Fine luglio, in anticipo con i tempi rispetto all'inizio della Mostra del Cinema di Venezia. L'avremmo conosciuta dal vivo solo un mese dopo, ma intanto la chiamiamo al telefono, per un'intervista che, parola dopo parola, diventa informale chiacchierata. Dall'altra parte del telefono, Maria Chiara Arrighini. Bresciana, classe 1998, e un volto perfetto per il grande schermo. Un volto che ricorda le attrici francesi degli Anni Sessanta. Un volto che la regista Carolina Pavone definisce "fragile, audace, dirompente". Tanto che l'ha voluta come protagonista di Quasi a casa, lungometraggio che ha segnato il loro rispettivo esordio. Coming-of-age, romanzo di formazione, viaggio tra la vita e la musica di una ragazza alla ricerca del futuro. "Carolina ha scritto un film incredibile, ha descritto quello che da trentenne sta vivendo", ci dice Maria Chiara Arrighini, "È un film onesto da questo punto di vista, parla di una cosa che conosciamo, si è incastrato tutto perfettamente".
Quasi a casa parla di crescita, di consapevolezza, di osservazione, di capacità. Ma quanto è complicato crescere e affermarsi in un modo che affossa il futuro? "Crescere è doloroso, il processo è doloroso. Fa paura. E poi non so perché credo che abbiamo un approccio diverso rispetto alle generazioni precedenti, in questo senso. C'è una visione diversa rispetto allo stabilirsi o il cercarsi in una società. Prima eri più legati ad un lavoro stabile. Ora è diverso. È un discorso che faccio con molte mie amiche".
Quasi a casa: la nostra intervista a Maria Chiara Arrighini
In Quasi a casa, Maria Chiara Arrighini interpreta Caterina, una ragazza con il sogno di diventare cantautrice. Per caso, per voglia o per destino, incontra la sua popstar preferita, Mia (Lou Doillon), durante una placida e svogliata estate. La sceneggiatura affronta quindi la musica come approdo, come obbiettivo, come lavoro. Un parallelo che si può tracciare anche con il lavoro dell'attrice. Tuttavia, è difficile rendersi conto, avere la giusta prospettiva, in un Paese che stigmatizza l'arte come vero mestiere. "Credo che la cosa più difficile è stato accettare questa consapevolezza legata all'interpretazione. Ma è anche una cosa bella, una grande fortuna potere vivere così la mia vita. Nonostante sia difficile farmi accettare dalla società: il mondo è affascinato da chi fa l'attore, ma vede solo l'aspetto che il mercato porta in superficie. Invece, quando ci entri dentro ti rendi conto di quanto sia complesso".
Un inizio decisamente promettente per l'attrice, visto l'oggettivo talento mostrato. "Sono all'inizio, in qualche modo mi trovo ad accettare compromessi, senza sentirmi totalmente libera. Ho però incontrato persone che mi hanno consigliato bene, dandomi degli strumenti utili. Resto in ascolto, ma il mio lavoro deve essere personale". Ma come è nato l'amore di Maria Chiara Arrighini per la recitazione? "Ero al liceo, stavamo mettendo in piedi uno spettacolo teatrale. Volevo andare in scena continuamente. Tutto è nato come esperienza nel teatro e continua ad essere così. Il processo di creazione in sala prove, il confronto con il pubblico, quello mi ha fatto capire che volevo recitare".
Quasi a casa, recensione: di vita, di musica, di identità nel bell'esordio di Carolina Pavone
Una bresciana a Roma
Secondo l'attrice, la vera differenza del film risiede nella scrittura di Carolina Pavone "Carolina è quella persona, quell'artista che scrive sul 'quasi'. Non scrive per luoghi comuni. Anche se la storia raccontata forse ha tratti comuni. O meglio, non raccontiamo cose straordinarie, ma allo stesso tempo quello che vuole raccontare la regista è qualcosa di non convenzionale. Oggi siamo schiavi delle convenzioni, degli obblighi sociali. Dovremmo ritrovare il bambino che è in noi". Per questo, sul set ha mostrato una marcata naturalezza "Sembravo effettivamente in confidenza con quello che stavo facendo, anche se fingere di essere una cantante non è facile. Un po' come Josh O'Connor con il tennis in Challengers. Sembrava un vero tennista! Per creare il personaggio mi ha aiutato Costanza Puma, una musicista emergente che è appena uscita con il suo primo disco. È stata la mia maestra. Facevamo gli esercizi vocali insieme, mi ha regalato le sue canzoni per il film. Non è stato per nulla scontato. Immagina che cosa complessa può essere...".
Dandoci appuntamento a Venezia (per inciso sì, ci siamo poi incontrati, raccontandoci della nostra passione in comune per la Pimpa di Altan), chiediamo a Maria Chiara Arrighini come è, per una bresciana, vivere a Roma "Traumatico! Mi sono trasferita a 500 km da casa, a 19 anni, quando sono entrata alla Silvio d'Amico. Anche se avrei voluto vivere al nord.. poi l'esperienza mi ha fatto innamorare dei romani e delle romane. E poi devo dire... la romanità di Carolina e Costanza l'ho usata per interpretare Caterina. Erano i miei riferimenti, un mood. Tuttavia, mi sento di avere delle crisi identitarie, e a volte un po' soffro. Però spostarsi spesso, come recitare, è sempre un'esperienza arricchente".