Il regista Michael Hoffman presenta a Roma il film che racconta gli ultimi giorni del grande scrittore russo Tolstoj, la sua crisi spirituale e matrimoniale. Regista americano-inglese Hoffman ci rivela quando è nata in lui l'idea di realizzare The Last Station, dopo aver letto il libro acquistato in Italia. Ci racconta delle difficoltà economiche che questa produzione indipendente ha dovuto superare e dell'appoggio trovato negli eredi della famiglia Tolstoj, che si riuniranno presto nella tenuta di famiglia per una proiezione privata del suo film. Ci rivela com'è arrivato a scegliere i suoi eccezionali attori, che hanno preso il posto di quelli a cui aveva inizialmente pensato. Ci parla di come ha provato a prestare fedeltà al romanzo corale di Parini, dei suoi contributi personali e originali nella straposizione, ispirati dal suo amore per Checov, oltre che per Tolstoj, e della sfida difficile di tenere insieme e saldare nel segno del valzer momenti del film molto diversi nei toni.
Ad accompagnarlo in questo interessante incontro l'attrice premio OscarHelen Mirren, che ha confermato il suo pensiero sulla televisione: secondo la Mirren oggi è ancora la tv a offrire alle attrici i ruoli femminili più interessanti. Che il suo sia forse un interrogativo provocatorio?
Michael Hoffman: In realtà ho trovato il libro di Parini molti anni fa alla stazione centrale di Siena e l'ho letto nel treno. Molti anni dopo in realtà avevo l'occasione di dover decidere se fare un pessimo film comico hollywoodiano o meno. E ho ripreso il libro in mano, l'ho riletto di nuovo e ho iniziato allora a riflettere se lavorare invece sul romanzo, ma ancora non sapevo se i diritti fossero disponibili. Forse è stato importante il fatto che allora fossi anche sposato perché questo libro è una storia d'amore e di un matrimonio, una storia su come l'ampre ci crea e ci distrugge e questo processo rende tragicomica l'esistenza. Poi ho incontrato il produttore , lui mi ha informato sui diritti e prima ancora di parlare con Parini ho iniziato a scrivere perché nel romanzo la storia è raccontata da molti punti di vista diversi e io dovevo cambiare questa struttura. Dopo l'adattamento ho parlato con l'autore, ci siamo confrontati soprattutto sui dialoghi e lui mi ha sempre sostenuto anche nei cambiamenti necessari, il progetto gli è piaciuto moltissimo e io gliene sono grato. Probabilmente se avessi fatto il film 15 anni prima ne avrei fatto un taglio più storico. Nel romanzo ci sono diverse voci narranti e tutti parlano e raccontano la loro versione di Tolstoj, che non prende mai la parola ma è la figura di cui tutti parlano, è come se fosse un cerchio con loro intorno e lui al centro , ma loro vivono del riflesso di Tolstoj su di loro e io ho pensato a me come parte di quel cerchio e come un riflesso di Tolstoj su di me.
Il romanzo di Parini è un racconto corale, ma c'è un personaggio su cui si è concentrato maggiormente?
Michael Hoffman: Il personaggio di Sofya è straordinario e la più grande sfida era quella di tenere un po' sotto controllo la sua follia, sono state scritte così tante storie su questa donna perché da donna che era tutto per lui è diventata invisibile. Ha cercato di suicidarsi innumerevoli volte, è una donna estrema e ho provato a trovare un punto di equilibrio che permettesse di capire perché Tolstoj all'improvviso se ne va e nello stesso tempo e si allontana da lei. Nel libro non c'era quella vena comica e io invece ho lavorato per trovare spunti cecoviani come lo stranuto nervoso di Bulgakov.
