Maya Sansa a Roma danza con gli indiani

A Roma abbiamo incontrato la bella attrice ospite del festival per accompagnare il dramma di Claude Miller Voyez comme ils dansent.

Due donne che hanno condiviso lo stesso uomo si confrontano in un drammatico faccia a faccia. A separarle due continenti diversi. Per la sua ultima opera, Voyez comme ils dansent, il regista Claude Miller punta sulla bella Maya Sansa, attrice italiana dallo spirito nomade e dal talento eclettico. Miller le affida il ruolo di una nativa americana che esercita la professione di medico in Canada, personaggio profondamente distante da Maya al quale però l'attrice italiana è riuscita a infondere vita e spessore in maniera del tutto personale. Miller, impegnato su un altro set, ha inviato un messaggio cartaceo in cui si scusa per l'assenza confermando la sua passione per i festival e la sua felicità per essere stato selezionato nel concorso internazionale e affida a Maya il compito di parlare del film.

Maya, come sei entrata a far parte del cast del film di Miller? Maya Sansa: Non sempre i registi hanno la fantasia di scegliere un attore straniero per un personaggio di nazionalità diversa dalla sua, ma stavolta Claude ha chiamato un'italiana per interpretare un'indiana d'America. All'inizio il mio personaggio era canadese con un nonno indiano d'America, ma alla prova trucco Claude si è reso conto che io ero molto credibile come indiana perciò non si è più posto il problema di giustificare le origini del personaggio. Il film è tutto girato in Quebec, ma nella finzione siamo nell'Alberta. Il contatto con Claude è stato abbastanza immediato perché io vivo a Parigi da tempo e lui conosce bene il cinema di Bellocchio. Dopo avermi vista, quando gli è capitato un ruolo in cui pensava potessi funzionare, mi ha voluta con sé.

Come ti sei preparata per il ruolo di Alex?
In passato sono stata con uomini che hanno amato altre persone e non ho avuto bisogno di confrontarmi con chi aveva vissuto la stessa esperienza di Alex. Non era qualcosa che sentivo il bisogno di approfondire. Capivo bene i sentimenti dei personaggi del film, ma il fatto che l'uomo sia morto rende tutto più complicato. A un certo punto della storia le due donne vengono unite dal lutto comune e scoprono di aver bisogno l'una dell'altra. Questa è la forza del film. All'inizio c'è un principio di ostilità e di competizione, ma più che nemiche le due sono curiose e tentano di scoprire qualcosa dell'altra.Anche se le scuse arrivano quasi immediatamente, in un primo tempo Alex viene ingannata perché mette la sua professionalità al servizio di un paziente, si reca a curarlo e scopre in realtà di doversi confrontare con l'ex moglie del suo uomo.

Maya, tu hai scelto di trasferirti a Parigi perché il cinema italiano non ti offriva ruoli adeguati?
In realtà io sono un po' nomade. Ho studiato in Inghilterra e sono tornata in Italia quando Marco Bellocchio mi ha chiamato. Adoro Roma e mi piace lavorare in Italia, ma sono molto curiosa. Volevo cambiare il punto di vista su di me. Non sono fuggita perché Parigi è molto vicino a Roma e un attore non ha alcun problema a spostarsi. Me ne sono andata per conoscere una realtà diversa. Quella di incasellare gli attori in un unico ruolo è una tendenza universale. Partire ti aiuta a conoscere una realtà diversa e a fare in modo che i produttori stranieri ti vedano con occhio differente.

Uno dei temi chiave del film è il rapporto tra vita e arte. Tu come risolvi questo dilemma?
Vic è un artista a tutto tondo. E' un uomo di spettacolo, regista, attore, showman. E' un uomo complesso che fa un lavoro complesso. Noi attori siamo un po' vittime di questo, ma io credo di gestire questa cosa con serenità, anche se devo ammettere che i rifiuti e i periodi di non lavoro sono continue prove. Ci sono periodi impegnatissimi in cui non hai tempo nemmeno per respirare e periodi in cui non si ha niente da fare e questa altalena può causare una mancanza di equilibrio. E' difficile crearsi una propria disciplina per continuare a vivere serenamente quando si è sottoposti a tanto stress.

