Mental, Michele Vannucci: “Prima che patologie siamo persone"

La nostra intervista a Michele Vannucci e Pietro Seghetti insieme a Greta Esposito, Romano Reggiani, Federica Pagliaroli, Cosimo Longo, regista, sceneggiatore ed interpreti di Mental, prima serie italiana a trattare il tema del disturbo psichiatrico tra gli adolescenti, disponibile dal 18 dicembre 2020 su RaiPlay.

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Mental: Federica Pagliaroli e Greta Esposito

Da venerdì 18 dicembre 2020 sulla piattaforma streaming RaiPlay sarà possibile trovare tutti gli episodi di Mental, prima e coraggiosa serie italiana a trattare il tema del disturbo psichiatrico tra gli adolescenti. Basata su un format finlandese, Sekasin, è una co-produzione Rai Fiction e Stand by me per la regia di Michele Vannucci e la scrittura di Laura Grimaldi e Pietro Seghetti. Dopo aver visto in anteprima i primi due episodi possiamo affermare con estrema sincerità che regista e sceneggiatori hanno fatto un ottimo lavoro nel portare un prodotto così nuovo e particolare all'attenzione del pubblico italiano. Mental è una serie con una marcia in più: grazie al suo look moderno centra in pieno lo scopo di parlare con efficacia di un tema poco affrontato, di un qualcosa che la nostra società troppo spesso tratta come un tabù, quell'elemento reputato anomalo da relegare nell'ombra e da, ingiustamente, stigmatizzare: la malattia mentale. Questo interessantissimo progetto non fa niente di tutto questo, mostra piuttosto i disturbi psichici per ciò che sono e per quello che comportano, senza inutili pietismi o retorica spicciola. I personaggi che vengono raccontati sono reali, umani, adolescenti alle prese con gli sconvolgimenti dell'età che combattono a volte contro se stessi, a volte contro un mondo che non li comprende e, troppo spesso, non li supporta.

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Mental: una foto di scena

La storia segue le vicende di Nico, una ragazza che a scuola ha molta difficoltà ad integrarsi a causa degli attacchi d'ansia che la colpiscono nei momenti di maggiore stress; il suo unico pensiero è quella scuola di musica a Londra che le permetterà di andare lontano, via dai bulli e dalle pressioni della famiglia. Durante uno spettacolo di classe, però, la ragazza ha un grave episodio allucinatorio e per questo viene portata nella clinica psichiatrica Argo dove farà la conoscenza di altri ragazzi che, come lei, alle difficoltà dell'età devono aggiungere quelle derivate da un disturbo psichico. Si apre così un piccolo mondo sulle vite di questi adolescenti: Michele, ragazzo borderline con problemi di tossicodipendenza, Daniel affetto da disturbo bipolare ed Emma, compagna di stanza di Nico, affetta da anoressia ed autolesionismo. Abbiamo intervistato il regista Michele Vannucci e il co-sceneggiatore Pietro Seghetti insieme ai giovani protagonisti di questa nuova e interessante serie, Greta Esposito, Romano Reggiani, Federica Pagliaroli e Cosimo Longo.

Come raccontare una tematica così importante

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Mental: Greta Esposito e Martina Bonan in una scena

L'abbiamo accennato nell'introduzione: Mental parte da un format finlandese anche se se ne discosta per storia e durata degli episodi. Ci parla di questo Pietro Seghetti che nel raccontare il lavoro degli sceneggiatori chiarisce anche quale sia l'intento di questo prodotto: "Il format Finlandese è molto diverso dalla nostra serie, ha episodi brevi di 7 minuti, ma a noi però piaceva molto il tema: parlare del limite tra normalità e malattia mentale. Da questo abbiamo sviluppato una narrazione, volevamo raccontare personaggi veri, che non fossero solo un riflesso della malattia. Il nostro intento era narrare un disagio che loro vivono ogni giorno, le fragilità che fanno parte dell'adolescenza di chiunque ma che questi ragazzi vivono all'ennesima potenza. Abbiamo cercato un tono che non fosse quello del dramma, ma neanche commedia, diciamo una dramedy, per raccontare momenti anche forti ma con un tono leggero che rispecchia anche il format originale."

