Una prova d'attrice totalizzante quella che i registi di Luce, Luca Bellino e Silvia Luzi, hanno cucito addosso a Marianna Fontana. Nei panni di una giovane taciturna e malinconica, Fontana regge sulle sue spalle il peso di un film che sfugge a una struttura tradizionale e lavora per ellissi e non detti, giocando sulla negazione del controcampo. Il tutto immerso in un paesino dell'Irpinia che non possiede nessuno degli elementi caratteristici del Meridione, ma appare freddo, geometrico, impersonale, oppresso dalle montagne e dominato da una fabbrica che scandisce la vita e il lavoro dei protagonisti.
La giovane donna interpretata dalla Fontana vive sola e conduce un'esistenza asettica divisa tra il lavoro in una fabbrica di guanti e qualche visita ai parenti. Non le manca qualche corteggiatore più o meno assiduo, ma la sua vera unica compagna di vita è una gatta con cui condivide un appartamento spoglio. Tutto cambia quando riesce a recapitare un telefono cellulare con un messaggio rivolto al genitore detenuto. E il suo telefono squilla. Un uomo che si spaccia per suo padre la contatta dal carcere, ma è davvero l'uomo con cui sogna di riunirsi o è un impostore? Impossibilitata a dare una risposta definitiva, la giovane si aggrappa alla voce che le telefona quotidianamente rivelandogli dubbi, ansie ed emozioni nel disperato tentativo di riallacciare un rapporto padre-figlia, ricomponendo la sua famiglia distrutta.
Il trionfo del non detto
Con un contrappasso evidente, nel film di Luca Bellino e Silvia Luzi di "luminoso" vi è ben poco. Opera crepuscolare, invernale, dominata da atmosfere nebbiose e da scene notturne, la pellicola stabilisce fin da subito il suo fulcro, che è Marianna Fontana. Il suo volto viene esplorato in dettaglio dalla macchina da presa, mentre intorno a lei tutto è fuori fuoco, e le sue reazioni sono la chiave che permette allo spettatore di accedere all'universo del film. Reazioni per lo più suscitate dalle frasi pronunciate all'altro capo del telefono. Proprio come nel caso di Locke, del thriller poliziesco Il colpevole o del recente Non riattaccare, tutto ciò che accade (o, in questo caso, NON accade) è pilotato dalle parole pronunciate dall'altro lato del telefono, questo padre detenuto o chi per lui confonde le idee e sconvolge l'esistenza del personaggio di Marianna Fontana trascinandola in un vortice di emozioni sopite.
A differenza dei titoli sopracitati, la dimensione telefonica, in Luce, è sì centrale, ma non esclusiva. Fin dall'incipit incontriamo altre figure. Il personaggio di Marianna Fontana partecipa a un matrimonio, va a ballare con gli amici, discute coi colleghi della fabbrica e si scontra con un capoturno aggressivo che non tollera le sue lunghe pause per stare al telefono. Ma questi momenti sono accessori, semplici pause tra una telefonata e l'altra dove a catturare l'attenzione di Fontana, e con lei del pubblico, è la voce sofferta e categorica di Tommaso Ragno, a cui viene negata la corporeità, ma anche l'identità. Se è il padre della protagonista perché si nega alle possibilità di incontro? E se non lo è quale è il suo vero scopo?
Il pudore è prezioso
Se il Sud di Luce non ha niente dell'immagine solare e chiassosa da cartolina con cui viene rappresentato di solito Meridione, più problematica è la figura di padre padrone che si compone telefonata dopo telefonata. Seppur parlando a una figlia adulta e indipendente che non vede da vent'anni, la voce al telefono esercita la sua autorità sulla giovane aprendo una riflessione sulla società patriarcale, che permane anche in una condizione come la detenzione in cui il genitore non ha più alcun diritto né controllo.
Ma oltre a gettare i semi per una riflessione più profonda a livello sociale, quello di Luca Bellino e Silvia Luzi è soprattutto un dramma intimo, che si concentra sui sentimenti di una donna sola suggerendone le reazioni attraversi sguardi e silenzi più che a parole. Il tutto grazie all'intensa performance di Marianna Fontana e una sceneggiatura acuta e intrigante, che lascia ampio spazio al mistero stimolando la riflessione dello spettatore piuttosto che spiattellare l'intimità dei personaggi.
Conclusioni
La recensione di Luce sottolinea i pregi di una pellicola fuori dal comune, diretta a quattro mani da Luca Bellino e Silvia Luzi, che esula dai canoni della tradizione cercando una nuova via per scandagliare l'animo umano. La protagonista è una giovane donna a cui Marianna Fontana restituisce tutta la sua ricchezza interiore attraverso una performance totalizzante in un Sud Italia molto lontano dagli stereotipi.
Perché ci piace
- La performance intensa di Marianna Fontana.
- La rappresentazione non stereotipata del Sud.
- Il mistero che avvolge i personaggi.
- La capacità dei registi di valorizzare il non detto.
Cosa non va
- Alcuni enigmi restano senza risposta.