L’ultima ora, la recensione: quando il pericolo si cela nella scuola

La recensione de L'ultima ora, thriller psicologico di Sébastien Marnier: Laurent Lafitte è un supplente alle prese con il misterioso comportamento dei propri alunni.

My bowels are empty, excreting your soul/ What more can I give you? Baby, I don't know

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L'ultima ora: il cast in una scena del film

L'ultima ora, secondo lungometraggio del regista e sceneggiatore francese Sébastien Marnier (dopo Irréprochable, del 2016), è un film imperniato sul concetto di ambiguità, tanto a livello tematico quanto sul piano della narrazione. Pertanto, in questa recensione de L'ultima ora sarà nostra cura non sciogliere del tutto tale ambiguità, dal momento che le sorprese e le svolte della trama caricano di significato, nonché di tensione, un racconto costruito come un thriller anomalo: anomalo per l'ambientazione, una rinomata scuola superiore francese, e per le dinamiche del conflitto portato in scena, che vede contrapposti un docente di lingua e letteratura, il quarantenne Pierre Hoffman, e un gruppo dei suoi studenti dell'ultimo anno.

Class enemy: un nuovo insegnante

Nello scioccante prologo de L'ultima ora siamo messi di fronte a un primo elemento di ambiguità e di mistero: mentre i suoi alunni sono alle prese con un compito, il loro professore di lettere apre una finestra dell'aula e si lascia cadere nel cortile sottostante. L'incipit - analogo, fra l'altro, a quello di Monsieur Lazhar di Philippe Falardeau - favorisce l'ingresso del personaggio di Pierre, che ha il volto di Laurent Lafitte (visto al fianco di Isabelle Huppert in Elle); studioso di Franz Kafka, uno degli autori-simbolo del tema dell'assurdità del reale, e animato dalle migliori intenzioni, Pierre si troverà tuttavia a dover gestire una sorta di "classe d'élite", composta da una selezione dei ragazzi più brillanti e dotati dell'istituto.

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L'ultima ora: Laurent Lafitte in una scena del film

Se numerosi film, sulla scia de L'attimo fuggente, hanno illustrato in un'ottica edificante o addirittura salvifica il rapporto fra allievi e insegnante, la pellicola di Sébastien Marnier, adattamento del romanzo L'heure de la sortie di Christophe Dufossé, procede in una direzione diametralmente opposta. Con il trascorrere dei minuti, si intensifica sempre di più il senso di mistero e di inquietudine che grava su un piccolo gruppo degli alunni della classe del professor Hoffman: atteggiamenti diffidenti o scostanti, violenze subite per poi essere celate dietro una parete di omertà, ma anche qualcosa di più. E proprio quella sottile reticenza, indizio di una relazione indefinibile che lega fra loro sei studenti, susciterà la curiosità, i sospetti e infine l'ossessione di Pierre Hoffman, deciso a scoprire cosa nasconda quella mezza dozzina di ragazzi dai voti eccellenti.

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A scuola fra minaccia e paranoia

L'attimo fuggente? Qui siamo piuttosto dalle parti del cinema di Michael Haneke, che appare come un modello di riferimento primario per il film di Marnier: per la suddetta ambiguità che caratterizza situazioni e personaggi; per la freddezza con cui la macchina da presa osserva e registra avvenimenti ed azioni, senza mai aggiungere enfasi, ma assumendo una prospettiva apparentemente distaccata; per la tensione sommessa ma palpabile, legata a un'implicita minaccia in grado di turbare la normalità del quotidiano (si pensi, in proposito, a film come Niente da nascondere e Il nastro bianco). Una minaccia che, ne L'ultima ora, viene tenuta in sospeso fra la potenziale paranoia di Pierre e l'ipotesi di un effettivo pericolo.

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L'ultima ora: una scena del film
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L'ultima ora: una sequenza del film

E in questo dramma rigoroso ma dalle sfumature quasi surreali, Marnier rifiuta ogni didascalismo, affidandosi piuttosto alle ellissi, ai sottintesi e alla nostra libera interpretazione delle vicende. Nonché alla musica, non però come strumento di comprensione, quanto come ulteriore fonte di ambiguità e di angoscia: un coro scolastico che si esibisce sulle melodie di due cavalli di battaglia del repertorio di Patti Smith, Pissing in a River e Free Money, fra rabbia trattenuta a stento e struggente brama di vita.

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Conclusioni

Come abbiamo provato a delineare nella nostra recensione de L’ultima ora, il film di Sébastien Marnier adopera i codici del thriller declinandoli però in una chiave vicina a quella di un certo cinema d’autore. E al netto di alcune forzature e di passaggi non del tutto convincenti, l’opera di Marnier merita comunque notevole attenzione e interesse per il modo in cui, senza indugiare in facili spiegazioni, punta a far riflettere sulla cognizione del dolore e sulla consapevolezza del male: una consapevolezza che passa anche e soprattutto attraverso l’adolescenza, e che verrà suggellata in un epilogo assolutamente emblematico nella sua atrocità.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.3/5

Perché ci piace

  • Il crescente senso di minaccia che il film costruisce un po’ alla volta, per poi esplodere in prossimità dell’epilogo.
  • L'intrigante ambiguità nella descrizione dei rapporti fra il protagonista e i suoi alunni.
  • Una scena finale coraggiosa e devastante, che conferisce un ulteriore significato a tutto il resto del film.

Cosa non va

  • Qualche forzatura nella costruzione del racconto.
  • Lo sviluppo non sempre compiuto di alcuni dei temi in gioco.