La gente sembra pensare che io sia una persona molto religiosa, molto seria, e che adesso sia un uomo anziano che passa il tempo a giocare a scacchi. (...) Non sono affatto così serio come pensano, non gioco nemmeno a scacchi. E in realtà, non so bene neppure chi sono.
Pochi volti sono penetrati nel nostro immaginario cinematografico con la forza, l'intensità, ma anche quel senso di familiarità propri di Max von Sydow. Il suo viso lungo, severo, illuminato da brillanti occhi celesti che suggerivano profondità siderali, ha accompagnato in effetti intere generazioni di spettatori: i cinefili, innanzitutto, che hanno associato le sembianze dell'attore svedese al cinema di Ingmar Bergman, la cui consacrazione internazionale è avvenuta quasi in contemporanea con quella del suo interprete favorito; ma anche gli spettatori più giovani, molti dei quali probabilmente hanno conosciuto la presenza scenica e la gravitas inconfondibile di Max von Sydow per la prima volta nella serie Il trono di spade o nel settimo episodio di Star Wars.
Dal cinema di Bergman a Il trono di spade, passando per Gesù e il diavolo
Del resto la grandezza di un attore quale Max von Sydow, nome d'arte di Carl Adolf von Sydow, risiedeva anche in questo: gli bastavano pochi minuti per lasciare il segno e infondere solennità, autorevolezza o pathos ai propri personaggi. Ed era lui stesso, con quell'autoironia che lo aveva sempre caratterizzato, a riconoscere la propria natura di "grande vecchio" del cinema; superati gli ottant'anni, aveva dichiarato: "I personaggi che mi vengono offerti sono perlopiù nonni oppure vecchi padri, gente gradevole, ma non terribilmente interessante. La maggior parte delle volte non stanno troppo bene, e molto spesso muoiono a pagina 36". Di anni, von Sydow ne aveva compiuti novanta il 10 aprile 2019: e per quanto sia banale, fa sorridere pensare che in quella leggendaria partita a scacchi, raccontata da Ingmar Bergman oltre sei decenni fa, sia riuscito a tenere la morte sotto scacco tanto a lungo.
L'anno era il 1957, il film Il settimo sigillo: la sua prima collaborazione con Bergman, ma anche il classico a cui Max von Sydow avrebbe legato per sempre il proprio nome. Dal lungo e fortunato sodalizio con Ingmar Bergman, nel decennio successivo l'attore sarebbe approdato a Hollywood: nel 1965 interpreta nientemeno che Gesù Cristo nel kolossal religioso La più grande storia mai raccontata di George Stevens e nel 1966 affianca Julie Andrews nel dramma campione d'incassi Hawaii di George Roy Hill. Da allora, la sua carriera si sarebbe divisa fra l'America e l'Europa, passando con disinvoltura dal piccolo al grande schermo: dal dittico del conterraneo Jan Troell (Karl e Kristina e La nuova terra) a Cadaveri eccellenti di Francesco Rosi, dallo spy-thriller I tre giorni del Condor di Sydney Pollack al dramma corale La nave dei dannati, da Fuga per la vittoria di John Huston a uno dei capolavori di Woody Allen, Hannah e le sue sorelle, in cui impersonava il ruvido pittore fidanzato con Barbara Hershey.
Ma nella filmografia di un talento versatile quale Max von Sydow non troviamo solo tantissimo cinema d'autore; soprattutto a partire dagli anni Ottanta, l'attore svedese era diventato una presenza costante in titoli più 'commerciali' e blockbuster di fantascienza, quali Flash Gordon, Conan il barbaro, 007: Mai dire mai, Dune, e poi ancora Dredd - La legge sono io e Minority Report di Steven Spielberg, spesso in parti da villain. Ingaggiato da maestri quali Martin Scorsese (Shutter Island) e Ridley Scott (Robin Hood), fino al Corvo con Tre Occhi ne Il trono di spade, von Sydow ha potuto vantare una delle carriere più longeve, variegate e sorprendenti che si possano desiderare; una carriera che abbiamo provato a sintetizzare attraverso cinque grandi ruoli, in ordine cronologico, appartenenti ad alcuni tra i migliori film a cui ha preso parte in sette decenni di attività.
