Mickey 17, recensione: il sentimento di Bong Joon-ho per esaltare un ottimo film di matrice filosofica

Siamo tutti cavie, ci dice il regista coreano, che realizza un'opera colma di elementi, strutturati però secondo una logica narrativa che si avvicina a una favola riottosa e speranzosa. Protagonista un doppio Robert Pattinson. Al cinema dal 6 marzo.

Robert Pattinson in un'immagine di Mickey 17

La bravura del grande regista si dimostra proprio nel momento in cui arriva la flessione fisiologica di un film. Nell'attimo in cui la sceneggiatura esce dai binari, risultando scollegata dalla struttura cinematografica portante. In questo senso, la capacità dell'autore non vive nel riportare lo script nel confine scelto, bensì nell'assecondarlo senza forzature: la miglior regia è quella che si adatta alla scrittura, e non il contrario. Il paradigma di questo concetto lo ritroviamo in Mickey 17, scritto e diretto da Bong Joon-ho (al primo film dopo il capolavoro Parasite), e basato sul romanzo Mickey7 di Edward Ashton.

Mickey 17 Robert Pattinson Foto
Robert Pattinson è Mickey

Infatti, quando il film sembra stia perdendo la propria cognizione - facendo entrare in scena strambi e teneri esseri striscianti - ecco che il regista sceglie di spostare il fulcro, facendo compiere all'eroe di turno (anzi, agli eroi) la migliore delle catarsi, tra epica, ironia e tenerezza. Sgombrando i dubbi: sì, quello dell'autore coreano è un ottimo film, compresso in una lettura carica di elementi e significati, ma anche lucido e splendidamente positivo nella caratterizzazione dei personaggi e della storia. Una risposta che si emancipa dalla spietatezza folgorante di Parasite, riprendendo in armonia i temi di Okja e Snowpiercer (il film, non la terribile serie Netflix). E quindi mostrandosi più umano e coraggiosamente più speranzoso.

Mickey 17: un doppio Robert Pattinson

Mickey 17 Mark Ruffalo
Mark Ruffalo in una scena del film

La fantascienza, diceva qualcuno di cui non ricordiamo il nome, è il genere più malleabile e fluido di tutti. Ti permette di affrontare l'ellisse in totale libertà e in totale scioltezza. Abbatte il dubbio della credibilità, ed enfatizza al meglio gli avvertimenti sociali tipici delle migliori opere sci-fi. In Mickey 17 c'è lo specismo (e l'anti-specismo), il colonialismo, il populismo, l'ossessione tecnologica che volge lo sguardo alla scienza senza etica e senza scrupoli. Perché un mondo non può considerarsi etico se punta allo sfruttamento bieco del materiale umano. Siamo nel 2054 e, dopo due fallimentari campagne presidenziali, l'imbonitore transumanista Hieronymous Marshall (uno spregevole Mark Ruffalo) decide di intraprendere una missione spaziale pensata per colonizzare un remoto pianeta, Niflheim.

Mickey 17 Mark Ruffalo Toni Collette
Toni Collette e Mark Ruffalo in Mickey 17

A bordo della nave sale anche Mickey Barnes (Robert Pattinson). Pur di sfuggire a uno strozzino spietato accetta di firmare un contratto come expendable, sacrificabile. L'ultimo della struttura piramidale ideata dal nazi-fascista Marshall - accompagnato da un'altrettanto spregevole moglie ossessionate per le salse, con il volto di Toni Collette. I sacrificabili altro non sono se non cavie: uomini usa-e-getta utilizzati come test per cibo, medicinali, condizioni atmosferiche. Ogni volta che muoiono possono essere rigenerati attraverso una stampante 3D, che ne contiene anche i ricordi. Una vita infernale per il placido Mickey, se non fosse che a bordo della nave conosce Nasha (Naomi Ackie), con cui instaura una relazione.

