Tra i vicoli di Roma fino al cielo, sfiorando i muri di una città immortale. In mezzo, un viaggio, tra il sacro e il divino, che esplora l'uomo dietro l'artista. Immagini suggestive, opere eterne e poi la carne e il marmo, in un incrocio tanto accecante quanto profano. In fondo, la prerogativa di Michelangelo - Santo e Peccatore, documentario Sky Original disponibile su Sky Arte e in streaming su NOW, è proprio focalizzare la grandezza dell'artista, raccontandone vita, morte e miracoli. Soprattutto, però, il documentario, diretto da Chiara Battistini e scritto da Filippo D'Antuono, si concentra in parte sul Mosè che troneggia nella chiesa di San Pietro in Vincoli, nel cuore di Monti, facente parte della toma di Papa Giulio II. Una storia di intrighi e di controverse congetture, una ricerca della verità che si sposta su diversi piani di narrazione. Tutti, sotto lo sguardo appassionato della regista, ripercorrendo la storia del mausoleo, studiando i documenti originali, e poi ricostruendo virtualmente il mausoleo secondo l'idea originale.
Un viaggio umano e storico, sostenuto da diverse voci esperte che arricchiscono Michelangelo - Santo e Peccatore: dalle studiose Kate Bryan fino a Katy Hessel, dal restauratore Antonio Forcellino fino alla direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta. E il viaggio di Michelangelo Buonarroti non poteva non iniziare sotto la perfezione della Cappella Sistina. A tal proposito, Chiara Battistini, che abbiamo intervistato, ha spiegato che "La cosa divertente che ho scoperto lavorando sul documentario è che La cappella Sistina è stata assegnata da Papa Giulio II a Michelangelo su suggerimento di Bramante, che era molto geloso. Lancia una sfida, ha talento, ma non aveva esperienza nell'affresco. Per assurdo, farà l'affresco più importante di tutti i tempi. Una sfida corpo a corpo in questo spazio".
Michelangelo - Santo e Peccatore: la nostra intervista a Chiara Battistini
Durante la nostra chiacchierata, Chiara Battistini - regista, autrice e co-fondatrice dell'agenzia creativa Seriously - si è detta onorata di aver potuto sfruttare certi luoghi per il suo lavoro: "Girare nella Cappella Sistina è stato un onore. Eravamo tutti silenziosi e affascinanti. Facevamo fatica a capire cosa ci potevamo portare a casa per le riprese. L'emozione riusciva a travolgerti. L'avevamo tutta per noi, e non è come vederla da turista. Abbiamo avuto poco tempo, ma abbiamo cercato di riportare per immagine l'emozione che stavamo provando".
Interessante, tra l'altro, lo spunto che arriva da Michelangelo - Santo e Peccatore: nel documentario si riflette sulla figura del Buonarroti in relazione all'uomo quanto all'artista. È possibile scindere le due sfumature? Un argomento nevralgico, che la regista argomenta così "Ho frequentato l'Accademia delle Belle Arti di Brera, arrivo da un'educazione classica rispetto all'arte, poi trasformata in arte contemporanea, come il cinema. Per mia formazione non divido l'uomo dall'artista, perché andando avanti negli studi, dal 900 in poi, il divario si è sempre dimostrato meno evidente. Anzi, l'idea è che l'uomo viene trasformata in arte. Al di là del manierismo". E prosegue: "Comunque, parto dal presupposto dall'esperienza di chi fruisce l'opera. Da spettatrice mi regolo sulla sensazione che l'opera mi lascia, che sia un film o un dipinto. Devono parlare le emozioni, devono arrivare delle domande. Se arriva questo, il giudizio sull'uomo è sospeso. Se poi non arriva nulla, magari indaghi cosa c'è dietro l'opera stessa".
Il potere dell'arte
Tra il David, la Pietà e le altre opere di Michelangelo Buonarroti, il documentario si sofferma e riflette sull'artista come figura divina. "Ci sono artisti che restano nell'ambito del divino, ma ciò non toglie che possano avere anche lati oscuri e controversi. Storicamente non si possono non prendere in considerazione. Gli artisti vanno affrontati nella loro complessità. I difetti non rendono l'artista meno divino". Se di divinità si parla, il palcoscenico non poteva che essere Roma. Centro del mondo nel Rinascimento. Oggi, però, ha ancora senso parlare di centri artistici? "Non credo esista più un centro artistico. Oggi più che mai la scena artistica non ha più geografia o luogo, ma rispecchia gli ideali o il pensiero. Internet insegna, pensando al Metaverso. Oggi il centro artistico non esiste più, non ha una sua fisicità. Chiaro, girare a Roma è stato emozionante: è una città che conosco, ma non avevo avuto modo di utilizzare l'arte come set e come scenografia. È stato un privilegio".
Pensare che il lavoro dell'arista, all'epoca di enorme valenza politica e sociale, è oggi in Italia spesso svilito e sottovalutato, come riflette Chiara Battistini nella nostra intervista: "In Italia c'è una difficolta di far sì che tanti artisti giovani - e io insegno in una scuola di cinema, capisco i pre-concetti relativi al mercato - possano approcciarsi al settore. La situazione poi dei fondi e del supporto non è particolarmente generoso verso il nostro settore, e allora per un ragazzo è complicato venire fuori".