Il tuo personaggio è concreto, positivo, soprattutto in confronto all'altra donna. Tu ti rispecchi in Alex?
Credo di si. Io sono una persona concreta e questo mi aiuta a rapportarmi col mio mestiere, però non sono equilibrata come Alex. Lei è chiusa mentre io sono molto espansiva, ma devo dire che gli indiani d'America mi affascinano moltissimo per il loro rapporto con la natura, con gli animali, con la loro spiritualità. Noi conosciamo bene il genocidio di questo popolo, però il presente non ci è molto noto e io sono stata felice di poterne appofondire la conoscenza girando questo film. In un paese civile e pacifico come il Canada, negli anni '50 gli indiani non potevano parlare la loro lingua o guidare le slitte coi cani. La chiesa cattolica ha avuto un ruolo pesantissimo nella loro emarginazione punendo i bambini che non sottostavano a queste regole ingiuste. Tutto ciò ha contribuito a creare anarchia in questo popolo che oggi quasi non conosce più la sua lingua e le sue tradizioni.

Il film chiede molto a tutti e tre gli attori. A te chiede di lavorare per sottrazione perché vivi una relazione sentimentale in assenza. Quali indicazioni ti ha fornito Miller?
Claude lascia gli attori molto liberi. E' una presenza importante, ma sul set non parla molto e ci ha permesso di presentargli la nostra interpretazione del personaggio. E' una persona gentile, generosa e sul set è capace di creare un'atmosfera di lavoro ideale. L'unica indicazione che mi aveva dato per Voyez comme ils dansent è stato fornirmi il documentario sugli indiani d'America da visionare sia per capire la storia del popolo che per comprendere le differenze tra chi è cresciuto in riserva e chi, come Alex, è cresciuto fuori.

Quale è il rapporto tra la crisi dei personaggi e la natura lussureggiante presente nel film?
La sensazione rispetto al film è che Vic avesse bisogno di fuggire dalla compagna e da Parigi. Il fatto che, mentre si trova in Canada, ha un malore e viene soccorso da Alex è una coincidenza che per Vic rappresenta una sorta di salvezza. Vic si è innamorato di una via di fuga, di colei che lo può allontanare da ciò che lo fa soffrire. Gli indiani d'America hanno un animale simbolo capace di guarirli, inoltre appartengono a famiglie di animali. Alex fa parte della famiglia dell'orso, animale guaritore per eccellenza. Purtroppo, con l'avanzare della storia , capiremo che non basta cambiare luogo e donna quando la sofferenza è così intensa. La natura assiste impassibile ai dolori e in certi casi il contatto con essa non basta. Almeno questa è la visione presente nel film. Personalmente penso che vivere a contatto con la natura aiuti molto. Quando noi stiamo male abbiamo bisogno di partire, di recarci in un posto selvaggio.

Alex presenta dei tratti comuni a quelli di tante figure femminili appartenenti nel cinema di Claude Miller. Ti sei ispirata a qualche personaggio o attrice in particolare?
Non posso dire di essermi ispirata alle altre figure femminili create da Claude Miller perché credo che sia controproducente ispirarmi agli altri attori. Rischio di fare confusione, di cogliere imput sbagliati mentre le indicazioni da seguire sono quelle del regista.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
E' in uscita il film di Gianni Amelio Il primo uomo in cui interpreto la moglie di Camus. In primavera ho girato il film di Davide Marengo Breve storia di lunghi tradimenti e adesso sono appena rientrata da New York dove ho girato un corto con Giada Colagrande. A breve andrò in Zambia con OXFAM per un progetto umanitario.