza narrativa e visiva di Funtain of Truth e si avvicina più all’atmosfera di The Gentlemen. Il risultato è una mafia story di stampo familiare che si pregia di una regia indovinata, una scrittura asciutta e un ensemble a dir poco stellare che riesce a tenere bene la scena, anche dove rientra più propriamente nei canoni e negli stilemi del genere.
Perché ci piace
- La regia di Guy Ritchie, abbastanza ispirata.
- Il cast.
- Le scene corali.
Cosa non va
- Rimane una mafia family story come tante altre.
- Alcune citazioni ed archetipi da cui non si allontana.