Non capita tutti i giorni di trovarsi faccia a faccia con una leggenda, ma tra i posti al mondo in cui questo può capitare c'è sicuramente il Festival di Cannes, attorno al quale gravitano le grandi personalità del cinema per la dozzina di giorni della sua durata. E va detto subito che si percepisce questo alone leggendario quando ci si trova di fronte a una personalità del calibro di Michael Douglas, protagonista di uno splendido incontro in cui si è raccontato al pubblico dell'evento, dopo aver ricevuto, commosso e orgoglioso, la Palma d'onore per la sua fantastica carriera nel corso della cerimonia d'apertura di Cannes 2023.
Da padre a figlio
Tra i punti di partenza della chiacchierata con l'attore americano c'è stato inevitabilmente il rapporto con la figura, ingombrante e possente, di suo padre Kirk Douglas, approfondita anche in un documentario che, a detta di Michael, è andato a pescare interviste e spunti molto interessanti. "Lavorava tutto il tempo e come figlio faticavo ad avere l'attenzione che avrei voluto" ha ricordato, per poi aprire alla comprensione: "Ma quando cresci e hai a tua volta figli capisci che forse non ha fatto un brutto lavoro."
"Mio padre ha iniziato facendo ruoli da giovane uomo sensibile" ha ricordato ancora l'attore nel parlare dei punti di contatto e delle differenze tra loro, "e io ho iniziato facendo qualcosa di simile", almeno fino a Wall Street, in cui era una sorta di villain della storia. "Avere una nomination all'Oscar ha cambiato molto, mi ha permesso di uscire dall'ombra di mio padre, essere apprezzato dai colleghi e avere consapevolezza dei miei mezzi." Un discorso che si è allargato poi a tutta la famiglia, alla prima esperienza di Cameron e a come le dinamiche familiari siano evolute nel tempo anche nei suoi confronti, passando dalla protezione e guida iniziale al sentire la competizione professionale.
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Michael Douglas e il nucleare
Il discorso è caduto poi su Sindrome cinese e il rapporto con l'energia nucleare, un film che Douglas ha ammesso di aver visto "come un film horror" senza percepire i reali collegamenti alle tematiche nucleari. "Ma mi ha permesso di capire i pericoli che riservava e farmi iniziare a interessarmi all'argomento." Del film ha ricordato anche l'accoglienza e il tempismo: "Il film è stato criticato per essere irresponsabile e meno di trenta giorni dopo l'uscita c'è stato un parziale meltdown in Pennsylvania."
Questo tempismo è stato fondamentale per formare il pensiero di Michael Douglas al riguardo: "È stata una epifania. Non sono una persona religiosa, ma è stata l'esperienza più vicina a qualcosa di religioso che ho avuto. Per questo sono stato per anni contro il nucleare." I tempi però sono diversi da quelli in cui il film è stato prodotto. "Visti i tempi in cui ci troviamo, la mia posizione è cambiata", pur rimanendo preoccupato per alcuni aspetti del nucleare come lo stoccaggio delle scorie.
Perdere il controllo
Perché danno a Michael Douglas tanti ruoli in cui il personaggio tende a perdere il controllo? "Non me li danno" ha commentato con decisione, "facciamo le nostre scelte." E da come ne ha parlato, si tratta di scelte ragionate e consapevoli. "Penso che la generazione di mio padre aveva una più netta distinzione tra buoni e cattivi, mentre la mia, negli anni '60, venendo dal Vietnam, è stata più interessata a quali fossero le scelte giuste, nel mettere personaggi in posizioni difficili e vedere come avrebbero reagito." Segni del tempo, quindi, in cui si è poi trovato a proprio agio: "Ho scoperto di avere l'abilità di mettere i personaggi in situazioni difficili e far sì che il pubblico fosse interessato ai loro dilemmi morali."
Donne difficili e grandi autori
Nella carriera di Michael Douglas ci sono state molte donne forti, difficili. Pericolose. Pensiamo ad Attrazione fatale, di recente oggetto di un rifacimento seriale molto interessante, la Sharon Stone di Basic Instinct che ha definito "incredibile". Nel ricordare questa esperienza ha parlato della difficoltà di girare scene di sesso elaborate nel rispetto reciproco, in tempi in cui gli intimacy coach non erano ancora presenti sul set. "Potevamo solo fare prove, come per le scene di lotta. Si costruisce una coreografia, prima lentamente, poi sempre più veloce."
Si è parlato anche dei grandi autori con cui Douglas ha avuto modo di lavorare. Prima di tutto l'amico Danny De Vito, con cui ha realizzato La guerra dei Roses, ma soprattutto Oliver Stone, perché "ogni attore ha fatto le sue interpretazioni migliori in un suo film, da Charlie Sheen a Tom Cruise a Val Kilmen per The Doors. Impossibile non citare anche Steven Soderbergh, con il quale è venuto proprio a Cannes qualche anno fa, del quale ha raccontato un simpatico aneddoto: "Nel primo giorno di riprese mi ha portato nel mio camerino e mi ha detto che non l'avrei più rivisto", perché si tratta di un regista rapidissimo a girare, che fa tutto sul set, dall'operatore al direttore della fotografia. "Il tempo che torni a casa a fine riprese e lui ha già montato tutto il materiale del giorno."
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L'importanza della Palma e di Cannes
Non è mancato un inevitabile e doveroso riferimento al motivo della sua presenza al Festival di Cannes e la gioia di esserci, all'importanza che ha per Michael Douglas, che ha ammesso di non fare molte apparizioni pubbliche, se non quando è in fase di promozione di un film. "Ma sono particolarmente legato a Cannes" ha dichiarato, ricordando come sia proprio qui che suo padre Kirk Douglas ha incontrato la sua matrigna. A questo si aggiunge il pubblico attento dell'evento e l'importanza che ha per lui il cinema, soprattutto in un momento in cui usciamo da una pandemia e siamo in clima di guerra. "I film sono una di quelle cose che uniscono tutti" ha detto per spiegare l'importanza che ha per lui la settima arte. "E per questo sono grato per questo riconoscimento e questo invito a Cannes."
"Ci sono migliaia di Festival in giro per il mondo, ma Cannes è il primo" ha detto ancora, chiudendo il discorso sulle sue partecipazioni passate e ricordando alcune polemiche che le hanno accompagnate, da Basic Instinct che fu uno shock per i Francesi a Behind a Candelabra, il film su Liberace, che scatenò polemiche perché prodotto da HBO, quindi per una tv via cavo e non considerato meritevole della sala cinematografica. "Ma la realtà oggi è lo streaming delle piattaforme" ha aggiunto, "che fanno film e non si possono trascurare. Ci ho lavorato di recente per Il metodo Kominski ed è stata una splendida esperienza: non ci sono pubblicità, non c'è un formato rigido, e le opportunità sono incredibili!".