Michael Hoffman: C'è un'enormità d'informazioni nei diari di Checov, Bulgakov, Sofya e Masha, un diario segreto di Tolstoj e uno supersegreto che Tolstoj pensava rimasse segreto e alla fine Sofya trovò. L'uomo più famoso nel mondo tanto considerato dai media ha creato un movimento per diffondere la sua visione, è una sorta di apostolo eppure non riesce a gestire la sua vita familiare e questo è affascinate; alla sua età scappa su un treno e va via e la moglie affitta un treno e lo segue per tutta la Russia. Sarebbe stata una storia straordinaria anche se non fosse stato Tolstoj.
C'è qualche riferimento ad altri autori nella pellicola?
Michael Hoffman: Tolstoj e Checov erano grandi amici e Checov visitò Jasnaja Poljana, la sua tenuta. A me Checov piace tantissimo, specialmente il suo teatro. Tolstoj a tal proposito gli diede un pessimo consiglio: gli disse di non scrivere per il teatro! Io ho riletto "Il giardino dei ciliegi" "Tre sorelle" e "Zio Vanya" e vi ho ritrovato un po' dello spirito di Tolstoj, la sua contraddizione tra sublime e assurdo, la contrazione tra corpo e amore!
Ci sono romanzi di Tolstoj che ha fatto rileggere agli attori?
Michael Hoffman: No, non gli ho detto di leggere dei libri in particolare, naturalmente loro sapevano quanto fosse importante Anna Karenina, per il suo rapporto con Sofya. Ma ho consigliato soprattutto i diari e Paul Giamatti mi ha chiesto subito il diario di Checov ed Helen quello di Sofya. Questo è stato davvero molto utile.
Michael Hoffman: Conosco bene la situazione russa. So che in Cecenia l'unico museo che non è stato distrutto è quello di Tolstoj. Per un lungo periodo l'unica statua russa che non è stata rovinata è stata la sua. Per i russi ha sempre rappresentato la figura di un proto socialista. Allora i sovietici volevano impossessarsi della sua figura per la sua presa sia in contesto contadino sia urbano, sostenevano che fosse più potente dello zar, e ancora oggi crea una certa ansia infatti quando abbiamo cercato fondi russi per finanziare il film abbiamo trovato una certa reticenza. Non lo vedono in linea con la figura della nuova Russia che si vuole costruire. Quando i bolscevichi hanno organizzato la famosa ribellione nel '17 i contadini li hanno fermati davanti ai cancelli di Polyana, dove Sofya ha vissuto fino alla morte, avvenuta pulendo i vetri. E Polyana s'è trasformata in un museo anche grazie all'importante figura di Masha, poi trasferitasi a New York dove fondò un museo tolstojano. È stato importante che la famiglia Tolstoj abbia appoggiato questa produzione.
Quali sono stati i vostri contatti e i vostri rapporti con la famiglia Tolstoj, come vi ha supportato?
Michael Hoffman: All'inizio credevo che fossero preoccupati di proteggere la tradizione della loro famiglia invece poi hanno lavorato con noi dedicandoci tempo. Vladimir e Anastacia Tolstoj, eredi diretti della famiglia, ci hanno fatto vedere i filmati che ho inserito alla fine del film, in cui vediamo persone famose che sembrano così fragili. Vladimir è volato da Mosca fino al festival di Telluride per l'anteprima ed è stato straordinario. Ho avuto poi contatti anche con altri membri e so che il prossimo agosto ci sarà una riunione di famiglia nella tenuta Tolstoj, durante il quale ci sarà una proiezione del mio film.
