Ci risiamo: con questa recensione di Lucifer 5 (parte 1) si torna nell'universo bislacco dell'angelo caduto riletto in chiave fumettistica: al netto delle numerose licenze poetiche, la serie rimane ufficialmente un adattamento delle avventure del personaggio ideato da Neil Gaiman e poi reso protagonista di una propria serie mensile dallo sceneggiatore Mike Carey. Due autori che si sono esplicitamente rifatti a Milton, e tale caratterizzazione è rimasta, a grandi linee, anche nella trasposizione televisiva, inizialmente l'ennesima variazione sul tema del procedurale (Lucifer si serve dei propri poteri per aiutare la polizia di Los Angeles), per poi farsi sempre più mitologica anche all'interno della cornice poliziesca (vedi la terza stagione, dove il nuovo supervisore di Chloe Decker era Caino sotto smentite spoglie).
E poi, all'improvviso, sembrava che fosse tutto finito, con la Fox che cancellò Lucifer dopo appena tre stagioni, per un totale di 57 episodi. A quel punto, grazie anche all'entusiasmo dei fan, è subentrata Netflix a partire dalla quarta annata, e siamo ora più o meno a metà della seconda vita dello show, poiché dopo questi primi otto episodi della quinta stagione ne arriveranno altri otto, in data da destinarsi (a detta dei diretti interessati occorre ancora girare il finale), e poi ancora un sesto ciclo, annunciato come conclusione definitiva delle avventure catodiche di Lucifer Morningstar (Tom Ellis), il signore delle tenebre divenuto proprietario di un night club nella Città degli Angeli. E dopo la virata molto più seriale nella quarta stagione, che si concludeva con il protagonista costretto a riprendersi il trono dell'Inferno per tenere a bada orde di demoni che mettevano in pericolo i suoi amici, questa prima fase del ritorno in scena di Lucifer continua in quella direzione. N.B. La recensione, priva di spoiler, si basa sulla visione in anteprima di tutti e otto gli episodi della prima metà della stagione.
Un ritorno inconsueto
Sono passati pochi mesi da quando Lucifer ha lasciato Los Angeles, e Chloe (Lauren German) si sta lentamente abituando all'idea, avendo in breve tempo scoperto la vera natura demonica dell'amico e poi di essere innamorata di lui. Poi, all'improvviso, lui salta fuori di nuovo, o almeno così sembra: mentre Lucifer sbriga le faccende lavorative impostegli ai tempi da suo padre, il fratello gemello Michael - sì, l'Arcangelo - decide di divertirsi un po' impersonandolo, facendo leva sui propri poteri - è in grado di sfruttare le paure delle persone - per seminare dubbi e timori in seno al gruppo di amici che il signor Morningstar si era fatto nel corso degli anni (per chi segue la serie in lingua originale, la differenza tra i due è soprattutto vocale: a differenza del protagonista, che mantiene l'accento britannico del suo interprete, Michael si esprime con le tonalità americane degli altri angeli). E così, quando il vero Lucifer torna nel mondo dei vivi, con un po' di aiuto da parte di Menadiel, inizierà un altro conflitto celestiale, reso più complicato del solito dalla possibilità che Chloe scopra la verità sulle proprie origini...
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Tutto come prima?
A differenza della stagione precedente, che aveva dieci episodi, questa ne ha sedici (suddivisi in due blocchi), il che ha permesso agli autori di divertirsi un po' di più, aggiungendo qualche storia per lo più autoconclusiva all'interno della struttura orizzontale incentrata sul conflitto tra Lucifer e Michael (una splendida doppia performance di Ellis, soprattutto quando deve sostanzialmente imitare se stesso). Così ci ritroviamo con un episodio autoriflessivo come il terzo, dove si indaga su un omicidio commesso sul set di una serie molto simile a questa (gli echi di qualcosa come Supernatural sono evidenti ma non invadenti), e soprattutto con un gioiello come il quarto, un racconto noir che sfrutta l'immortalità del protagonista e la location losangelina per offrirci un bellissimo pastiche di genere, monocromatico e volutamente postmoderno (sempre per chi vede la serie in originale, poiché fa un certo effetto sentire la classica voce narrante da detective con un accento inglese). Il tutto con un autentico gusto del divertimento, alimentato dalla maggiore libertà concessa da Netflix (il linguaggio si è fatto leggermente più colorito, e c'è un'inquadratura di Ellis allo specchio che non avremmo mai visto durante la gestione Fox).
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Insomma, le carte in regola per una quinta stagione all'altezza delle aspettative ci sono tutte in questi primi otto episodi, arrivando al cliffhanger midseason (una cosa paradossalmente efficace anche con lo streaming e il bingewatching) che chiude un episodio intitolato, con gioia spudorata, Spoiler Alert. Nel rispetto di tale titolo, non diciamo nulla di più in questa sede (ma un indizio lo diamo: se avete letto le interviste al cast su varie testate americane, un dettaglio è facilmente intuibile), aspettando che prossimamente - entro fine anno o forse all'inizio del 2021 - lo scontro fra Lucifer e Michael dia i frutti narrativi sperati, alimentando l'evoluzione di uno show che, dopo gli inizi molto prevedibili nel 2016, si è fatto sempre più folle col passare degli anni. E se le premesse sono queste già al quinto giro, è facile immaginare che il sesto si spingerà ancora più in là.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Lucifer 5 (parte 1) con autentica soddisfazione, perché con il passaggio a Netflix la serie si è fatta più ambiziosa e deliziosamente folle. Ne avevamo già avuto un assaggio lo scorso anno, e il ritorno in scena di Lucifer Morningstar in questa sede non è da meno, ponendo le basi per qualcosa di veramente speciale rispetto agli inizi, quando lo show era "solo" un procedurale con protagonista il diavolo.
Perché ci piace
- Tom Ellis in versione doppia è strepitoso.
- Gli episodi 3 e 4, per quanto autoconclusivi, arricchiscono la stagione in modo inatteso.
- Il cliffhanger del finale midseason è da applauso.
Cosa non va
- Quanto sarà necessario aspettare per vedere gli otto episodi rimanenti della stagione?