Un ruggito contro la luna. Non poteva esserci immagine migliore per descrivere la chiusura di Lovecraft Country, la serie HBO creata da Misha Green e tratta dal romanzo omonimo di Matt Ruff. Un ruggito assordante, un urlo liberatorio che riassume in una sola azione la voce rabbiosa della comunità afroamericana, finalmente capace di una rivincita nei confronti della società. Nella terra di orrori americana, una terra di Lovecraft nel senso di un luogo dove convivono mostri indescrivibili perché ben radicati nell'uomo medio americano, patriarcale, razzista, bianco. A fine visione la firma di Jordan Peele tra i produttori sembra essere coerente col percorso dell'autore di Get Out e Noi: Lovecraft Country usa il genere horror per raccontare la politica (degli anni Cinquanta che diventano troppo simili ai nostri), spazia tra le sue varie declinazioni per mettere in scena un percorso di rinascita e di emancipazione di una minoranza. Lo fa con uno stile tutto suo, a prima vista sfilacciato (e non neghiamo che anche l'episodio finale, a riassumerlo, sembra un pot-pourri delirante di cose diverse messe in un unico calderone), che richiama l'ingenuità dei fumetti pulp a cui la serie si ispira, ma che si prefigge di affrontare tematiche serissime. Cercheremo di trovare la via d'uscita in questo labirinto degli orrori con la nostra spiegazione del finale, così da comprendere al meglio il significato della serie.
"Whitey on the moon"
Dieci episodi, quasi tutti con un ritmo strano e a prima vista squilibrato: una trama orizzontale che si svolgeva a tratti rapidi, a tratti sospesi, insieme a episodi dedicati a vari personaggi, ognuno capace di cambiare genere e di espandere una mitologia che troverà la propria quadratura del cerchio in quest'ultima ora. Atticus, erede di sangue di Titus Braithwhite, necessario per compiere un rito magico e donare l'immortalità a Christina (Abbey Lee) a costo della propria vita. Una setta di suprematisti bianchi e razzisti che si sentono nuovi "Primi uomini", l'Ordine dell'Antica Alba, pronti a rimettere ogni cosa del mondo al loro posto, rispettandone una gerarchia che solo loro sentono di poter decidere. La base di Lovecraft Country è tutta qui: i neri che vengono usati come agnelli sacrificali, animali da uccidere per volontà di potere dei bianchi. Nel mentre, la comunità afroamericana vive in una società che la disprezza e la mette ai margini. Torna in mente il brano che ascoltiamo durante il secondo episodio, quella poesia in musica di Gil-Scott Heron dal titolo "Whitey on the moon" (e di cui vi consigliamo di leggere attentamente il testo) che simboleggia il perno entro il quale la serie si muove. Perché con gli episodi successivi, mentre la ricerca per il Libro dei Nomi prosegue, così come lo scontro tra Christina, Atticus e Leti, conosciamo altri comprimari, le loro storie e le loro sofferenze.
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Tutto l'horror della terra di Lovecraft
Il prologo della serie, lo ammettiamo, è indimenticabile. Una sequenza di guerra in trincea, in bianco e nero, si trasforma in un delirio visivo tra mostri, alieni, donne marziane e giocatori di baseball. Arrivati all'ultimo episodio abbiamo trovato un significato per ogni elemento presente in quei primi tre minuti che corrisponde non solo alle passioni e alla vita di Atticus (la guerra in Corea, i libri di Lovecraft e di Burroughs, l'americanità del baseball), ma anche all'eclettismo della serie, ai diversi "generi" che affronta componendo tasselli di un mosaico più grande. Ecco spiegati, in maniera superficiale, i vari episodi: la guerra in Corea che diventa la storia di Ji-Ah, i mostri assomiglianti alle creature dello scrittore di Providence, la mazza da baseball nel viaggio al passato, la donna marziana che corrisponde a Hippolyta, la regina delle Amazzoni che nel settimo episodio combatteva contro i confederati sudisti pro-schiavitù, nel suo viaggio interdimensionale. Ma in senso più profondo e metaforico, sono gli stessi elementi che caratterizzano tutto l'horror di cui "la terra di Lovecraft" è intrisa e il gioco attraverso i generi che fa la serie stessa. Dalla storia gotica di fantasmi per affrontare il passato al body horror dove Ruby cambia letteralmente pelle (e colore) per diventare un'altra persona, più importante e riconosciuta; dalla storia di maledizioni di stampo orientale ai doppelganger adolescenziali della tradizione afroamericana; dall'avventura archeologica per trovare tesori al viaggio attraverso l'universo per ritrovare la propria identità. Tutti episodi a prima vista chiusi in sé stessi, ma che, oltre a rendere la serie un esperimento senza precedenti nell'uso del genere horror come strumento politico e portatore di messaggio, compongono un ritratto di un'America che, forse, nonostante decenni trascorsi non è cambiata poi tanto. Lovecraft Country è la fotografia di un Paese fratturato che ha bisogno di un cambiamento, anche violento. Lo fa con uno stile tipicamente black sia nella messa in scena che nell'umorismo, che sfida lo spettatore contemporaneo ed estraneo alle vicende richiamando quelle opere cinematografiche della blaxploitation, film realizzati da neri per neri, degli anni Settanta.