Michael Hoffman: Il film è stato un processo molto lungo anche per mettere insieme le diverse parti. Nel frattempo ho girato anche un piccolo film. Inizialmente avevo in mente due attori: Meryl Streep e Anthony Hopkins con i quali ci sono stati anche degli scambi e dei contatti. Poi ho letto delle origini russe di Helen Mirren, che mi piace anche per la sua dignità, perché non prova mai a compiacere il pubblico e questo ha permesso di portare sullo schermo il personaggio di Sofya. James McAvoy è stato per me una colonna portante che ha fatto la differenza, perché Bulgakov nel libro è un personaggio secondario e io invece volevo che fosse centrale per il discorso sull'amore. Ho sentito che il pubblico l'avrebbe seguito e si sarebbe appassionato alla sua causa e al suo viaggio. È una creatura pura e un essere umano straordinario. Per quanto riguarda invece Cristopher Plummer, è un grande e intenso attore. Io volevo un ottantenne che facesse il ruolo di un ottantenne altrimenti ci sarebbe stato un attore che cerca d'imitare un ruolo. Con lui invece abbiamo potuto mostrare un ottantenne che si rilassa e riesce a mostrare quanto è attivo ancora sensuale e sveglio perché Tolstoj è stato così attivo e impegnato fino all'ultimo. Paul Giamatti invece è un villain dotato di un'intelligenza calma, anche un po' goffa che fa sì che si segua. SI comporta da fanatico m a ha bisogno d'amore, come tutti i personaggi del film, che vogliono l'amore dalla stessa persona.
Nella colonna sonora c'è il tema principale che calca tutte le sequenze in cui il protagonista è l'amore. È frutto si una sua scelta personale o del compositore Sergey Yevtushenko?
Michael Hoffman: Quello musicale è un aspetto interessante e bizzarro allo stesso tempo. È stata una grossa sfida in una produzione russa avere un compositore russo che lavorasse in Russia, ne avevo scelto uno ma non riuscivamo a conciliare le distanze. Ho contatto poi Sergey che aveva scritto la colonna sonora solo sulla base della sceneggiatura e la sua passione era impressionante. Non l'avevo scelto all'inizio solo perché non aveva molta esperienza . Abbiamo lavorato insieme quasi 24 ore al giorno per due settimane. All'inizio avevamo due love themes poi ne abbiamo usata solo una, alla Schumann, semplice ma da cui le emozioni vengono fuori in maniera cristalina. Era difficile riuscire ad accompagnare i momenti di commedia che si alternano a quelli dei tono opposto. Sergey è un bravissimo compositore e a me è piaciuta molto la sua musica. Gli americani e gli inglesi lavorano in maniera diversa dai russi ed è stato difficile percepire quale modo fosse il migliore per il film. Mi piaceva l'idea che Sergey non avesse mai composto per il cinema e mi sono sentito molto fortunato ad averlo con me.
Helen Mirren: È triste, ma tutti i miei parenti russi sono deceduti. Però avevo un tesoro di lettere postrivoluzionarie di mio nonno, che ho fatto tradurre e che ho trovato molto interessanti. La cosa straordinaria è che le fotografie della mia famiglia sono identiche a quelle della famiglia Tolstoj quindi ci sono delle analogie. L'ispirazione l'ho presa quasi tutta dalla sceneggiatura, che trovo brillante, che si fonda su un romanzo straordinario. Inoltre ho letto i diari di Sofya, ma in un certo senso devo dire di aver trovato nel libro e anche nella sceneggiatura qualcosa in più dei diari.
Come avete lavorato invece al duetto con Plummer?
Helen Mirren: Io ero un po' intimidita e spaventata dal pensiero di lavorare con lui, uno dei più grandi attori viventi in lingua inglese, straordinario sia a teatro che al cinema, ero piena di rispetto per lui, ma quando incontri dei grandissimi artisti come lui, poi li trovi molto disponibili ed è facile lavorare con loro. Io poi vado spesso a vederlo a teatro ogni volta che è in scena...È stato incredibile lavorare con lui e la sua performance è stata davvero fantastica, sottile, torreggia sulla scena e sono rimasta affascinata da lui
Michael Hoffman: È stato un miracolo per me come regista lavorare con Christopher Plummer ed Helen Mirren: sono contento di come hanno portato sullo schermo il rapporto dei loro personaggi,del modo in cui convincono il pubblico. Mi sono sentito profondamente grato del loro genio, del loro modo di mettere in scena un matrimonio così lungo come quello dei signori Tolstoj.
Signora Mirren c'è una scena che ama ricordare in maniera particolare?
