Recensione Shark Tale (2004)

Pur non raggiungendo i livelli di "scorrettezza" di Shrek, va detto che la trasposizione ittica di difetti e virtù umane non solo diverte e convince, ma pone anche qualche motivo di riflessione.

Mafia e risate negli abissi

Il mondo degli umani, con tutti i suoi difetti, le sue pericolose ambizioni e le sue disuguaglianze, trasportato sott'acqua, in un mondo variopinto di pesci che hanno la faccia modellata sugli attori che danno loro le voci (gente come Robert de Niro, Martin Scorsese, Angelina Jolie, Will Smith e Jack Black). E' la nuova scommessa DreamWorks nel campo dell'animazione digitale, una scommessa vinta in partenza, sia per la già collaudata abilità degli ideatori, sia per le star che scendono in campo.

Il protagonista della storia è Oscar, un pesciolino che sogna in grande e vorrebbe lasciare il lavaggio dove lavora (e nel quale non si accorge nemmeno dell'amore della collega per lui) per ambire alla cima della barriera corallina. Ma è un mondo costretto a sottostare (con tanto di tangenti) a una famiglia mafiosa di squali capeggiata da Don Lino (simpaticissimo il neo sulla faccia "trasferito" da De Niro). Don Lino ha due figli, Frankie che segue le orme del padre, Lenny che invece è un bonaccione ed è un po' la pecora nera della famiglia. Oscar sfrutta la morte di Frankie e con una grossa bugia si crea una falsa fama di spauracchio per gli squali che lo trasformerà in un eroe. Ma il giochetto non durerà a lungo.

Sull'aspetto punto di vista tecnico non occorre soffermarsi più di tanto, ormai i livelli e la cura per lavori di questo tipo sono talmente elevati da non meravigliare quasi più. Pertanto la strabiliante magia di colori subacquei, i palpiti di un mondo che sembra pulsare negli abissi e le espressioni dei personaggi che assumono mille sfaccettature sono quasi scontati.

Per quanto riguarda il soggetto, pur non raggiungendo i livelli di "scorrettezza" di [FILM]Shrek[/PEOPLE], va detto che la trasposizione ittica di difetti e virtù umane non solo diverte e convince, ma pone anche qualche motivo di riflessione: le classi sociali (la catena alimentare), l'importanza dell'apparire più che dell'essere, le derive dell'ambizione smisurata. E se gli italo-americani se la sono presa perchè il film ha appiccicato alla "categoria" lo stereotipo del mafioso e del solito padrino, andrebbe piuttosto indirizzata l'attenzione sulla delicata lezione all'accettazione del diverso. Lo squalo Lenny, figlio del boss, che per la famiglia è scandalosamente vegetariano e a cui piace travestirsi da delfino, ha dei riferimenti piuttosto espliciti.

Se a tutto questo aggiungiamo le solite gustose citazioni e alcune gag irresistibili, il successo è assicurato. Peccato che mai come in questo caso il doppiaggio italiano, per quanto curato possa essere, toglierà inevitabilmente molto al sapore del film.

Movieplayer.it

4.0/5