Dopo quattro anni e mezzo il gruppo arriva a Niflheim, pianeta inospitale e ghiacciato. Il primo a scendere dalla nave? Ovvio, Mickey. Dopo diverse morti (l'aria è carica di patogeni sconosciuti: serve un vaccino), arriva alla versione numero 17. Spedito sul suolo alieno (ma chi sono gli alieni, si chiede Bong Joon-ho?) viene creduto divorato dagli strambi esserini simili ai tardigradi che popolano Niflheim. Tuttavia, gli "striscianti", invece di mangiarlo, lo salvano. Ritornato a bordo della nave, scopre che è stato già replicato in Mickey 18, con un carattere molto diverso dal suo.

Siamo tutti delle cavie

Mickey 17 Robert Pattinson Immagine
Robert Pattinson nella stampante di Mickey 17

Abbiamo allungato il racconto della trama, essendo propedeutica per spiegare al meglio il pensiero di Bong Joon-ho: siamo tutti delle cavie. Siamo le cavie dei politicanti populisti, siamo le cavie del mercato, siamo le cavie della propaganda, e siamo pure le cavie di noi stessi. Frutto di uno standard che non accetta digressioni, che punta ad annichilire (com'è annichilito Mickey versione 17) invece che a esaltare l'individuo al centro della collettività. Una copia, l'iterazione passiva, l'indolenza emotiva che si incastra con l'indolenza fisica, trascendendo il dolore e, addirittura, la paura della morte (che diventa addirittura noiosa per il regista coreano). È un film decisamente carico e volutamente caricaturale quello di Joon-ho (e citiamo la silhouette di Mark Ruffalo, che ricorda il più classico dei dittatori, ammiccando anche ai manager delle Big-Tech con palesi riferimenti), ma anche ben allacciato all'idea di grande esperienza cinematografica, di cui il regista è assoluto fautore (e tra i pochi ad unire ragione e sentimento).

Mickey 17 Robert Pattinson Doppio Ruolo
17 e 18

Per una volta tanto, Mickey 17 è anche un'opera di risposte e non di sole domande: nell'intreccio tra la versione 17 e la versione 18 (dopo un divertissement che coinvolge Nasha, stuzzicata da avere un ragazzo sdoppiato) c'è la miglior suggestione da cogliere. Solo alzando la testa, e scegliendo di agire, possiamo aspirare a un nuovo umanesimo, che possa in qualche modo frapporsi tra l'egemonia dell'autorità e la caduta delle civiltà, risultando quindi decisivo - anche in termini narrativi - rispetto all'evoluzione della specie (e del cinema stesso). Ciononostante, Mickey 17 non è un film dai diametri politici nel termine più stretto, mostrandosi invece più vicino alla favola venata dalla satira, e facendo riecheggiare la conflittualità del doppio (17 e 18, sottolineata dal lavoro sulla voce di Robert Pattinson) come simbologia filosofica di una riottosa e nobile visione nei confronti del potere. Un potere da combattere, sempre e comunque.

Conclusioni

Bong Joon-ho riprende Okja e Snowpiercer per tornare a parlare di civilità (decaduta?), di umanesimo, di ribellione, di eroismo e di partecipazione. Lo fa ispirandosi al romanzo di Edward Ashton, strutturando con Mickey 17 una sorta di satira fiabesca in cui fonde speranza e rivoluzione. Una rivoluzione pratica e teorica, spinta dall'individuo come bene assoluto di una società che dovrebbe essere fondata sull'uguaglianza e mai sull'abuso. Grande cast: un doppio Robert Pattinson, ovvio, ma attenzione anche a Mark Ruffalo e Toni Collette. Mai così spregevoli.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'efficacia cinematografica di Bong Joon-ho.
  • La bravura del cast: occhio a Mark Ruffalo.
  • Il finale.
  • Gli echi filosofici.

Cosa non va

  • A volte troppo semplicistico, ma è un tratto cardine della favola.