1. Il settimo sigillo (1957)
Se i film di Ingmar Bergman sono stati conosciuti ed amati dal pubblico di tutto il mondo, e continuano ad essere considerati quanto di più bello la settima arte ci abbia mai regalato, una parte di merito è anche di Max von Sydow: perché nessuno ha saputo incarnare le inquietudini esistenziali e l'angoscia per il "silenzio di Dio" con la stessa potenza espressiva dell'attore svedese. Un esempio su tutti, il cavaliere Antonius Block de Il settimo sigillo: non solo per quella partita con la Morte entrata da subito nell'iconografia del ventesimo secolo, ma per l'umanità tormentata, la fede vacillante e il bisogno di speranza che trapelano da ogni primo piano di quel volto meraviglioso.
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2. La fontana della vergine (1960)
Altra pietra miliare della collaborazione fra Max von Sydow e Ingmar Bergman, La fontana della vergine, premio Oscar come miglior film straniero del 1960, ci trasporta nuovamente nella Svezia medievale per raccontare il dolore, il senso di colpa e la vendetta di Töre, proprietario terriero e padre di famiglia, devastato alla scoperta dello stupro e dell'omicidio della giovanissima figlia Karin. L'intensità drammatica di questo personaggio, diviso simbolicamente fra cristianesimo e paganesimo, si fa specchio dell'eterno dissidio tra i vincoli della fede e gli impulsi umani, e segna un'altra vetta di un sodalizio che, nell'arco di poco più di un decennio, avrebbe dato vita a numerosi film memorabili: dalle suggestioni de Il volto al claustrofobico dramma Come in uno specchio, dallo struggente Luci d'inverno all'incubo visionario de L'ora del lupo.
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3. L'esorcista (1973)
Insieme ad Antonius Block, è l'altro ruolo-simbolo della carriera dell'attore svedese, indubbiamente tra i migliori film di Max von Sydow: padre Lankester Merrin, l'archeologo e sacerdote che dà il titolo al romanzo di William Peter Blatty e alla sua trasposizione cinematografica del 1973, L'esorcista di William Friedkin, semplicemente il film horror di maggior successo di tutti i tempi. Vero e proprio fenomeno spartiacque nell'ambito del proprio genere di appartenenza, L'esorcista affida al padre Merrin di Max von Sydow non solo il suo prologo, il ritrovamento della statuetta del demone Pazuzu, ma anche l'indimenticabile atto finale: quel devastante confronto fra il Bene e il Male, fra gli esseri umani e le demoniache forze degli inferi, sintetizzato in maniera emblematica nel volto dolente di von Sydow nel momento in cui si accinge ad incontrare il Maligno faccia a faccia.
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4. Pelle alla conquista del mondo (1987)
Da un classico della letteratura scandinava di inizio Novecento, scritto da Martin Andersen Nexø, il regista danese Bille August ha tratto uno dei film europei più apprezzati degli anni Ottanta: Pelle alla conquista del mondo, vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes 1987 e dell'Oscar come miglior film straniero. L'odissea dell'emigrante svedese Lasse Karlsson e di suo figlio, il piccolo Pelle, che alla metà dell'Ottocento approdano su un'isola della Danimarca e devono far fronte a durissime condizioni di vita, fra angherie e discriminazioni, è la cornice di un racconto di formazione che ricorda un'altra fortunata pellicola interpretata da Max von Sydow nel 1971, Karl e Kristina. E grazie al suo vivido ritratto di Lasse Karlsson nel film di August, von Sydow si è aggiudicato lo European Film Award e la nomination all'Oscar come miglior attore.
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5. Molto forte, incredibilmente vicino (2011)
Una seconda candidatura all'Oscar sarebbe arrivata, nel 2011, per un Max von Sydow ultraottantenne, capace di commuovere senza pronunciare neppure una sillaba in Molto forte, incredibilmente vicino: l'adattamento, diretto da Stephen Daldry, del romanzo di Jonathan Safran Foer, in cui l'attentato dell'11 settembre e le sue tragiche conseguenze vengono rivissute mediante il punto di vista di un ragazzo newyorkese di dieci anni, Oskar Schell, che nel crollo delle Torri Gemelle ha perso il padre Thomas. E accanto al piccolo protagonista Thomas Horn, a conquistare l'attenzione dello spettatore è un magnifico Max von Sydow nella parte di un uomo misterioso affetto da una forma di mutismo, e che pertanto comunica con Oskar solo attraverso un blocco per gli appunti e con il linguaggio del proprio sguardo. Uno sguardo che, negli occhi di Max von Sydow, diventa un formidabile veicolo di empatia e di emozione: l'ennesima riprova di questo talento smisurato, per il quale non saremo mai abbastanza grati...