Michel Gondry ci accoglie sereno e rilassato: evidentemente il ruolo di giurato in un festival prestigioso come quello di Berlino non gli pesa in modo particolare.
A quel ruolo, però, non accenniamo nella nostra conversazione, curiosi come siamo di sapere di più dell'idea e realizzazione di un documentario animato come Is the Man who is Tall Happy?: An Animated Conversation with Noam Chomsky, in cui il regista francese mette in scena con i suoi disegni le idee del più grande pensatore contemporaneo, Noam Chomsky.
Dalla tecnica alla felicità alla morte, Gondry non si è risparmiato nel fornirci uno spaccato del suo lavoro e del suo mondo interiore.
E' molto interessante l'idea della manipolazione. Nel guardare il documentario mi chiedevo se si fosse rapiti dalle idee di Chomsky o dal mondo incantato di Michel Gondry e dal suono della sua voce.
La mia voce? Sul serio? E' interessante, perché ho realizzato due documentari prima e mentre lavoravo al secondo ho avuto una conversazione con il regista Doug Block, che aveva fatto un lavoro molto interessante come 51 Birch Street, e lui mi disse che aveva difficoltà ad entrare in sintonia con il mio film e mi suggerì di usare la mia voce per introdurre il lavoro e tenermi in contatto con il mio pubblico. Da allora uso sempre la mia voce nei documentari.
Ma si è chiesto se possa essere un esempio di manipolazione?
Penso che sia sempre soggettivo. Non posso dire che non ci sia una sorta di manipolazione, è una interpretazione artistica del suo messaggio. Naturalmente potete pensare che ci sia qualcosa nel genere anche nel mio atteggiamento, potete pensare che mi sia finto ingenuo, o timido. Io sento di essere stato onesto, ma potete solo fidarvi di me.
Quando ha contattato Chomsky la prima volta, gli ha subito detto che aveva intenzione di fare un documentario animato su di lui?
No, in realtà non ho detto niente a lui, lo stavo incontrando nell'ambito di mie visite all'MIT durante le quali ho incontrato molti insegnanti. Stavo facendo queste visite e mi sono reso conto che era presente e naturalmente si trattava di una figura molto interessante, per il suo attivismo, per la sua visione sulla creatività e democrazia. Volevo condividere con lui dei concetti che riguardano il mondo, ma, devo essere onesto, lui non è stato molto ricettivo. Lui ha idee del mondo così tanto più ampie che molti dei miei concetti erano troppo ingenui. Solo successivamente ho suggerito l'idea di un documentario, ma in realtà ci stavo ragionando da prima di comunicarglielo.
Quali delle sue idee e teorie condivide, riguardo attivismo, politica..? Avete delle idee comuni?
Io non ho la sua competenza ed il suo approccio accademico. Tutto quello che dice è sostenuto da fatti, controllo delle fonti. Non crede a quello che gli viene detto senza prima verificare che sia vero. Ma sì, condivido le sue idee e sono influenzato da esse, perché è un grande pensatore e questo tipo di figure hanno una grande influenza su di me. Abbiamo avuto anche dei momenti di contrasto, ma è una delle persone a cui credo realmente. Il suo lavoro è molto importante e penso che possa aiutare il mondo.
Come mai ha approfondito poco le sue idee politiche ed il suo attivismo?
Perché è stato già fatto in modo molto riuscito, mi è sembrato più efficace cercare di umanizzarlo in modo che la gente potesse comprenderlo meglio. Spesso Chomsky è visto come un uomo freddo non del tutto in contatto con la realtà, ma ho scoperto che non è così. Ho pensato che se la gente avesse compreso meglio l'uomo, avrebbe potuto accettare più facilmente la sua visione.
Si cita l'essere stato in prigione, ce lo spiega?
Sì, purtroppo non sono un giornalista, avrei dovuto insistere di più per approfondire. Era durante la guerra del Vietnam, quando faceva marce e proteste. L'ho illustrato inserendo foto che esistono di quei momenti. E' stato uno dei pochi insegnanti che ha parlato senza timore delle conseguenze.