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Mental: una foto promozionale del cast

Anche Michele Vannucci nel rispondere alle nostre domande si è concentrato sugli obiettivi e le difficili sfide che ha comportato questa serie: "Questo è il primo racconto di altri che metto in scena, sono abituato a portare su schermo cose scritte da me ma, al di là delle emozioni del racconto, mi interessava trattare il disturbo mentale. Mi sembra sia uno dei più grandi rimorsi che abbiamo oggi, in Italia e non solo, è come una polvere che viene messa sotto al tappeto. A livello cinematografico siamo legati a una narrazione di 50 anni fa e se si parla di una clinica psichiatrica nel nostro immaginario finiamo in un posto ghettizzante, come quello di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Mi è sembrata una sfida interessante ed enorme e i risultati li daranno poi gli spettatori. Non c'è mai stata la voglia di imitare una patologia né di giudicare un personaggio partendo da una malattia, c'è stato sempre uno sguardo dal basso, per evitare di imitare la pazzia, questo mi sembrava il rischio più grande leggendo il copione."

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Interpreti e personaggi, cos'è la normalità?

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Mental: Greta Esposito in una scena

Greta Esposito, interprete di Nico, ha così parlato dei personaggi di questa serie e del messaggio che trasmette e su cui lei stessa ha riflettuto: "Sono degli adolescenti in tutto e per tutto: vivono la loro età con le debolezze che comporta e che sono comuni a quelle degli altri. Molti ritroveranno se stessi guardando Mental, non nella patologia, ma nel racconto di un personaggio, perché oltre alla patologia c'è la vita. L'accettarsi per quello che si è, il piacersi, il comprendere l'altro sono le cose più difficili, ma facendolo si scoprono molti aspetti dell'altro e di se stessi. L'aver bisogno dell'altro è dimostrazione di forza e non di debolezza, spesso non si ha la possibilità di fare cose belle da soli. Questo ho imparato da questa serie." Riguardo il concetto di normalità afferma: "Normale rispetto a cosa? A quali canoni? Quando penso alla normalità mi viene in mente un'idea di regolarità, una linea retta della vita, ma la vita non è una linea retta, ci sono infinite deviazioni, infiniti incroci e fuori programma. Come si può pretendere di essere 'normali'?"

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Mental: una foto del cast sul set

Romano Reggiani, Michele nella serie, ha un'idea molto precisa del concetto di normalità: "La normalità come concetto non esiste, è una nozione inserita in un contesto che abbiamo creato noi. Questo mondo dà poco spazio alle persone, non c'è abbastanza spazio per chi ha problematiche e questo è molto triste." Cosimo Longo, Daniel, ha invece scelto di parlare della questione da un altro punto di vista: "Lo sbaglio è categorizzare le persone in normali e non. Siamo tutti diversi e tutti uguali, proviamo le stesse emozioni, viviamo la stessa vita." Anche Federica Pagliaroli, interprete di Emma, ha affermato di aver pensato spesso al concetto di normalità giungendo a un bivio: "Ho pensato spesso alla parola normalità: o non esiste o va rivalutato come termine, in modo che comprenda il 90% delle cose che attualmente non include."

Mental e il pubblico

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Mental: una foto del cast

Alla nostra domanda se ci fosse un elemento della narrazione che si temeva il pubblico non avrebbe capito o che è stato particolarmente difficile portare su schermo, sceneggiatore e regista hanno dato due risposte diverse ma complementari. Pietro Seghetti ha infatti dichiarato: "Il nostro timore? Le patologie hanno delle problematiche specifiche che però non devono essere tutto quello che vedi quando si parla di questi ragazzi. Abbiamo fatto un grosso lavoro su questo a monte, noi volevamo che ci si potesse rispecchiare in quella voglia di stare bene che hanno tutti gli adolescenti a prescindere dalla malattia mentale." Michele Vannucci ha invece risposto: "La cosa che temo di più è il giudizio, ho paura che il pubblico giudichi questi personaggi come soggetti 'matti' e che non li ascolti. Quindi tutte le energie della messa in scena sono andate sull'amore incondizionato verso questi quattro attori che ho avuto la fortuna di dirigere e verso un progetto che è nato in maniera spericolata da parte di Rai Fiction e Stand by me: il portare su schermo qualcosa che viene rimosso dalla società, farlo senza voler rassicurare nessuno, mettere in scena dell'umanità, problemi, crisi che ogni adolescente si porta dietro. Se questo bisogno che c'è stato poi si tramuta in assenza di giudizio da parte dello spettatore, io sono felice, perché prima che patologie siamo persone."