L'esordio alla regia di Ginevra Elkann è la tenera vicenda di una famiglia disfunzionale dove, in controluce, ritroviamo le vicissitudini degli Elkann, membri della prestigiosa famiglia Agnelli, come sottolinea la nostra recensione di Magari. Titolo sospeso per un film che sceglie ancora una volta il filtro dell'infanzia per raccontare la storia degli eredi dei Kennedy italiani. Con grande delicatezza, Ginevra Elkann adotta il filtro dell'infanzia trasfigurando fatti e personaggi reali dietro la lente della finzione cinematografica. Troppe, però, le somiglianze con la sua vera famiglia per non riconoscere il peso della dimensione autobiografica in Magari.
La trama di Magari ruota attorno alla piccola Alma (Oro De Commarque) che, insieme ai suoi due fratelli maggiori, si barcamena tra il difficile rapporto con la madre, fresca di conversione alla religione greco-ortodossa e incinta del nuovo fidanzato con cui vive a Parigi, e il padre (Riccardo Scamarcio) lontano e assente. Dopo un malore nel corso di una funzione religiosa, la madre confessa ai tre figli di essere incinta e li spedisce a trascorrere le vacanze di Natale col padre a Roma. Qui i tre ragazzini conosceranno la nuova fidanzata del genitore e faranno i conti con la sua incapacità di rapportarsi a loro. Nel frattempo Alma continua a sognare un ritorno di fiamma tra il padre e la madre per riavere, magari, una famiglia unita.
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Il sogno di una famiglia
I bambini ci guardano, affermava Vittorio De Sica. Lo sguardo limpido e fantasioso dell'infanzia è il filo conduttore di Magari, opera prima che si prende dei rischi andando alla ricerca di un proprio stile e sperimentando col linguaggio visivo alla ricerca di una spontaneità. Ginevra Elkann, che conoscevamo come produttrice e distributrice coraggiosa con la sua Good Films, prova a realizzare un'opera non banale barcamenandosi tra la sua eredità familiare "importante" e il tentativo di realizzare un'opera prima immediata e sincera. Il risultato è una montagna russa di sentimenti, un film interessante, a tratti imperfetto, ma ricco di spunti creativi.
Lo sguardo sulla piccola Alma e sui suoi fratelli non è mai banale. Fin dall'incipit, ambientato in chiesa durante una funzione greco-ortodossa, Magari denuncia l'ambizione di voler fondere realismo e surrealismo. La fantasia di Alma si concretizza visivamente in piccoli quadri che costellano il film in cui la ragazzina sogna costantemente un nuovo matrimonio per i genitori, ma anche per sé e per chi la circonda. Nel tentativo di evitare ogni ridondanza, Ginevra Elkann lascia che a parlare siano, più delle parole, le immagini. Così abbondano i primi piani insistiti sul volto di Alma e dei suoi fratelli a raccontare i loro sentimenti e la loro inquietudine mentre la telecamera danza senza sosta da un personaggio all'altro, da una stanza all'altra della casa di Sabaudia dove il gruppo finisce per trascorrere la vacanza invece che nella ben più costosa Courmayeur. A questa vivacità visiva corrisponde un dinamismo linguistico inedito per un film italiano, con il costante passaggio dall'italiano al francese e in più sprazzi di inglese e russo. Il tutto nel tentativo di restituire l'energia dell'infanzia, in questo caso infanzia decisamente speciale.
Sperimentazione e naturalezza
Se i tre piccoli esordienti scelti per il ruolo dei tre fratelli risultano spontanei e convincerti, su Riccardo Scamarcio ricade il peso della responsabilità di fornire un ritratto efficace di un padre di famiglia e sceneggiatore in piena crisi senza scivolare nel macchiettistico. Le numerose aperture al surreale e i momenti comici che costellano la sceneggiatura richiedono un equilibrio e una varietà di registri che l'attore pugliese non sempre possiede. In Magari, Scamarcio ce la mette tutta per calarsi nei panni di un padre che non nasconde le proprie imperfezioni e il proprio egoismo, ma al tempo stesso è capace di grande amore. L'attore risulta più rigido nella prima parte del film, la più incerta a livello narrativo, per poi ingranare nel proseguo della pellicola grazie anche alla presenza discreta, ma luminosa di Alba Rohrwacher nei panni della sua fidanzata.
Conclusioni
Opera prima vitale, sempre intenta a cercare una sua verità nella trasfigurazione autobiografica, la recensione di Magari sottolinea le qualità di un film che aderisce a un filone spesso battuto aggiungendo una nota di grazia e originalità. Ginevra Elkann non va alla ricerca della perfezione, ma di una verità che passa attraverso una ricerca stilistica e linguistica. Felice la scelta dei tre giovani attori in erba, accompagnati da un Riccardo Scamarcio più generoso del solito e da una Alba Rohrwacher che si improvvisa novella Mary Poppins, meno mirabolante, ma più terrena.
Perché ci piace
- E' un film delicato, che non ha paura di sperimentare cercando uno stile personale per raccontare una vicenda autobiografica.
- I tre attori in erba scelti per interpretare i tre fratelli Elkann (o la loro manifestazione fictional).
- Commedia, dramma, malinconia e fastidio si alternano in un film che prova a raccontare la varietà dell'esistenza...
Cosa non va
- ...anche se in alcuni momenti il passaggio repentino da un registro all'altro risulta forzato.
- La struttura del film non è omogenea, a una prima parte più rigida ne corrisponde una seconda più interessante quando le tensioni esplodono.
- Riccardo Scamarcio non è sempre a suo agio nei panni del padre in difficoltà, a tratti risulta rigido anche se ce la mette tutta per rispondere colpo su colpo alle sollecitazioni dei tre figli cinematografici.