Helen Mirren: È stato il copione che mi ha fatto innamorare di questo film perché pieno di cose delicate, buffe, così profondamente umano: era perfetto e non c'era bisogno di riscriverlo, di cambiare qualche scena, le battute... Ho lavorato fino a pochissimo tempo prima che iniziassimo a girare e avevo poca preparazione,la costumista,che ha lavorato in Germania, ha dovuto fare tutto di corsa e mi ha aiutata a ricordare tante cose delle varie scene... Credo che ci siano scene fantastiche per qualunque attrice!
Helen Mirren: Quando si recita una parte bisogna sentire un'empatia con il ruolo e io l'ho avuta subito con Sofya. Forse questo poi l'ho espresso in modo eccessivo . Ma capisco le reazioni di Sofya. Oggi sarebbe difficile dire, in una situazione così diversa, se avrei assunto il suo stesso punto di vista. Posso dire di sentirmi legata alle varie Sofya Tolstoj nel mondo per le mie origine russe, ma siamo tutte donne così diverse...
Michael Hoffman: C'è una cosa che voglio raccontarvi: la vita di Sofya è straordinaria , lei si è sposata a 18 anni e ha sposato un 40enne famosissimo in tutto il mondo e insieme hanno una vita fantastica: lei è stata per lui la sua amante, la sua musa, lo ha aiutato a trascrivere i suoi libri, è stata una moglie e un'amante. Poi è arrivata la crisi spirituale per Tolstoj, lui ha rifiutato il titolo di conte e in un certo senso anche la sua famiglia e a lei è stata strappata la maggior parte della sua vita. Chiunque sentirebbe una situazione del genere come una sfida e questo lo sentiamo in ogni attimo della performance di Helen!
Helen Mirrer lei in passato ha dichiarato che è stata più la tv che il cinema ad averle offerto ruoli interessanti. Alla luce del suo successo in The Queen e dopo aver interpretato Sofya rivede questa posizione?
Helen Mirren: Sono stata enormemente fortunata per le parti offerte al cinema in questi ultimi anni. Si spera che questo film riesca ad arrivare veramente nelle sale perché per i film indipendenti questo non è un percorso così ovvio. Magari verrà trasmesso in tv. Questa del Festival di Roma è una buona piattaforma di lancio e mi sento fortunata di essere qui, ma direi che in generale la tv continua a offrire ruoli molto interessanti per le donne.
I produttori hanno trovato difficoltà per il film, in particolare nel rapporto con i familiari di Tolstoj?
Phil Robertson: Dal punto di vista della produzione, questo è un esempio di come si può ottenere un buon risultato quando si fanno film indipendenti in Europa: è tratto dal libro di un autore americano, è su uno scrittore russo, è girato interamente in Germania. Il risultato è eccellente anche senza l'appoggio di nessuna major.
Andrei Konchalovsky: Io non sono molto appassionato dei film biografici: ci vuole una storia vera. Mi interessava fare un film su un matrimonio, sulla difficoltà di convivere con l'amore e senza l'amore. È una parte così grande della nostra vita! I nostri matrimoni sono tutte tragicommedie. Mia moglie mi ha detto che voleva scrivere un articolo e chiamarlo "L'arte imita la vita" perché c'è anche qualcosa del nostro rapporto in questo film.
Quanto è stato importante per voi avere tra i produttori Andrei Konchalovsky per il suo coinvolgimento in una storia russa, per la sua grande esperienza?
Michael Hoffman: Andrei è stato coinvolto piuttosto tardi nel progetto. Avevamo già visitato Polyana, avevamo già raccolto i finanziamenti, ma ci tenevamo che fosse una coproduzione russa così l'abbiamo coinvolto e si è unito a noi. Non ho lavorato molto con Andrej, anche se mi sarebbe piaciuto intereferisse di più, ma aveva una visione chiara di come si sviluppasse la storia e mi ha detto molte cose interessanti nella prima fase di montaggio.