Making a Murderer: la docu-serie crime di Netflix ricca di colpi di scena “cinematografici”

Presentato in anteprima al DOC NY Film Festival arriva in contemporanea con gli Stati Uniti, Making a Murderer, il documentario a puntate diretto da Laura Ricciardi e Moira Demos. La risposta di Netflix alla docu-serie della HBO: The Jinx.

Netflix, la piattaforma di streaming on line da fine ottobre sbarcata anche nel nostro Paese, continua inarrestabile la sua scalata all'olimpo dell'audiovisivo, sempre più in prima linea nella produzione di prodotti originali eterogenei e di ottima qualità come dimostrano le serie tv, Daredevil o Jessica Jones, i documentari What Happened, Miss Simone? e Chef's Table, fino a Beasts of No Nation, la pellicola diretta da Cary Fukunaga presentata in concorso a Venezia 72, e lo speciale di Natale diretto da Sofia Coppola, A Very Murray Christmas.

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Making a Murderer: una scena della docu-serie di Netflix
Making a Murderer: una scena della docu-serie di Netflix

In questa economia di pensiero s'inserisce Making a Murderer, il documentario a puntate diretto da Laura Ricciardi e Moira Demos presentato in anteprima al DOC NY Film Festival ed incentrato a ripercorrere le travagliate quanto incredibili traversie giudiziarie di Steven Avery, l'uomo accusato ed ingiustamente detenuto in carcere per diciotto anni per un'aggressione a sfondo sessuale non commessa, attualmente in galera con l'incriminazione di essere l'esecutore della scomparsa e relativa uccisione di un'altra giovane donna. Un documentario crime suddiviso in dieci episodi che ripercorrono la vicenda umana e processuale dell'uomo e che non possono non far affiorare alla mente un parallelo con The Jinx: The Life and Deaths of Robert Durst, la docu-serie HBO dai contorni investigativi diretta da Andrew Jarecki ed incentrata nel ripercorrere - tra interviste, ricostruzioni, filmati e testimonianze - gli ultimi trent'anni di Robert Durst, il milionario serial killer accusato di tre omicidi, ora in attesa di processo grazie proprio alle prove a suo carico evidenziate da Jarecki e il suo team. Dieci anni di lavoro per le due registe che hanno seguito l'evolversi, tutt'altro che privo di colpi di scena, della vita di Avery, in continuo equilibrio tra innocenza e colpevolezza. Un'arco temporale che dal 1985 giunge fino al 2005 e nel quale, come nelle sceneggiature più intricate ed intriganti, il contorno della verità è sfumato da numerose variabili che impediscono di giungere ad una conclusione netta.

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Making a Murderer: un gruppo di sospettati
Making a Murderer: un gruppo di sospettati

Making a Murderer è un prodotto narrativamente stratificato che parte da Steven Avery per includere più temi che vanno dalle falle del sistema giudiziario all'abuso di potere, dal ruolo dei media alle indagini investigative, passando per un ritratto del cuore dell'America, non quella sofisticata dello skyline di New York o quella appariscente e glamour di Hollywood, ma di quella fatta di fattorie, centri abitati circoscritti ed esistenze ai margini trascorse senza grandi ambizioni tra lavori passati di padre in figlio e famiglie numerose.

Un'odissea giudiziaria

Making a Murderer: un'immagine tratta dalla serie documentario di Netflix
Making a Murderer: un'immagine tratta dalla serie documentario di Netflix

