Tra il primo e il secondo Aquaman James Wan ha trovato il tempo di realizzare un film horror con cui è tornato alle origini: Malignant è in sala dal 2 settembre ed è l'occasione per il regista di poter tornare a temi e tecniche che ama, come gli effetti speciali artigianali e il dualismo mente corpo.
Annabelle Wallis (Grace nella serie tv Peaky Blinders) torna a lavorare con Wan dopo Annabelle: questa volta ha il ruolo di Maddie, ragazza adottata che ha passato l'infanzia in un istituto psichiatrico. La sua famiglia adottiva era preoccupata per lei: da piccola parlava con un amico immaginario di nome Gabriel, da lei definito "il diavolo".
Diventata adulta prova a rimanere incinta, ma le percosse del marito violento mettono a dura prova la sua salute fisica e mentale. Fino a quando non si manifesta di nuovo proprio Gabriel, che sembra piuttosto arrabbiato per essere stato messo da parte tutti questi anni. Malignant sembra una classica storia di possessione demoniaca, ma in realtà James Wan ha cercato di stupire lo spettatore. Ne abbiamo parlato proprio con lui.
Malignant: James Wan torna alle origini
Dopo i grandi budget dedicati agli eroi DC, un piccolo horror come questo: volevi tornare a casa?
Per me era importante. Di solito quando faccio film più grandi, come Aquaman, a un certo punto mi stufo e mi viene voglia di fare un film più piccolo. E poi quando ci riesco voglio subito tornare ai blockbuster, per poter usare ogni tipo di giocattolo. Sentivo che era un po' che non tornavo ai film con cui ho cominciato, come Saw, Death Sentence, Dead Silence. Avevo voglia di tornare a quel cinema più viscerale, crudo, sporco: mi mancava. Avevo la sensazione che dopo Insidious e The Conjuring la gente pensasse che so fare solo film di fantasmi e possessioni: volevo cambiare questa percezione che il pubblico ha di me. Con Malignant ho fatto un tuffo nel passato. Tra il primo e il secondo Aquaman sapevo di aver bisogno di pulire la mia tavolozza e fare qualcosa di diverso dai film DC. Malignant mi ha permesso di giocare con temi e un tipo di cinema che amo: adoro gli effetti speciali artigianali, il trucco prostetico, giocare con il gore. Non lo facevo da qualche anno. Questa storia in particolare mi ha permesso di esplodere e poter essere il più esagerato, folle e divertente possibile.
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Malignant e l'horror anni '70 e '80
C'è un richiamo ai film horror anni '70 e '80: a chi ti sei ispirato?
Le mie fonti di ispirazioni sono diverse: da Mario Bava a Dario Argento, passando per David Cronenberg. Ma l'idea viene da degli argomenti che mi affascinano: i taratomi, i gemelli parassiti. Alcune persone hanno dentro di loro dei gemelli: magari a un certo punto lo stomaco non funziona bene, c'è qualcosa che non va, si fanno una radiografia e pensano di avere un tumore, invece è un gemello parassita, che hanno assorbito dentro di sé quando erano nell'utero. È una idea così interessante: ti aprono e scopri che hai un gemello nel corpo! Questa è stata la genesi del film. Sono partito da qui e poi ho dato sfogo al mio amore per gli horror anni '70 e '80: cercavo una scusa per rifarmi a quello stile.
Malignant: una mescolanza di generi
Malignant è thriller psicologico, body horror: come mai hai voluto mescolare tutti questi generi?
È una combinazione di vari generi: c'è un po' di fantascienza, thriller psicologico. Ma sono contento che tu faccia riferimento a quella frase: mi ha suggerito l'idea Ingrid Bisu, sviluppata insieme a Akela Cooper, che ha scritto la sceneggiatura. La protagonista è una donna, interpretata da Annabelle Wallis, ma sia davanti che dietro la macchina da presa il film ha un forte punto di vista femminile: è un tema importante oggi, soprattutto in America. Le donne non vogliono più sentirsi dire cosa fare. Dicono: vogliamo riprenderci il nostro corpo, questo è ciò che siamo, non diteci come vivere le nostre vite. La nostra protagonista, Madison, è stata oppressa per tutta la vita dagli uomini: dal marito violento e da Gabriel, che è sempre stato nella sua testa e l'ha controllata. Madison vuole trovare la sua identità e riprendere possesso di se stessa. È stato un tema importante per noi durante la lavorazione del film: lo rispetto e non volevo venisse tolto dal film. Certo, sono un regista horror, e l'ho raccontato da un punto di vista molto horror, rendendo tutto spaventoso.
Malignant e gli effetti speciali artigianali
Come avete realizzato Gabriel?
Portare Gabriel in vita non è stato facile: è nato dalla combinazione dell'abilità di diverse persone piene di talento. Una parte si deve alla performance di Annabelle Wallis: ha reso bene l'idea di essere cosciente e incosciente. Poi c'è il lavoro della body performer, Marina Mazepa: è lei a fare i movimenti all'indietro quando Gabriel prende il controllo di Madison. Ha fatto tutto al contrario contorcendo il suo corpo e combattendo all'indietro, mentre indossava la faccia di Annabelle Wallis e sulla schiena aveva un animatronic di Gabriel. Poi c'è voluto anche il contributo degli effetti speciali: il nostro team ha costruito dita e polsi al contrario. Lo si può intuire anche quando vediamo Gabriel solo come una siloutte, con cappotto e capelli lunghi: se ci si fa caso, quando impugna l'arma, i pollici sono nel posto sbagliato. Abbiamo prestato grande attenzione ai dettagli. Non è stato facile, abbiamo studiato molto per ogni scena per cercare di capire come girare.
Malignant e gli oggetti inanimati
Il tuo nickname su Instagram è creepy pupe (marionetta inquietante): hai voluto realizzare un film ispirato a questo soprannome?
Rispecchia chi sono: sono appassionato di pupazzi e marionette, oggetti inanimati che sembrano privi di vita a cui voglio donarla. È come nei film di Guillermo Del Toro: appena ne vedi uno capisci immediatamente cosa lo affascina. Queste sono le cose che piacciono a me: amo gli animatronics, bambole, marionette, cose che noi, come esseri umani, quando stiamo crescendo immaginiamo che abbiano una personalità. Da piccoli giochiamo con bambole e pupazzi e fingiamo che siano vivi: questa spinta la possiedo ancora. Do una personalità al mio orologio, alla mia lampada, immagino che abbiano occhi. Prendo sempre i miei cani e faccio finta che parlino. È qualcosa che mi affascina, fa parte di me. Sono fortunato a essere un regista che può dare un'impronta personale al proprio lavoro.