Sacrificio, amore e femminile
Tre temi ritornano nell'episodio finale della serie. Il primo è quello del sacrificio e sulla necessità di sacrificarsi, accettandolo, per le cose importanti. In questo caso è per tenere unita la famiglia e compiere un percorso identitario della famiglia Freeman, unendo antenati e legami. Il senso di sacrificio di Atticus è la trasformazione del protagonista in un vero eroe, diventando egli stesso uno dei personaggi dei libri che tanto ama. È il definitivo atto d'amore, un amore che trascende la dimensione individuale per offrirsi all'Altro. Atticus diventa quindi un martire, sincero e vero, per ridare alla sua comunità il potere della magia, togliendolo definitivamente ai bianchi che l'avrebbero usato per accrescere il loro potere e i loro desideri di immoralità. Christina vuole essere immortale, ma c'è qualcosa in lei che la rende una figura molto più sfaccettata e complessa del semplice antagonista da sconfiggere. Non solo perché, nel corso del tempo, si è dimostrata un'avversaria abile, romantica e onesta, ma anche perché è lei per prima che diventa a sua volta uno specchio dei nostri protagonisti. Una donna forte e indipendente, capace di andare contro i dettami del padre (e quindi contro il patriarcato, ancora fortissimo negli anni in cui la serie è ambientata), costretta anche lei, come Ruby che è poi la persona che ama, a cambiare corpo e pelle nei panni del fratello: come a dire che solo se sei uomo, oltre che bianco, sei degno di attenzioni e di potere. Purtroppo per lei e per i suoi piani, che fino a un certo punto del rito finale sembrano andare per il verso giusto, verrà sconfitta da un altro polo femminile: l'unione delle donne afroamericane, legate dall'amore verso il sacrificato (amore che Christina non ha), attraverso il tempo e lo spazio; donne consapevoli del loro ruolo e che hanno ritrovato una vera voce. Così Christina viene sconfitta, anche se il colpo di grazie glielo darà Diana, la nipote di Atticus, cioè la nuova generazione, soffocandola con un braccio robotico (e quindi futuristico). Passato e presente insieme possono far nascere un futuro capace di cambiare il mondo.
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"La risposta è nel tuo sangue"
È questo che si sente dire Atticus dai suoi antenati. È dal sangue che nascono tutti i problemi e gli orrori che quotidianamente le minoranze sono costrette ad affrontare ancora oggi ed è attraverso il sangue che avviene il cambiamento. Ogni personaggio della serie soffre, combatte, perde letteralmente sangue per raggiungere un nuovo status quo, migliore del precedente. Citando un passo di Alexandre Dumas che Atticus scrive nella lettera d'addio destinata al padre, solo chi ha sofferto il dolore più grande è capace di raggiungere la felicità suprema. Un dolore che nasce dagli antenati, che è intriso nel sangue delle generazioni, una condizione quasi esistenziale e che trova soluzione nelle generazioni successive, nel sangue del proprio sangue. È solo insegnando nuovi modi di vivere, cercando di non ripetere gli stessi errori del passato, che le nuove generazioni possono costruire e vivere in un mondo migliore. Un messaggio che, nel puro stile di Lovecraft Country, si traduce in un atto violento e liberatorio. I bianchi perdono la magia, perdono la possibilità di meravigliarsi, perdono la fantasia. In poche parole perdono tutta la letteratura fantastica, la possibilità di credere in qualcosa di superiore. Vengono spogliati di ogni potere e di ogni visione del mondo. Togliere la magia significa togliere il potere delle storie. E della Storia. Torniamo a quel ruggito che chiude la serie (al momento in cui scriviamo non ci sono notizie di una seconda stagione, ma la sensazione è che Lovecraft Country possa concludersi benissimo qui) e al significato che porta: una liberazione e una condanna, un traguardo e un monito. Finché la terra degli orrori non si trasforma in un nuovo giardino dell'Eden dove regna l'unione, l'amore e il rispetto.