Suppongo che le sue conversazioni con Chomsky abbiamo prodotto un quantitativo di materiale superiore a quello visto nel film. Come ha scelto cosa includere e cosa lasciare fuori e quale concetto è stato più difficile da rappresentare con i suoi disegni?
Ho registrato tre ore e ne ho usato metà, quindi è una porzione rilevante. E' stato un processo molto organico, perché ero molto impaziente di iniziare a lavorare alle animazioni, per vedere se funzionasse questo tipo di animazione molto astratto. Ho animato una parte alla volta, scegliendo fin da subito, in modo da non dover lavorare a sezioni che non avrei inserito. Ho fatto delle animazioni che non ho usato, ma molto poche. Poi ho iniziato ad organizzare le parti che realizzavo in una forma di continuità con il mio montatore, scegliendo l'ordine degli argomenti in modo che diventasse un unico film. Penso che una delle idee più difficili da rappresentare sia stata il tipo di relazione che c'è tra la nostra mente ed il mondo esterno. E' un punto su cui abbiamo discusso io e Chomsky, non perché non fossi d'accordo con lui, ma perché non riuscivo a spiegargli quello che intendevo con il mio inglese.
Infatti sono concetti che non suggeriscono immediatamente immagini...
Dipende, a volte semplicemente parlava di un albero, allora era facile e bastava disegnare un albero, ma poi passava ad altro, allora dovevo immaginare come un albero potesse trasformarsi, per esempio, in una pietra. Si trattava di un albero in superficie, ma poi dovevo fare le transizioni per trasformarlo in altro, come un punto interrogativo, e mi rendevo conto che anche l'albero sarebbe dovuto essere qualcosa di inusuale.
E' molto paziente? Perché deve essere un lavoro lunghissimo.
Penso di esserlo quando lavoro a qualcosa che mi piace fare. L'animazione sembra essere un processo lungo, ma anche se passi tre o quattro ore a lavorare, il risultato finale è una ricompensa sufficiente per andare avanti, non senti di aver buttato tempo.
Disegnare è una vecchia passione?
Quando ero adolescente lavoravo sulle foto. Scattavo e passavo ore nel mio laboratorio a lavorare ai negativi senza che mi rendessi conto del tempo che passava. Credo che sia tutto lì. Ho fatto del lavoro poco stimolante, che non mi piaceva, come inscatolare libri, e non potevo smettere di guardare l'orologio. Credo che chiunque diventi impaziente quando è obbligato a fare qualcosa che non ama.
Chomsky ha visto il lavoro finale?
Sì, certo, ha apprezzato molto. Ha ammirato la pazienza che ho avuto.
Era preoccupato della sua opinione sul risultato finale?
Sì, naturalmente, era il mio spettatore più importante. Io ho bisogno dell'approvazione delle persone per cui ho lavorato. Anche quando faccio video per un artista, mi deprimo molto se non apprezzano il risultato finale, come è accaduto con i Radiohead quando hanno odiato Knives Out. Anche se poi Thom Yorke ha cambiato idea, al momento ne sono stato distrutto. Metto tutto me stesso nel fare qualcosa, ma non lo faccio per me, lo faccio per la persona che sto rappresentando. Nel caso di Chomsky la preoccupazione era anche maggiore, perché ha una mente molto critica.
Che impressione ha avuto di Chomsky dal punto di vista personale? Dà la sensazione di essere un solitario.
Sente molto la mancanza della moglie, hanno passato tutta la vita insieme. Ma viaggia anche molto, per incontri, discorsi, in tutto il mondo. Condivide tempo con molte persone che vogliono far parte del suo attivismo. Ed è una cosa che gli piace. Anche con me, quando ero troppo ingenuo nell'esprimere le mie idee, non era condiscendente, era piuttosto una cosa positiva per lui perché poteva stimolarmi ad accrescere la mia conoscenza. E' vero che qualche volta ha demolito il mio punto di vista o ha capito quello che voleva da quello che dicevo, scegliendo l'interpretazione più semplicistica di quello che dicevo. Un po' mi imbarazzava.
Avete parlato della crisi economica e lui ha detto che sono cose che vengono programmate prima. Lei condivide il suo pensiero?
