Made in Italy, la recensione: Il Diavolo veste ancora più italiano

La recensione di Made in Italy: la nuova fiction Mediaset, distribuita da Amazon Prime Video, è una serie dal gusto vintage con tanti rimandi a Il Diavolo veste Prada.

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Made in Italy: una foto dal set

La voce suadente di Patty Pravo canta di bambole che girano e rigirano. Di donne nauseate, stanche di farsi trattare come oggetti. La ragazza del Piper porta avanti la sua ribellione con una canzone-simbolo dell'Italia sessantottina. Quella inquieta, quella intransigente, quella ribelle. Apriamo questa recensione di Made in Italy, nuova fiction Mediaset distribuita in esclusiva su Amazon Prime Video, citando il brano scelto per la sua sigla (La bambola del 1968), perfetto apripista per calarci immediatamente nella Milano del 1974. Una città in tumulto, dove gli studenti non si riconoscevano nella rigidità dei professori, i figli sfuggivano alle regole familiari e i brigatisti spargevano terrore.

Di tutta questa gravità, però, la serie diretta da Ago Panini e Luca Licini la sfiora soltanto, la mantiene in sottofondo per dedicarsi al patinato mondo della moda milanese. Un settore in grande fermento, che rifiutava di essere etichettato come frivolo e accessorio, perché parte integrante di un processo artistico dal grande peso culturale. Una minigonna non era soltanto un indumento, ma una dichiarazione di intenti, un indumento con qualcosa da dire e da rappresentare.

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Made in Italy: il cast

Sì, perché tutti gli 8 episodi della prima stagione sono disponibili sulla piattaforma streaming dal 23 settembre, mentre saranno trasmessi su Canale 5 soltanto nella primavera del 2020. Un esperimento interessante di una commedia d'epoca dal gusto vintage e, almeno stando al primo episodio, dall'originalità non proprio tagliata su misura.

La trama: moda, donne e Duomo

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Made in Italy: un'immagine dal set della serie

Una voce fuori campo ci prende per mano. Questa volta non è Patty Pravo, ma la voce frizzante della volenterosa Irene, studentessa di Beni Culturali che vuole liberarsi dalla presenza opprimente dei genitori, pronti a farle pesare ogni ritardo negli studi. L'indipendenza è l'obiettivo, un posto nella redazione della rivista di moda Appeal il mezzo più veloce per arrivarci. Irene, però, è la classica ragazza semplice, acqua e sapone, che bada al sodo e trascura l'apparire. Per questo il suo arrivo nel giornale meneghino non sarà una sfilata senza scivoloni. Sullo sfondo di una Milano frizzante e volenterosa, Made in Italy si sofferma sul mondo della moda con tono brioso, soffermandosi tutto il tempo sulla voglia di emergere di una ragazza che non vuole accontentarsi della vita che gli altri hanno scelto per lei. Coraggiosa ma vincente la scelta di affidare il ruolo di Irene a un'esordiente, ovvero la modella Greta Ferro (volto di Armani). Il suo essere acerba, ingenua e un po' spaesata è in linea col personaggio e le fornisce anche un tocco di spontaneità in una serie dove tutto il resto appare eccessivamente costruito. La speranza è che con i passare degli episodi gli anni Settanta si possano respirare ancora meglio, ancora di più, magari mettendo meglio a fuoco un contesto urbano pieno di contraddizioni e tensioni come quella Milano che già si sentiva capitale del buon gusto.

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Made in Italy: un'immagine della serie

Come un abito usato

Il primo episodio di Made in Italy scorre via piacevole, leggero e con un discreto ritmo. Tutto appare rassicurante, semplicemente perché ci sembra di averlo già visto altrove. È innegabile che le premesse narrative e le dinamiche dei personaggi dello show siano davvero troppo simili a quelle de Il diavolo veste Prada, un film troppo iconico per essere dimenticato dopo appena tredici anni. Se la citazione incarnata dalla stessa Ferro è raffinata e apprezzabile (ha un taglio degli occhi e sguardo grande e vispo simile a quelli di Anne Hathaway), tutto il resto assomiglia davvero a un abito già indossato. Una redazione alquanto ostile, un fidanzato trascurato, nemici e alleati sul posto di lavoro, la tentazione del tradimento, una protagonista che si lascia affascinare dalla moda e poi, ovviamente, un capo severo e snob come quello interpretato da Margherita Buy, che scomoda arditi paragoni con la splendida Miranda di Meryl Streep. Insomma, nonostante l'apprezzabile desiderio di dedicare una serie tv a un periodo storico e a un ambiente poco abusati sul nostro piccolo schermo, l'incipit di Made in Italy pecca di pigrizia. Confidiamo che la serie impari dalla sua caparbia protagonista per uscire dalla sua zona di comfort e trovare finalmente una voce tutta sua.

Conclusioni

In questa recensione di Made in Italy, la nuova serie Mediaset distribuita in anteprima su Amazon Prime Video, vi abbiamo raccontato le nostre impressioni sul primo episodio dello show nostrano. Ambientata nell'agguerrito mondo della moda milanese degli anni Settanta, la puntata ci è sembrata frizzante e scorrevole, ma non possiamo negare di aver scovato troppi punti in comune con Il Diavolo veste Prada. La speranza è che, lungo i suoi 8 episodi, la serie trovi finalmente un'identità e un "taglio" tutto suo.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.9/5

Perché ci piace

  • La scoperta di Greta Ferro. Attrice ancora acerba ma spontanea e molto funzionale al personaggio.
  • Il desiderio di produrre una commedia d'epoca ambientata in un mondo poco sfruttato dalle nostre serie tv...

Cosa non va

  • ...che però ha troppi debiti nei confronti de Il Diavolo veste Prada, di cui ricalca personaggi e dinamiche.
  • Se la cura dei costumi è buona, la ricostruzione scenografica ci è sembrata alquanto posticcia.