Si torna a Màkari ed è come rientrare in una casa che profuma di sale e zagara. La quarta stagione della serie con Claudio Gioè debutta su Rai 1 con Ferragosto è capo d'inverno e ribadisce la formula che l'ha resa un piccolo cult: giallo, ironia e leggere malinconie che hanno la Sicilia come orizzonte.

È un rientro convinto e convincente, quello di stasera: la regia di Monica Vullo e Riccardo Mosca orchestra una puntata d'apertura scorrevole, che gioca con i rimandi della memoria e, soprattutto, apre nuove traiettorie per Saverio Lamanna. L'assenza di Suleima non pesa affatto, al contrario dilata lo spazio del racconto e costringe il protagonista a muoversi su un terreno sconosciuto, a guardarsi dentro. Insomma, a crescere.
Màkari 4, cosa aspettarci dal primo episodio: partenze, ritorni e un nuovo caso per Saverio
È Ferragosto in Sicilia e nel caldo asfissiante qualcuno parte e qualcun altro invece ritorna. Suleima se ne va per lavoro a Malta, lasciando la sua metà (e Piccionello) nella disperazione, Michela invece torna con una novità che sconvolge Saverio. Non è tutto, fa la sua comparsa anche una donna del passato e porta con sé una sorpresa che è una vera e propria bomba per lo scrittore, il quale si trova a dover fare i conti con qualcosa che non aveva assolutamente previsto: la paternità.
In tutto ciò il paese di Barrafato viene scosso dall'omicidio di Ignazio Dinolfo, per anni indicato come il "Mostro" responsabile di vecchi fatti di sangue che in molti cercano di dimenticare. La sua famiglia, nello specifico, ha tentato di ricostruirsi una vita cancellando quel cognome così ingombrante. La comunità, invece, sembra avere già una risposta pronta ma Saverio (Claudio Gioè) capisce che quella verità non tiene. C'è qualcosa che non torna all'ex giornalista, che raccoglie ricordi, contraddizioni e omissioni.
Con Peppe Piccionello al suo fianco e il vicequestore Randone a fargli da contraltare, ricompone infine i pezzi e arriva a una conclusione lineare, non spettacolare, ma giusta. Il caso, come sempre, non indulge nel sensazionalismo, al contrario parla di come le storie, se ripetute all'infinito, possano deformare la realtà come un continuo telefono senza fili che non lascia vincitori.
Un ritorno a casa che non copia se stesso

La prima cosa che colpisce di questo primo episodio della quarta stagione di Màkari è la naturalezza. Il ritmo è tranquillo, da racconto di paese, dove non c'è fretta ma non ci sono nemmeno perdite di tempo e la Sicilia è presente nel suo solito modo, quello che ha conquistato milioni di telespettatori. La sua bellezza da cartolina non rimane mai sullo sfondo ma entra nella storia e ci trascina con sé, ed è una gioia per gli occhi e per il cuore.
Come nelle scorse stagioni anche in questo caso il giallo è costruito su pochi, semplici, dettagli. Non ci sono depistaggi forzati né colpi di scena eclatanti, c'è invece un lavoro sulla memoria collettiva, su etichette che restano appiccicate e paure che diventano verità. Saverio, al solito, si intromette, ascolta, fa domande semplici, torna sui luoghi e infine risolve il caso con buona grazia di Randone.
La scrittura - alla quale ci ha già abituati Gaetano Savatteri, dalle cui opere sono tratti anche questi nuovi episodi - preferisce la coerenza al clamore e lascia che sia il senso della giustizia a guidare il racconto.
Saverio e le donne: è arrivato il tempo di crescere per lo scanzonato scrittore

Lamanna in tutto ciò rimane un "uomo in fuga" (così lo ha definito lo sceneggiatore Leonardo Marini) con un'immaturità che ormai conosciamo e che ci fa tenerezza, ma la fuga comincia a perdere un po' del suo fascino. Se nelle scorse stagioni poteva "giocare" sull'ambiguità, ora l'assenza di Suleima lo costringe a ridefinire il suo ruolo, soprattutto quando entra in scena Arianna, adolescente ruvida che lo obbliga a confrontarsi con una responsabilità non eludibile.
Ma Suleima c'è proprio perché non c'è. La sua lontananza è banco di prova per la relazione e, nel microcosmo di Màkari, apre un varco utile a far respirare gli altri, Piccionello in primis. Da "semplice" amico, Peppe diventa infatti la voce della coscienza, ma anche un po'figura materna che accudisce e guida.
È lui a prendersi cura di Saverio come una chioccia col suo pulcino, consapevole che l'uomo da solo potrebbe perdere lucidità. Domenico Centamore conferma un personaggio amatissimo, che dice quello che va detto e abbassa la tensione quando rischia di diventare retorica. È principalmente suo il merito se Màkari resta una serie accogliente senza scadere nel buonismo.
Màkari 4, dal libro allo schermo: tradire per essere fedeli
Gaetano Savatteri lo ricorda: "Un prodotto di successo come Màkari deve avere un'autonomia rispetto ai libri. Paradossalmente, più si discosta dalle pagine, più coglie lo spirito". Ecco, il debutto della quarta stagione incarna bene questo principio.
Màkari mantiene l'impianto del giallo investigativo più puro e lo innesta su una partitura sentimentale televisiva nel senso migliore del termine, prendendo spunto dal successo di un predecessore importante come Il Commissario Montalbano. Sarà la Sicilia che ispira? Anche in questo caso, infatti, i personaggi vivono con i loro tempi e una coralità sempre ben tenuta che rende la storia scorrevole senza mai annoiare.
Perché anche con la quarta stagione non ci stanca mai

Perché Màkari resta una delle poche serie italiane capaci di tenere insieme noir e leggerezza senza perdere credibilità. Perché racconta un Sud luminoso ma concreto, fatto di persone prima che di paesaggi mozzafiato (che comunque non mancano). Perché mette un protagonista adulto davanti a scelte vere, in cui ognuno di noi può riconoscersi, e lo fa con un'ironia che non sminuisce e non giudica.
Perché ogni puntata è autoconclusiva ma lascia una traccia, un qualcosa che invoglia a tornare ogni volta a Màkari. Perché quest'anno l'ingresso di Arianna aggiunge un'energia imprevista che ha la forza di un uragano che il protagonista difficilmente riuscirà a ignorare. E perché Claudio Gioè e Domenico Centamore hanno un'alchimia rara, ci accompagnano dentro la storia e ci fanno sentire a casa, mentre il resto del cast risponde con misura e rende credibili le sfumature. In breve, è una fiction di qualità, delicata e capace di dire qualcosa di più mentre intrattiene. E noi abbiamo sempre più bisogno di storie così.