Il primo episodio del documentario si apre con le immagini dei notiziari locali e nazionali del 2003 che seguono passo per passo i primi istanti di libertà di Steven Avery dopo una detenzione durata diciotto anni per una violenza sessuale per la quale si era sempre professato innocente fin dal suo arresto nel 1985. A scagionarlo un'esame del DNA, tecnica investigativa di medicina forense non in uso all'epoca dell'incriminazione (verrà utilizzata solo a partire dal 1988), che porterà a galla non solo la vera identità del responsabile ma anche la rete di condotte alquanto discutibili portate avanti da più membri della polizia di Manitovoc, Wisconsin, a partire dallo sceriffo Tom Kocourek e dal procuratore distrettuale Denis Vogel. Dall'atmosfera di festa per il ritorno di Avery in libertà, con tanto di vicini e familiari ad aspettarlo davanti alla sua vecchia casa, le registe ripercorrono a ritroso la storia dell'uomo, dall'adolescenza turbolenta fatta di piccoli furti e amicizie sbagliate, alla costruzione di una famiglia tutta sua con Lori, una ragazza madre che sposerà nel 1983 e dalla quale divorzierà mentre si trova in carcere perdendo così i contatti con i suoi figli, fino agli avvenimenti che hanno portato alla vera e propria crociata della polizia locale nei suoi confronti, creando un caso giudiziario contro di lui concluso con una sentenza a trentadue anni di reclusione. Dopo aver passato svariate primavere a veder negati tutti i suoi appelli, nel 1994, due avvocati, Stephen Glynn e Robert Henak, acconsentono a riesaminare il caso che porterà alla sua liberazione e alla scoperta della rete di falle imputabile alle forze dell'ordine che si occuparono dell'aggressione sessuale, screditandolo e contrapponendolo alla ben più credibile posizione sociale della vittima, ignorando le prove della sua innocenza.

The disappearence of Teresa Halbach

Making a Murderer: Steven Avery nelle foto scattate dagli agenti
Making a Murderer: Steven Avery nelle foto scattate dagli agenti

La sua scarcerazione ha dato vita ad un vero e proprio ciclone mediatico, tramutando, come nella più classica delle tradizioni, Steven Avery, in una celebrità del piccolo schermo con tanto di servizi giornalistici e televisivi che ne seguivano e testimoniavano il reinserimento nella società e di politici locali che ne sfruttavano le potenzialità di termini di voti da campagna elettorale. Ma la storia giudiziaria di Avery non si esaurisce con la sua causa intentata per essere risarcito degli anni ingiustamente trascorsi dietro le sbarre di un penitenziario e le due registe sono abili nel costruire narrativamente i primi due episodi di Making a Murderer creando un clima di tensione che suggerisce allo spettatore che c'è dell'altro che li aspetta. Sebbene nella costruzione sia simile a The Jinx, grazie all'ausilio di testimonianze, immagini di repertorio, filmati ed interviste, il documentario non ha la sua stessa forza visiva e differisce, in parte, anche nell'impostazione di base iniziale. Al centro della storia non c'è un colpevole ma un'innocente e persone che parlano a suo favore. Ecco però che nell'incubo a lieto fine di Steven Avery qualcosa s'incrina e le carte in gioco subiscono un notevole rimescolamento quando l'uomo diventa, nel 2005, l'unico sospettato per la sparizione ed uccisione di Teresa Halbach, una giovane fotografa professionista che si era recata alla rimessa di automobili di famiglia dell'uomo per scattare alcune foto ad una Playmouth Voyager per la rivista specializzata Auto Trader Magazine. Da vittima, Avery, si tramuta nuovamente in carnefice e porta Making a Murderer su un nuovo percorso narrativo con un colpo di scena "cinematografico".

Making a Murderer: una foto di Steven Avery, a cui è dedicata la serie documentario di Netflix
Making a Murderer: una foto di Steven Avery, a cui è dedicata la serie documentario di Netflix

Un documentario coinvolgente che rinasce nel preciso momento nel quale le sue cartucce sembrano esaurirsi e che testimonia la nuova ondata di interesse per le crime story sempre più declinate al reale o ispirate a fatti realmente accaduti come in American Crime Story, la serie antologica FX che debutterà oltreoceano a febbraio ed incentrata a raccontare il processo per omicidio che vide protagonista il campione di football O.J. Simpsonnel 1994.

Movieplayer.it

3.5/5