Con i suoi Scappa - Get Out, Noi e con la serie Lovecraft Country, Jordan Peele ha inaugurato un nuovo filone di horror psicologico sfruttando il genere per denunciare il razzismo presente nella società americana. Filone in cui si insinua con eleganza l'opera prima di Mariama Diallo, giovane regista newyorkese che affronta la questione con sottigliezza. La recensione di Master, su Prime video dal 18 marzo, evidenzia la capacità della sua autrice di dire la sua su un genere fortemente connotato come il thriller soprannaturale, cercando una via per l'innovazione attraverso l'adesione a un punto di vista femminile e soluzioni narrative tutt'altro che scontate.
Le suggestioni di Master derivano prima di tutto dalla sua ambientazione. Il film si svolge interamente in un campus del New England, il fittizio Ancaster College, una delle università più antiche degli Stati Uniti tutta palazzi imponenti di pietra circondati da prati verdi. Siamo dalle parti del Massachussets e di Salem, la regione dei processi alle streghe. La regista forgia la struttura libera e insolita del film alternando il punto di vista delle due protagoniste femminili. Gail Bishop, interpretata da Regina Hall, è stata appena nominata prima rettrice donna di colore di Ancaster; Jasmine Moore (Zoe Renee) è una brillante matricola afroamericana alle prese con la nuova realtà del college. Realtà che si rivelerà sempre più spaventosa soffocante dal momento in cui scopre che la sua stanza potrebbe essere infestata dallo spirito di una studentessa, vittima di bullismo, che si è gettata dalla finestra alle 3:33 di una notte di qualche decennio prima.
Tra reale e soprannaturale, la tensione è crescente
Le pellicole horror ambientate nei campus dei college sono un topos visitato in certa misura anche dal nostro Dario Argento con Suspiria. La peculiarità di Master sta, però, nella scelta di non farsi ingabbiare dal genere, ammiccando sì alle atmosfere dei vari Black Christmas e Auguri per la tua morte, ma con intenti assai diversi. La prima prova autoriale di Mariama Diallo si rivela un lavoro maturo e complesso, un thriller psicologico con venature soprannaturali che mantiene sempre i piedi ben radicati in un contesto realistico. Per tutta la durata del film, la regista costruisce una tensione crescente, senza concedere pause allo spettatore avvinto dalle atmosfere tetre e situazioni torbide. Questa ambiguità che avvolge la pellicola apre a squarci di orrore e jumpscare ben dosati, ma al momento di premere l'acceleratore sulla dimensione orrorifica Diallo fa un passo indietro, scegliendo di lasciare il pubblico sospeso tra reale e soprannaturale.
La presenza stregonesca che aleggia sull'Ancaster College, causa - pare - dei misteriosi suicidi avvenuti nella struttura, al di là di indizi e suggestioni non viene mai esplicitata lasciando allo spettatore il compito di sbrogliare la matassa e darsi le spiegazioni che Mariama Diallo omette optando per un finale aperto. Questa libertà permette alla regista di concentrarsi sull'aspetto che sembra starle realmente a cuore, la rivendicazione dei diritti delle minoranze, raccontando la storia di donne di colore alle prese con un ambiente elitario, conservatore e sciovinista. La lotta per l'accettazione e il rispetto accomuna la rettrice Gail e la matricola Jasmine, ma alle due donne è d'obbligo aggiungere Liv (Amber Gray), insegnante di letteratura anticonformista sui cui comportamento aleggia, però, l'ombra del dubbio. A frenare il loro percorso una coltre di pregiudizio, incomunicabilità e incomprensione che incombe su Ancaster, tra gli insegnanti come nel corpus studentesco. Diallo analizza l'ipocrisia e la discriminazione attraverso uno scavo psicologico che rappresenta il valore aggiunto del lungometraggio insieme alle performance, tutte convincenti, a partire dalla stessa Regina Hall, che attraversa una nuova primavera lavorativa inaugurata dalla serie Amazon Nove perfetti sconosciuti.
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Lo stile al servizio del messaggio
La collisione tra presente e passato, in un luogo in cui la tradizione sembra perpetrarsi in eterno, permea una pellicola giocata su contrasti tra personaggi e categorie: giovane/vecchio, antico/moderno, bianco/nero, ricco/povero, realtà/immaginazione, verità/menzogna. Su questa serie di dicotomie si innesta uno sguardo drammatico che talora assume tratti grotteschi, ed è proprio nella flessione umoristica di alcune sequenze che Mariama Diallo sembra aver mutuato certi tratti di Jordan Peele.
Ma è lo scavo psicologico dei caratteri ad avere la meglio su tutto il resto, favorito da uno stile evocativo, ma rigoroso, caratterizzato da lunghi piani fissi a rappresentare il primato dello sguardo su luoghi e racconto e da primi piani insistiti che descrivono lo stato d'animo dei personaggi. Un crescendo di disagio e inquietudine valorizzato dalla fotografia rigorosa di Charlotte Hornsby e dalle musiche d'atmosfera dominate dai sintetizzatori del compositore Robert Aiki Aubrey Lowe.
Conclusioni
Come mette in luce la nostra recensione di Master, la prima prova autoriale di Mariama Diallo si rivela un lavoro maturo e complesso, un thriller psicologico con venature soprannaturali che mantiene sempre i piedi ben radicati in un contesto realistico. Convincenti le performance a partire dalla protagonista Regina Hall.
Perché ci piace
- Le atmosfere ambigue e l'equilibrio tra denuncia a sfondo sociale e thriller soprannaturale.
- Notevoli le performance del cast, quasi tutto al femminile, capitanato da Regina Hall.
- La drammaturgia rivela l'esordio di un'autrice originale e impegnata, in grado di mantenere alta la tensione con uno sguardo al grottesco e allo humor.
- Anche se non è un horror puro, non mancano i momenti di tensione.
Cosa non va
- La scelta di un finale aperto ribadisce l'intelligenza dell'autrice, ma lascia privi di risposta alcuni interrogativi.