"Quando ho iniziato a lavorare, circa trent'anni fa, mi affidavo al mio istinto. Ho imparato ad analizzare i miei personaggi. Sto ancora imparando. Ora voglio affrontare un'esperienza personale quando interpreto una parte". Matthew McConaughey, rilassato nella sua inconfondibile cadenza texana, risponde così quando gli viene chiesto cosa abbia imparato dalla sua carriera. L'occasione è l'arrivo su Apple TV+ di The Lost Bus diretto da Paul Greengrass, che racconta di un autista di autobus, Kevin, che insieme all'insegnate Mary (America Ferrera) porta in salvo un gruppo di studenti durante il terribile incendio di Camp Fire, divampato in California nel 2018.

A tutti gli effetti, quello di McConaughey, è un ritorno al cinema a sei anni da The Gentleman di Guy Ritchie. "Volevo lavorare con Paul Greengrass, ma non avevo mai ricevuto una sua chiamata. Mi piace il suo gusto, mi piace il modo in cui gestisce l'azione di ampio respiro ma anche il dramma personale e interpersonale", spiega il premio Oscar, quando lo incontriamo su Zoom, "Questo è un film devastante, che non si sottrae a nessuno degli orrori. Ma allo stesso tempo, al suo centro, c'è la scelta di raccontare una storia su queste due persone, un autista di autobus e un'insegnante, che non si sono svegliati quel giorno pensando che oggi avrebbero fatto qualcosa di eroico. Mi piacciono le storie che parlano di emarginati che compiono gesti eroici". Curiosità: in The Lost Bus recitano anche il figlio di Matthew, Levi McConaughey e la 93enne mamma dell'attore, Kay McCabe.
The Lost Bus: intervista a Matthew McConaughey
Redenzione e seconde possibilità. Dietro la sceneggiatura firmata da Brad Ingelsby, ispirata a una storia vera e basata sul libro Paradise: One Town's Struggle to Survive an American Wildfire di Lizzie Johnson, l'esaltazione dell'uomo comune rispetto ad una situazione estrema. Interessante, infatti, la figura di Kevin: sta per perdere il lavoro e ha un figlio con cui non parla. "Quando cerchiamo una nuova possibilità aspettiamo il momento giusto", prosegue l'attore, "Credo che molti non vogliano aspettare troppo a lungo, sfuggendo ai rimorsi e ai rimpianti. L'importante è cogliere l'occasione. Ecco perché le seconde possibilità sono meravigliose".
Se è vero che l'assenza dal set è durata sei anni, Matthew McConaughey ha firmato nel 2020 un memoir, nel 2023 ha realizzato un libro illustrato e, più recentemente, ha pubblicato una raccolta di "poesie e preghiere" divenuta best-seller. "Sono stati sei anni molto creativi, e ho scritto di più, sono diventato uno scrittore. Mi sono goduto la paternità lungo il percorso, che per me è sempre stata una priorità, anche quando facevo film. Non era un periodo di pausa, stavo comunque creando. Ho sempre tratto ispirazione dalla vita reale. E a volte ci vuole del tempo libero per attraversare un certo capitolo e dire: "Vivrò la mia vita in un modo diverso". Questo mi dà anche una nuova prospettiva sul mestiere di attore".
La regia di Paul Greengrass per un'epopea infuocata

Movieplayer.it ha incontrato Matthew McConaughey in un paio di occasioni, insieme ad un'altra manciata di giornalisti internazionali, prima dell'arrivo in streaming di The Lost Bus. L'attore, entusiasta del progetto, ha più volte rimarcato la potenza visiva e narrativa del film, iniziando proprio dalla regia di Paul Greengrass: "Paul ama la claustrofobia. Basta guardare United 93 o Captain Phillips. Dietro i suoi film c'è urgenza e intensità. Ama combinare il mondo esterno con un spazio ristretto, mentre il tempo scorre. In The Lost Bus ci regala un'epopea infuocata, bilanciando tutto con una una storia intima. Prima di girare avevamo una sceneggiatura di 150 pagine, poi ridotta a 36. L'importante era ottenere qualcosa dalle scene, provando e riprovando. Nonostante le fiamme, direi che non mi sono mai sentito in pericolo, anche perché dovevamo fare in modo che la coreografia sembrasse caotica. Ancora una volta, questo è ciò che Paul sa fare molto bene".
Una credibilità che passa attraverso la costruzione dei personaggi, a cominciare dai dettagli e dal contesto. L'esempio perfetto, capace fin da subito di umanizzare Kevin, arriva all'inizio del film quando è costretto a dire addio al suo anziano cane. "Purtroppo, ho dovuto affrontare questo momento tre o quattro volte nella mia vita", dice commosso. "Chiunque abbia dovuto farlo sa che è una giornata orribile da affrontare. Anche se è la cosa migliore per il cane, è una sensazione orribile. Se hai dovuto farlo con un tuo animale domestico, non dimentichi quella sensazione. Abbiamo aggiunto alcune cose. Ricordo quando ho dovuto sopprimere il mio ultimo cane. Siamo andati al drive-through e gli abbiamo preso un cheeseburger come ultimo pasto. Lui era felice. È stato davvero triste. Stanno lì seduti a guardarti. Ho avuto un paio di cani che mi guardavano come per dire: "Sono pronto. Mi faresti un grande favore se mi portassi a sopprimere". E tu pensi: "Oh, cavolo". Chiunque l'abbia fatto se lo ricorda, e io me lo sono sicuramente ricordato in quella scena".
Il cambiamento climatico
Anche se il film non cita espressamente il cambiamento climatico, è chiaro quanto sia sottinteso il tema. "È un equilibrio delicato, man mano che la civiltà prende il sopravvento su Madre Natura. A volte compensiamo eccessivamente, mandando tutto fuori giri. Di solito, Madre Natura, in qualche modo, ce lo fa sapere. Ma bisogna riportare l'ago indietro e ristabilire l'equilibrio, perché al momento siamo completamente fuori fase. Molte volte, come in questo film, il rapporto che l'umanità e la civiltà hanno con Madre Natura viene stravolto in modo pericoloso".