Penso che la gente sia molto stanca di pagare per gli errori degli altri e se si guarda alla radice di questi problemi si nota come si sarebbero potuti evitare, come si sarebbero potuti prendere correttivi prima che si verificassero i problemi. E' interessante che io e Chomsky abbiamo avuto i contrasti maggiori su argomenti di carattere molto ampio, come la Seconda Guerra Mondiale. Lui pensa che si sarebbe potuta risolvere ancora prima che iniziasse. E mi sarebbe piaciuto approfondire l'argomento con lui nel corso delle nostre conversazioni. Ma io mi sento troppo poco competente per commentare argomenti di questo tipo, ho poca conoscenza e terribile memoria. E devi avere fatti per supportare le tue opinioni.
Quanto si è preparato prima di parlare con Chomsky? Ha letto tutti i suoi libri?
Ha scritto più di cento libri! Ho letto molte sue conferenze, che sono trascritte. Spesso mi sono sentito come se non avessi fatto i compiti, ma è difficile a volte leggere tutto, ed anche potendolo fare, non si ottengono tutte le risposte, anzi leggendo spesso vengono ancor più domande. Potresti leggere tutti i libri ed avere ancora qualcosa da chiedere.
Quando è venuto a conoscenza dell'opera di Chomsky?
Forse una decina di anni fa. L'ho scoperto molto tardi, ma in Francia non ha una grande visibilità. E' l'uomo più citato del mondo, ma non così tanto nel mio paese.
Ha citato il suo lavoro nel mondo dei video, c'è qualche nuovo artista o band per cui le piacerebbe lavorare?
Ho appena fatto un film per la band Metronomy e mi piacerebbe lavorare per Stromae, ma ascolto tante cose che mi piacciono di cui non ricordo i nomi. Ho comunque ancora molto interesse per questo mondo.
Se dovesse fare un documentario su un'altra personalità, chi sarebbe?
C'è un altro uomo di scienza, un astrofisico, ma non riesco a dire il nome perché è vietnamita. Quando ho incontrato Quincy Jones, per esempio, ho pensato che fosse una persona molto interessante da intervistare. E' andato dal jazz al pop, coprendo tutti i generi. Artisti di questo tipo, ma continuano a morire! E' la mia paura: impiegano cinquant'anni ad arrivare a questi livelli e poi muoiono in cinque minuti. E' una cosa che fa paura. Oh, anche Bjork con cui ho lavorato molto, artisti di questo spessore, dal grande intelletto e grande creatività, come quando ho fatto il documentario su Dave Chappelle. Ci sono tanti che avrei voluto intervistare, ma per lo più sono morti.
Ma c'è comunque molto interesse per i documentari da parte sua...
Sì, mi piace molto guardarli. Spesso più dei film di finzione. Non mi piace quando sono molto d'intrattenimento o creativi; i documentari che hanno avuto molto successo, e non ne dirò i titoli, hanno manipolato in qualche modo i fatti per ottenere il loro scopo. Ma non sono quelli che mi piacciono. Mi piace molto Staircase, su un caso di omicidio che riguarda un uomo che ha ucciso la moglie. Dura sei ore e l'ho guardato tutto d'un fiato. Mi piace farli perché mi piace guardarli. E' di nuovo a proposito della morte, come mia zia, che ha la stessa età di Chomsky, ha passato tutta la vita in un villaggio di montagna, ed ha un milione di storie da raccontare e voglio registrarle, per conservarle. Mio nonno era un inventore e mi manca tantissimo, non ho registrato la sua voce, né l'ho mai filmato, ma avrei dovuto fare. Mi piace farli anche per preservare qualcosa e me stesso allo stesso tempo.
Cosa rende lei felice?
Ci sono tantissime cose che mi rendono felice, dal guardare film ad andare in campagna, incontrare persone... Non fare interviste [scherza]. Anche solo pensare a queste cose mi rende felice. Quando faccio lavoro creativo sono molto felice. Come per l'animazione: è un processo lungo e faticoso e non sai come sarà il risultato finale. Poi vedi quei disegni muoversi sullo schermo ed è una cosa che rende molto felici.